Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6705 del 19/03/2010

Cassazione civile sez. I, 19/03/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 19/03/2010), n.6705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.R., in proprio e quale legale rappresentante della

TERMOIDRAULICA VALSECCHI DI RICCARDO VALSECCHI & C. s.a.s.,

con

domicilio eletto in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 112, presso

l’Avv. Francesco Candreva, rappresentato e difeso dall’Avv. Graziano

Giuseppe, come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI LECCO e FALLIMENTO DELLA

TERMOIDRAULICA VALSECCHI DI RICCARDO VALSECCHI & C. s.a.s. E

DI

V.R.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano

depositata il 14 novembre 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 19 gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentiti l’Avv. Candreva (per delega) per i ricorrenti e l’Avv. Serra

per la curatela dei fallimenti intimati;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ABBRITTI Pietro che ha concluso per l’inammissibilità

e in subordine per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Lecco, con provvedimento emesso in data 1 agosto 2006 nell’ambito di un procedimento promosso ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. nel corso del quale erano emersi elementi sintomatici dello stato di decozione della Termoidraulica Valsecchi s.a.s., ha segnalato la circostanza alla Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale. Con atto del 30 marzo 2007 il Procuratore della Repubblica, dato atto della segnalazione e dichiarando di “concordare con la valutazione” del Tribunale, ha trasmesso “generica nota” al Tribunale fallimentare che, tramite il giudice all’uopo delegato, ha fissato l’udienza di comparizione con provvedimento ritualmente notificato (secondo l’assunto del ricorrente) alla soia società.

Questa ha eccepito l’inammissibilità dell’istanza di fallimento a causa della sua genericità, ha lamentato i richiamo nella stessa contenuto ad un provvedimento non conosciuto dalla medesima ed ha dedotto l’insussistenza dello stato di insolvenza e dei requisiti dimensionali di fallibilità.

Il Tribunale ne ha tuttavia dichiarato il fallimento unitamente a quello del socio accomandatario V.R. con sentenza 14- 18 giugno 2007.

Contro tale sentenza hanno proposto appello sia il socio accomandatario che la società e l’impugnazione è stata rigettata dalla Corte d’appello.

Ricorrono per cassazione i falliti affidandosi a sei motivi di ricorso.

L’intimata curatela fallimentare e il Pubblico Ministero non hanno proposto difese; la prima ha svolto difese orali in udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere affrontata preliminarmente la questione, rilevabile di ufficio e discussa all’udienza pubblica, relativa alla tempestività del ricorso che è stato proposto in data 5 febbraio 2008 a fronte della notifica della sentenza impugnata avvenuta il 13 dicembre 2007.

Il D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 22 nel disporre l’entrata in vigore del testo normativo il 1″ gennaio 2008, ne detta la disciplina transitoria prevedendone l’applicazione “ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonchè alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore”.

Tale disposizione è già stata oggetto di interpretazione da parte della Corte che – con riferimento a sentenze di fallimento emesse a far tempo dalla data del 16 luglio 2006 in esito a ricorsi presentati sotto il vigore della precedente disciplina e ritenuta applicabile, in base alla teoria bifasica del procedimento fallimentare secondo la quale la sentenza di fallimento contemporaneamente chiude la fase prefallimentare e ne apre una nuova costituita dalla fase concorsuale e deve rispettare nella forma e nel contenuto la disciplina vigente al momento della sua pronuncia – ha ritenuto necessario per t’impugnazione proposta nella vigenza del D.Lgs. n. 5 del 2006 il procedimento di appello introdotto con il testo normativo citato ma, a far tempo dal 1 gennaio 2008, quello di reclamo introdotto con il citato D.Lgs. n. 169 del 2007 (il ed decreto correttivo).

Il principio enunciato con riferimento al procedimento di reclamo e quindi la sua immediata applicazione anche ai giudizi in corso di impugnazione di sentenze di fallimento è pienamente condiviso dal Collegio, non potendo sussistere dubbi in ordine alla circostanza che la fase di impugnazione rientri tra “i procedimenti per la dichiarazione di fallimento”; ne consegue che, come al procedimento di impugnazione della sentenza di fallimento, così anche al ricorso per cassazione in detta materia si deve immediatamente applicare la disciplina vigente al momento della sua proposizione, come già stabilito dalla Corte con sentenza n. 2343/2009 che ha ritenuto applicabile il termine di 30 giorni previsto dall’art. 18, comma 14 come modificato dal decreto correttivo, per la proposizione del ricorso dopo il 1 gennaio 2008.

Nè ad un diverso approdo interpretativo deve pervenirsi nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie, la notifica della sentenza oggetto del ricorso sia intervenuta nell’anno 2007 quando il termine per impugnare era quello ordinario di sessanta giorni, in quanto il richiamato art. 22 impone, come già rilevato, di applicare immediatamente la nuova disciplina processuale ai giudizi in corso e quindi, per la proposizione del ricorso per cassazione in data posteriore al 31 dicembre 2007, quello di trenta giorni, naturalmente decorrente per le sentenze già notificate dall’entrata in vigore della nuova normativa.

E’ opportuno precisare, per completezza argomentativa, che quando, come nella fattispecie, la sentenza della corte d’appello sia stata notificata nel 2007 e cioè quando ancora era vigente il termine di sessanta giorni, deve farsi applicazione del disposto dell’art. 252 disp. att. c.c. e disp. trans., da ritenersi espressione di un principio generale (così come stabilito da questa Corte con Ord. n. 31057/07 e ritenuto da Corte Cost. sent. n. 20/1994) volto a tutelare l’esercizio dei diritti nella fase di transizione tra la vigenza di un termine maggiore e quella di applicabilità di un termine di minore durata, così che il nuovo termine di trenta giorni decorre dal 1 gennaio 2008, sempre che, prima della sua scadenza, non venga a compiersi il termine precedentemente previsto di giorni sessanta.

Poichè nella fattispecie il nuovo termine del 30 gennaio 2008 è scaduto prima del compimento di quello anteriormente vigente (decorrente dal 13 dicembre 2007), era questa la data entro la quale la notifica avrebbe dovuto essere effettuata così che è tardiva quella intervenuta solo il 5 febbraio.

Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di rito in ordine alle spese.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente, in proprio e nella qualità, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2010

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