Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6703 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/03/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 23/03/2011), n.6703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25122/2009 proposto da:

T.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato LIUZZI Antonio, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LIUZZI MILENA,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

LfA FORDERBANK BAYERN (e non, come erroneamente in atti, LfA

FORDERNBANK BAYFERN), Ente tedesco di diritto pubblico (già LfA

Bayerische Landesanstalt fur Aufbaufinanzierung) in persona del Vice

Presidente del Consiglio di Amministrazione di LfA Forderbank Bayern

e del Componente del Consiglio di Amministrazione di LfA Forderbank

Bayern, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DE’ PREFETTI 26,

presso lo studio dell’avv. ORESTANO Salvatore, che la rappresenta e

difende unitamente all’avv. PAOLO EMILIO COMANDINI, giusta procura

speciale per atto notaio Gregor Basty di Monaco di Baviera in data

1.12.2 009, Doc. Nr. B 4138/2009, che viene allegata in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

P.R.E. (OMISSIS);

– intimato –

– ricorrenti incidentali –

sul ricorso 25132-2009 proposto da:

P.R.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 17, presso lo studio dell’avvocato

PACIELLO SILVIA, rappresentato e difeso dall’avvocato MAGGIORA MARIA

GABRIELLA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

LfA FORDERBANK BAYERN (e non, come erroneamente in atti, LfA

FORDERNBANK BAYFERN), Ente tedesco di diritto pubblico (già LfA

Bayerische Landesanstalt fur Aufbauf inanzierung) in persona, del

Vice-Presidente del Consiglio di Amministrazione di LfA Forderbank

Bayern e del Componente del Consiglio di Amministrazione di LfA

Forderbank Bayern, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DE’

PREFETTI 26, presso lo Studio dell’avv. SALVATORE ORESTANO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avv. PAOLO EMILIO COMANDINI,

giusta procura speciale per atto notaio Gregor Basty di Monaco di

Baviera in data 1.12.2009, Doc. Nr. B 4138/2009, che viene allegata

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

T.G.;

– intimata –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1298/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

13.10.08, depositata il 23/07/2009;

udita la relazione della causa, svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito per la ricorrente ( T.G.) l’Avvocato Antonio Liuzzi

che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che ribadisce le conclusioni della relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 13/23.7.09 la Corte d’Appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva la domanda di accertamento della simulazione assoluta di un contratto preliminare di compravendita (stipulato con scrittura privata del 7.12.90), proposta dalla banca in epigrafe indicata, con intervento dai giudici qualificato autonomo, a tutela delle proprie ragioni di credito nei confronti del P., promittente venditore, nel corso del giudizio ex art. 2932 c.c. nei confronti del medesimo instaurato dalla T..

Detta sentenza veniva impugnata sia dalla T., sia dal P., con distinti ricorsi, cui resisteva la banca con rispettivi controricorsi, ciascuno contenente ricorso incidentale di identico contenuto.

All’esito degli esami preliminari, il consigliere relatore formulava, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., proposte di reiezione, in data 21.4 e 28.10. c.c., del primo e del secondo ricorso, per manifesta infondatezza dei rispettivi motivi, proponendo invece l’accoglimento di quelli incidentali della banca.

Tali le ragioni della ravvisata infondatezza dei motivi del ricorso T.:

“1) il primo, deducente violazione e falsa applicazione dell’art. 105 c.p.c., per aver qualificato autonomo e non adesivo dipendente l’intervento, non supera la corretta argomentazione dei giudici di merito, che hanno evidenziato come la domanda dell’interventrice, finalizzata alla conservazione della garanzia del proprio credito, gravame sul bene promesso in vendita con il contratto preliminare (donde la connessione con l’oggetto della causa principale), fosse diretta alla tutela di un proprio diritto, incompatibile con quello fatto valere dall’attrice;

2) il secondo, deducente la violazione e falsa applicazione dell’art. 268 c.p.c., comma 2 e art. 184 c.p.c., per aver dato ingresso alla domanda dell’interveniente, si pone in contrasto, senza addurre nuovi e convincenti argomenti idonei a comportare un mutamento di indirizzo, con il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’interveniente autonomo o litisconsortile, anche nei processi soggetti alle modifiche apportati dalla L. n. 253 del 1990, non incontrammo alla precisazione delle conclusioni, preclusioni quanto alla proponibilità delle proprie istanze di merito, costituenti l’essenza stessa dell’intervento, pur dovendo accettare, quanto all’attività istruttoria, il processo nello stato in cui lo stesso si trova (v., tra le altre, n. 2564/08, 20987/07, 17418/07, 2093/07, 3186/06, 17587/05);

3) il terzo, deducente violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., secondo cui gli elementi presuntivi ritenuti dalla corte territoriale non risponderebbero ai requisiti della gravità, precisione e concordanza e non avrebbero tenuto conto che il “patrimonio del P. era immenso”, si risolvono in inammissibili censure di merito avverso il convincente-apparato argomentativo della decisione impugnata (tra l’altro evidenziante il rapporto, prima di convivenza, poi coniugale, tra il P. e la T., e la strumentalità del giudizio, instaurato alcuni mesi prima del fallimento delle imprese del promittente venditore, al fine di dare maggior credibilità all’operazione negoziale, causa nella quale non vi era stato alcun effettivo contrasto tra le parti); gli altri profili di censura sono comunque privi del requisito dell’autosufficienza (nella parte in cui rinviano ad assunte risultanze documentali, senza riportarne il preciso contenuto);

4) anche per il quarto motivo, deducente violazione e falsa applicazione dell’art. 1417 c.c., valgono le considerazioni sopra esposte, risultando le argomentazioni esposte dai giudici di merito idonee, nel loro complesso, ad evidenziare la mera apparenza dell’operazione negoziale e processuale dei coniugi P. – T., nè essendovi, in linea di principio, incompatibilità tra l’azione di simulazione e l’intento di salvaguardare le garanzie del credito, che solo nella diversa ipotesi di effettività dell’alienazione del bene esige l’esperimento dell’azione revocatoria.

Per il resto il ricorso, limitandosi, ai capi 5) e 6), a richiamare genericamente le eccezioni svolte gradi di merito, non espone effettive e specifiche censure, riferibili al modulo legale di cui all’art. 360 c.p.c., ma solo inammissibili deduzioni”.

Quanto al ricorso P., le ragioni della ravvisata infondatezza erano le seguenti:

“I primi tre motivi, deducenti omessa motivazione su fatti decisivi e controversi, oltre a risolversi nella proposta di rivalutazione delle risultanze processuali, inammissibile in sede di legittimità, a fronte della convincente e logica ricostruzione della vicenda esposta nella sentenza impugnata, incorrono nel palese difetto di autosufficienza, poichè deducono il mancato esame di assunti elementi di prova, in particolare di alti e documenti, che sarebbero stati prodotti o che si sarebbe voluto produrre, senza tuttavia riportarne, neppure nei passi salienti e ritenuti decisivi, il relativo contenuto, così non consentendo al giudice di legittimità di apprezzarne la rilevanza e decisività (v. tra le altre, Cass., n. 7767/07, 18505/06, 14973/06). Analogamente inammissibile è la doglianza contenuta nel quarto motivo, non specificandosi il contenuto dei documenti dissequestrati dall’autorità giudiziaria tedesca, che si sarebbe voluto produrre in termini, istanza peraltro che, come risulta dalla stessa esposizione del motivo, era stata, tardivamente, formulata soltanto nella comparsa conclusionale in secondo grado.

Il quinto motivo, con il quale si lamenta l’omessa pronunzia sulla richiesta di sospensione del giudizio civile, “in attesa delle decisioni della magistratura tedesca”, è manifestamente infondato alla luce del principio costantemente affermato da questa Corte (v.

tra le altre Cass. 6478/05, 21477/04, 14875/04), circa l’indipendenza del processo civile da quello penale (a maggio ragione in relazione a procedimento penale svoltosi all’estero) e, comunque, ove riferito ad un procedimento civile, in assenza di alcuna pregiudizialità idonea a comportare la richiesta di sospensione, le cui condizioni avrebbero dovuto individuarsi nell’attinenza della causa pregiudicante a questioni costituenti antecedenti logico-giuridici necessari di quelle devolute al giudice italiano. Quanto alla richiesta di sospensione, in attesa della decisione sul ricorso che si assume presentato, senza meglio specificarne il contenuto (così incorrendo nuovamente nel difetto di autosufficienza), alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la stessa,avanzata soltanto nella comparsa conclusionale, era tardiva”.

Premesso quanto precede, esaminate le memorie depositate per la T. ed il P. e le deduzioni difensive esposte in udienza dal difensore della prima, preso atto delle adesive conclusioni del P.G., riuniti ex art. 335 c.p.c., i ricorsi, il collegio ritiene di far proprie le argomentazioni esposte dal relatore quanto alla palese infondatezza di tutti i motivi esposti nei ricorsi in questione, ai quali le rispettive memorie non hanno aggiunto ulteriori convincenti elementi, tali da indurre a diverse conclusioni.

Per quanto attiene, in particolare, al primo motivo del ricorso T., su cui particolarmente si insiste nella relativa memoria illustrativa, va ribadita la natura autonoma dell’intervento proposto dalla banca creditrice e, conseguentemente, dell’ammissibilità (non preclusa dalla non iniziale fase processuale) della domanda di accertamento della simulazione dalla medesima proposta, nel solco del costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui al fine della relativa qualificazione è sufficiente la circostanza che la domanda dell’interveniente presenti una connessione o un collegamento con quella di altre parti relativa allo stesso oggetto sostanziatali da giustificare un simultaneo processo, particolarmente allorchè la tutela del diritto vantato dall’interventore sia incompatibile con quella vantata dall’una o dall’altra parte (v.

Cass. 3748/94, 2160/04, 13667/06).

Nel caso di specie la creditrice, intervenuta al fine di far accertare la simulazione assoluta del contratto preliminare di compravendita, ha esercitato un’azione dichiarativa della nullità, come tale consentita a qualunque interessatola cui finalità era costituita dalla rimozione di quell’apparenza giuridica costituita dal negozio suddetto, la cui eventuale esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., si sarebbe tradotta della sottrazione di un rilevante cespite del patrimonio del debitore alle garanzie previste dall’art. 2740 c.c..

Il richiamo alla sentenza Cass. n. 21813/06 (che a sua volta richiama la n. 497/92) non giova alla tesi sostenuta nel ricorso, non attenendo le citate pronunzie all’esperibilità dell’azione di nullità per simulazione, bensì ad ipotesi in cui il creditore aveva ritenuto di agire in revocatoria avverso sentenze ex art. 2932 c.c., già emesse, negandosi l’ammissibilità dell’azione pauliana ex post, sul rilievo che il creditore avrebbe dovuto proporla intervenendo nel giudizio di esecuzione in forma specifica; ed, a tal riguardosa qualificazione dell’intervento che avrebbe dovuto in quella sede essere spiegato, quale adesivo dipendente, anzichè autonomo (comunque non decisiva ai fini della decisione assunta), non risultando sorretta da espressa motivazione ad hoc, non può essere considerata alla stregua dell’affermazione di un principio giurisprudenziale.

Per il resto il collegio si riporta alle argomentazioni contenute nella relazione preliminare, ribadendo in particolare: a) la natura essenzialmente di fatto della maggior parte delle censure proposte nei due ricorsi, non evidenzianti omissioni o vizi logici nella complessiva valutazione e collegamento dei vari elementi indiziari operati dai giudici di merito ed quelli riservata; b) il difetto di autosufficienza di altre, che non può essere colmato con le memorie (la cui finalità è solo quella di illustrare e non anche quella di integrare, in caso di insufficienza, i mezzi d’impugnazione); c) la radicale inammissibilità (per mancanza di specifiche censure riferibili alle previsioni di cui all’art. 360 c.c.) dei “motivi” n. 5 e 6 del ricorso T., alle cui originarie carenze del pari, non può supplire la memoria illustrativa; d) la non provata pregiudizialità logico-giuridica dei giudizi che si assumono ancora pendenti in Germania tra il P. e la banca creditrice, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte a Sezioni Unite (sent. n. 9440/04, in cui e stato affermato il principio che anche il creditore eventuale, le cui ragioni di credito siano oggetto di accertamento in altra sede, è abilitato a proporre l’azione revocatoria, senza attendere l’esito di quel giudizio) e tenuto conto peraltro che, come risulta dalla sentenza impugnata (pag. 10 p.p.), il credito in questione risultava già da una sentenza del Tribunale di Monaco, confermata in grado di appello e dichiarata esecutiva in Italia con decreto in data 19.3.98 della Corte d’Appello di Venezia.

I ricorsi della T. e del P. vanno, conclusivamente, respinti.

Quanto al ricorso incidentale della banca, in difformità dalla proposta del relatore, il collegio ne deve dichiarare l’inammissibilità.

Se è vero che nella sentenza di secondo grado manca alcuna pronunzia in ordine alla richiesta di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c., deve tuttavia rilevarsi che tale statuizione era già stata emessa dal giudice di primo grado, in conseguenza della reiezione della domanda principale. La decisione di secondo grado, che ha riformato quella del primo giudice soltanto in punto di accoglimento della, più radicale, azione di simulazione assoluta, in luogo di quella revocatoria, ha lasciato ferma la reiezione della domanda principale di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare e, conseguentemente, la statuizione accessoria relativa alla cancellazione de qua: pertanto la richiesta di un ulteriore provvedimento in tal senso da parte del giudice di appello e, conseguentemente, la doglianza della relativa omissione di pronunzia, in questa sede proposta, difettano di interesse.

Le spese del giudizio, infine, vanno poste a carico di ciascuno dei soccombenti, avuto riguardo alla duplice costituzione e resistenza della controparte, e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta quelli proposti da T.G. e da P.R.E., dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla LfA Fordernbank e condanna, in favore di quest’ultima, ciascuno dei predetti ricorrenti, al pagamento della somma di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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