Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6700 del 10/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 10/03/2020), n.6700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26126/2016 proposte da:

MAVI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempere,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 86, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI RANALLI, che lo rappresenta e difende giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

ICA SRL, in persona dei legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE TIZIANO 110, presso lo

studio dell’avvocato SIMONE RABLO’, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALESSANDRO CARDOSI giusta delega a margine;

COMUNE DI TERNI in persona del legale rappresentante Pro tempore,

domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato PAOLO GENNARI

con studio in TERNI C.SO DEL POPOLO C/O COMUNE DI TERNI giusta

delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 219/2016 della COMM.TRIB.REG. di PERUGIA

depositata il 09/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

0E/11/2019 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO ALDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MELUCCO per delega dell’Avvocato

RANALLI che ha chiesto raccoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato DE MARZI per delega

dell’Avvocato CARDOSI che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La MAVI s.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza n. 219/1/16 depositata in data 9.5.2016 con la quale la CTR dell’Umbria aveva parzialmente accolto l’appello proposto dal COMUNE DI TERNI avverso la sentenza della CTP di Terni che sul suo ricorso riguardante l’ingiunzione di pagamento dell’imposta ICI n. 68/2013 relativa agli anni 2005, 2006 e 2007 per un importo complessivo di Euro 17.219, 48 (di cui Euro 8.633,86 a titolo di sanzioni e interessi) aveva negato la rideterminazione del debito L. n. 147 del 2013, ex art. 1, comma 618, con la decurtazione di interessi e sanzioni.

Il ricorso è affidato due motivi.

Il COMUNE DI TERNI e la SOCIETA’ I.C.A. resistono con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR accolto parzialmente l’appello su una domanda non formulata dal Comune di Terni appellante

Da ciò l’asserito difetto di corrispondenza tra il chiesto e il pronunziato.

Secondo la ricorrente, infatti, l’appello proposto dal Comune aveva avuto ad oggetto la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. e della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 618 per erronea interpretazione della portata applicativa della minisanatoria, con esplicito riferimento alla ritenuta “unica procedura” da parte della CTP di quanto compiuto da Equitalia in forza del ruolo oggetto di annullamento dell’Ufficio e quanto attivato dal successivo concessionario ICA in forza della “diversa” procedura ingiuntiva di cui al R.D. n. 639 del 1910. Ciò aveva comportato, secondo l’appellante che il termine per la iscrizione al ruolo determinante ai fini dell’applicabilità delle agevolazioni di cui alla citata L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 618 andava riferito al momento dell’affidamento dell’incarico all’ICA (in epoca successiva al 31.10.2013) e non a quello affidato ad Equitalia (formato prima del 31.10.2013) in quanto quest’ultimo era stato annullato. Orbene, la CTR aveva rigettato l’appello sul rilievo che ai fini dell’applicabilità della minisanatoria occorreva tenere in considerazione la data di formazione del ruolo Equitalia dal momento che l’annullamento dello stesso in autotutela costituiva questione estranea al contribuente ma, al contempo, aveva ritenuto fondato l’appello laddove aveva ritenuto che le sanzioni applicate dall’Ente impositore non erano da annoverare nell’ambito della minisanatoria perchè non espressamente previste tra quelle di cui alla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 618.

La CTR, quindi, secondo la ricorrente, avrebbe deciso per l’accoglimento parziale dell’appello interpretando come domanda quello che, invece, tale non era, dovendo al più essere considerata come un semplice inciso dell’appellante che non aveva formato oggetto esplicito di richiesta. Ciò in quanto l’intero atto di appello era stato articolato con l’unico scopo di far ritenere valido ai fini della formazione del ruolo non l’iter procedurale affidato in precedenza ad Equitalia, bensì quello seguito dal nuovo concessionario ICA con conseguente insussistenza dei presupposti legittimanti le agevolazioni richieste per essere tale iter procedurale successivo al 31.10.2013.

Da ciò la asserita violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il motivo è da considerare inammissibile e, comunque, infondato.

Il profilo di inammissibilità attiene al fatto che una pronunzia in difetto di domanda di parte configura un vizio di nullità della sentenza da far eventualmente valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non, come operato dalla ricorrente, in riferimento ai nn. 3 e 5 della stessa disposizione, da ciò derivando la conseguenza che “l’erronea sussunzione dell’uno piuttosto che dell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità comporta l’inammissibilità del ricorso”(Cass. n. 5205/2016; n. 7268/2012).

Il motivo è, comunque, da considerare infondato in quanto dalla lettura dell’atto di appello – in cui viene, tra l’altro, rilevato, quanto alle sanzioni oggetto di richiesta di sgravio, che le stesse “non sono neanche menzionate nella disposizione in parola (comma 618) e dunque non ricadono nell’agevolazione consentita dalla normativa per estinguere il debito” – risulta che tale aspetto era stato comunque proposto all’attenzione del giudice di prime cure e reiterato dinanzi al giudice dell’appello anche ai sensi degli artt. 99 e 112 c.p.c. per cui tale circostanza era tale da giustificare una pronunzia sul punto da pare della CTR.

Con il secondo motivo, proposto per il caso di rigetto del primo, viene dedotta pur sempre una violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 618, nella parte in cui è stata esclusa dal giudice d’appello dal novero degli importi oggetto di agevolazione quelli relativi alle sanzioni applicate dall’ente impositore. Secondo la CTR, infatti, la natura di norma eccezionale della norma e la conseguente necessità di procedere ad una una interpretazione restrittiva comportava la conclusione per cui le sanzioni, non essendo annoverate espressamente nel dettato normativo, non vi sarebbero ricomprese.

Secondo la ricorrente, quindi, tali conclusioni non erano da condividere in ossequio ad una interpretazione non letterale, ma sistematica, della normativa in questione.

La disposizione dell’art. 1, infatti, prevede esenzioni e agevolazioni in favore di determinate situazioni oggettive o di determinati soggetti. Tale norma, finalizzata ad agevolare i debitori in un periodo di particolare difficoltà finanziaria fa sì che il termine di delimitazione dell’agevolazione debba essere interpretato con riferimento a tale finalità, ovvero quella di porre un limite oggettivo alla individuazione dei crediti. In tale ottica, mentre resta legittima la pretesa impositiva, è da ritenere contrario al principio ispiratore della norma lasciare esigibili le sanzioni la cui natura è quella “punitiva”.

Tale prospettazione non appare condivisibile.

La statuizione del giudice dell’appello – che ha escluso dalla sanatoria le sanzioni per essere la norma dell’art. 1 norma eccezionale come tale assoggettata al rigore della stretta interpretazione – è conforme alla giurisprudenza di legittimità in tema di portata applicativa delle misure agevolative tributarie laddove ha affermato che le agevolazioni fiscali hanno natura eccezionale ed impongono una interpretazione rigorosa essendo norme di sretta interpretazione e quindi non estensibili ai casi non espressamente previsti in quanto costituenti deroga al principio dell capacità contributiva sancito dell’art. 53 Cost. (Cass. 21332/2008; n. 21144/2009).

Il ricorso va, pertanto, respinto con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese per la cui liquidazione si rimanda aò dispositivo.

PQM

La Corte, respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.500,00 oltre rimborso forfettario e accessori di legge in favore di ICA e in Euro 1.500,00 oltre rimborso forfettario e accessori di legge i favore del Comune di Terni.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un importo ulteriore a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2020

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