Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 670 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 12/01/2017, (ud. 21/11/2016, dep.12/01/2017),  n. 670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20443-2014 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A., in persona del già amministratore unico,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DONATO MUSCHIO

SCHIAVONE, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del

suo Curatore fallimentare, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MAZZINI 142, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO MIGLIORINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELINA IANNETTA giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.A.C.; + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 192/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

emessa il 10/06/2014 e depositata il 12/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito l’Avvocato Michele Marone (delega orale Avvocato Donato Muschio

Schiavone), per la ricorrente, che si riporta agli atti;

udito l’avvocato Marco Pepe (delega orale Avvocato Michelina

Iannetta), per il controricorrente, che si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata la seguente relazione (il nominativo della società ricorrente deve ritenersi quale “(OMISSIS) spa” e non già “Simit spa”:

“Premesso:

Il Tribunale di Larino, con decreto dell’11/6/2013, previo rigetto dell’istanza di proroga del termine di cui alla L. Fall., art. 161, comma 6, dichiarava l’inammissibilità della proposta di concordato presentata dalla (OMISSIS) spa il 19/12/2012, e con sentenza in pari data dichiarava il fallimento della società, su istanza di numerosi creditori. Il reclamo proposto dalla (OMISSIS) spa è stato respinto dalla Corte d’appello, con la sentenza gravata dell’odierno ricorso per cassazione.

La Corte del merito ha rilevato: che con ordinanza del 13/3/2013, alla (OMISSIS) era stato concesso termine sino al 14/5/2013 per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione di cui alla L. Fall., art. 161, comma 6; che la (OMISSIS), pur essendo stati prelevati il 7/2/2013 dalla sede sociale i libri e la documentazione contabile dal Consulente nominato dalla Procura della Repubblica di Larino nel proc. penale n. 2435/2011, non si era attivata per chiedere di visionare o estrarre copia dei documenti rilevanti ai fini della procedura di concordato ed anzi la circostanza era stata taciuta al Tribunale, come emergeva dal verbale di comparizione del 20/2/2013; che dalla nota a firma del C.T. del P.M. dell’11/12/03, risultava che giammai la (OMISSIS) aveva presentato richiesta formale o informale di consegna o estrazione, copia della documentazione contabile; che pertanto sarebbe stata ingiustificata la concessione di un ulteriore termine e l’avere la società rappresentato l’impedimento solo il giorno della scadenza del termine induceva a ritenere la natura dilatoria del chiesto differimento; che il decreto era fondato anche sull’ autonoma ratio del mancato deposito nei venti giorni del prospetto riferito ai venti giorni precedenti “delle operazioni attive e passive compiute nel periodo di importo unitario superiore ad Euro 3000,00 relative all’ordinaria amministrazione dell’attività aziendale” e degli “oneri finanziari maturati nel periodo” non scalfita da specifica censura; che era infondata l’affermazione della ricorrente che il giudice avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità dei ricorsi per dichiarazione di fallimento; che erano infondate le censure relative alla inesistenza di una pluralità di creditori, essendo più di trenta i creditori istanti, nè v’era motivo per “accorpare” tutti i crediti dei dipendenti, e che comunque vi era anche tra i creditori la soc. Potito, il cui credito era incontestato; che dall’indagine della G. di F., risultavano debiti per Euro 14.400.178,00, rilevati dall’ultimo bilancio approvato, che l’esistenza di numerosi protesti, di ipoteche legali, la consistente debitoria, i numerosi decreti ingiuntivi insoddisfatti deponevano per l’esistenza di una situazione d’impotenza strutturale della (OMISSIS) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, nè la reclamante aveva fornito elementi per ritenere ipotizzabile la realizzabilità a breve dei presunti crediti; che la riconvocazione della società dopo la pronuncia di inammissibilità del concordato non è supportata da alcuna disposizione normativa; che la (OMISSIS) aveva avuto ampia possibilità di difendersi.

Ricorre la (OMISSIS), sulla base di un unico motivo.

Si difende il solo Fallimento con controricorso.

Rileva quanto segue.

La ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 5 e 162; deduce che la Corte d’appello non ha considerato: che tutti i lavoratori dipendenti erano stati nelle more soddisfatti delle proprie pretese da parte del Fondo di Garanzia Inps, per cui rimaneva un solo creditore che vantava l’esigua somma di 40.000,00 euro a fronte delle prospettive di liquidazione dell’attivo della società; che il curatore ha conferito incarico a legale per la riscossione di tutte le fatture della Momentive Pertformace, per l’importo di Euro 13.300.000,00; che la società non ha subito protesti nè notifiche di decreti ingiuntivi e precetti durante la sua attività produttiva, illegittimamente interrotta a seguito della prima dichiarazione di fallimento, revocata dalla Corte d’appello di Campobasso con sentenza del 22/11/2011; che il credito vantato da Equitalia Sud oltre che sospeso a seguito di provvedimento della Commissione tributaria provinciale, è rateizzabile in virtù del decreto MEf del 6/11/2013; che, contestualmente al rifiuto del concordato non è stata fissata udienza prefallimentare e che non è stato citato l’amministratore nella fase prefallimentare.

Rileva inoltre, quanto alla violazione della L. Fall., art. 162, che secondo l’insegnamento delle S.U. 4309/2010 deve escludersi che il Tribunale possa esaminare e censurare la certificazione del professionista sulla fattibilità del piano, e che stante l’impossibilità per lo stesso di valutare la documentazione contabile ed i libri sociali, avrebbe dovuto essere concesso il termine richiesto.

Il motivo è infondato quanto alla censura di violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 5: l’intervenuto pagamento nelle more, dopo la dichiarazione di fallimento, dei lavoratori da parte del Fondo di garanzia non determina l’estinzione del debito della fallita, atteso che detto Fondo si surroga ai lavoratori per ottenere quanto corrisposto, ed altresì ben può aversi situazione di insolvenza anche in presenza di un solo creditore (tra l’altro, ai fini della valutazione dell’insolvenza non potrebbe in ogni caso riferirsi a fatto intervenuto dopo la dichiarazione di fallimento); non può evidentemente utilizzarsi l’attività di recupero da parte della Curatela per neutralizzare il giudizio sulla sussistenza dell’insolvenza, basato dalla Corte d’appello su di una pluralità di elementi rilevanti, valutati alla stregua della corretta applicazione della L. Fall., art. 5.

Nella parte finale dell’espositiva del motivo, la ricorrente intenderebbe far valere due censure ricadenti in tesi nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 4, del tutto eterogenee rispetto al vizio di cui alla rubrica; in ogni caso, la parte si è limitata a riportare la doglianza sulla mancata riconvocazione della fallita dopo la pronuncia di inammissibilità della domanda di concordato, che la Corte del merito ha respinto stante l’assenza di previsione normativa in tal senso, e ha introdotto una censura sulla mancata citazione dell’amministratore nella fase prefallimentare, richiamando la pronuncia 18762/2011: la deduzione è nuova, non è chiaro se si riferisca alla ribadita riconvocazione dopo la declaratoria di inammissibilità della proposta, e il richiamo alla pronuncia di legittimità è del tutto incongruo (la sentenza cit. si è espressa nel senso di ritenere valida la notifica di un atto ad una persona giuridica presso la sede a mezzo del servizio postale, non essendovi alcuna previsione di legge ostativa al riguardo, purchè mediante consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in assenza di tali persone, deve escludersi la possibilità del deposito dell’atto e dei conseguenti avvisi presso l’ufficio postale, atteso che l’art. 145 c.p.c. non consente la notifica alla società con le modalità previste dagli art. 140 e 143 c.p.c., e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 c.p.c., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante). La censura di violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 162 inammissibile: la Corte del merito ha infatti specificamente rilevato che la pronuncia di inammissibilità della domanda di concordato preventivo era basata anche su di una seconda ratio, in relazione alla quale la reclamante si era limitata a sostenere genericamente che non vi era dubbio che non ci fossero state operazioni attive e passive di importo unitario superiore ad Euro 3000,00, senza accennare minimamente agli oneri finanziari.

E detta statuizione non è stata in alcun modo censurata dalla odierna ricorrente.

In ogni caso, l’inammissibilità della censura consegue alla non congruenza della stessa con il decisum della Corte d’appello, non versandosi nel caso nella valutazione della fattibilità del piano ed essendosi la parte limitata a ribadire la doverosità della concessione della proroga del termine, senza in alcun modo confrontarsi con gli specifici rilievi della Corte d’appello (e, come affermato nella recente pronuncia 6277/2016 il termine concesso dal giudice al debitore per la presentazione della proposta, del piano e dei documenti relativi alla domanda di concordato c.d. “con riserva” o “in bianco” è perentorio, e può essere prorogato solo in presenza di giustificati motivi, che devono essere allegati dal richiedente e verificati dal giudice, cosicchè la sua disciplina, lungi dall’essere assimilabile quella di cui all’art. 154 c.p.c., risulta, piuttosto, mutuata da quella dell’art. 153 c.c.; inoltre, come è reso chiaro dell’art. 161, comma 6, ultimo periodo, si tratta di un termine decadenziale, alla cui mancata osservanza si ricollega la sanzione di inammissibilità della domanda, e l’accertamento della ricorrenza di giustificati motivi per la proroga costituisce poi espressione di un apprezzamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione)”.

In esito all’odierna udienza camerale, il Collegio, letta anche la memoria depositata dalla ricorrente, condivide le considerazioni esposte nella relazione, che non risultano superate dalla replica contenuta nella memoria,e, quanto specificamente alla censura di violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 162, deve rilevarsi che in ricorso, era stata denunciata la mancata fissazione di udienza prefallimentare “contestualmente al rifiuto dell’ammissione alla procedura di concordato mentre nella memoria si vorrebbe inammissibilmente far valere la diversa deduzione che il debitore dovesse essere sentito prima della declaratoria di inammissibilità del concordato, come ritenuto nella pronuncia 12957/2016 (che si è espressa nel senso di ritenere che, ove sia stata presentata una proposta di concordato preventivo cd. in bianco ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6, va rispettato l’obbligo di audizione del debitore L. Fall., ex art. 162, comma 2, per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, salvo che, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese). Ed in ogni caso, come affermato nella pronuncia 9730/2014, il sub-procedimento diretto alla declaratoria di fallimento, che si apre all’esito della dichiarazione di inammissibilità della proposta di concordato preventivo, si inserisce nell’ambito di una procedura unitaria, nella quale il debitore ha già formalizzato il rapporto processuale innanzi al tribunale e il cui eventuale sbocco nella dichiarazione di fallimento deve essergli noto sin dal momento della proposizione della domanda, soprattutto dopo avere preso conoscenza del decreto L. Fall., ex art. 162, comma 2, cui consegue la trasmissione degli atti al pubblico ministero: in tale contesto, salva l’ipotesi in cui la parte pubblica non adduca, in sede di richiesta e a dimostrazione dello stato di insolvenza, elementi ulteriori rispetto a quelli già acquisiti al procedimento, non è necessaria l’ulteriore convocazione in camera di consiglio del debitore ai fini della dichiarazione di fallimento, potendo questi predisporre comunque i mezzi di difesa più adeguati al caso, tenuto conto delle esigenze proprie dei procedimenti concorsuali (presentazione di memorie, istanze di convocazione personale e simili), per contrastare l’eventuale richiesta di fallimento.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente alle spese, nei confronti della parte costituita, liquidate in Euro 8000,00, oltre Euro 100,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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