Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6699 del 06/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 6699 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

Data pubblicazione: 06/04/2016

SENTENZA
sul ricorso 6316-2013 proposto da:
DELTA

S.R.L.

C.F.

02009320546,

in

persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 29, presso
lo studio dell’avvocato ERNESTO ALIBERTI,
rappresentata e difesa dall’avvocato MAURIZIO SALARI,
2016

giusta delega in atti;
– ricorrente –

142

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587,

in persona del Direttore e legale

ur(//,

rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della

CARTOLARIZZAZIONE CREDITI

INPS

S.C.C.I. S.P.A. C.E. 05870001004, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e

ROSE, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta delega
in atti;
– controricorrente

avverso ld sentenza n. 21H/2U12 della CORTH D’APPNLLU

di PERUGIA, depositata il 18/09/2012 R.G.N. 54/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato ALIBERTI ERNESTO per delega Avvocato
SALARI MAURIZIO;
udito l’Avvocato MARITATO LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
raccoglimento per guanto di ragione.

difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE

e
1.•

R.G. 6316/2013
J

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

pagamento di somme dovute per contributi e somme aggiuntive in relazione alla lavoratrice
Bruna Alunni per il periodo indicato in cartella ((1995-2000). L’INPS si costituiva contestando
la fondatezza dell’opposizione che, però, il Tribunale accoglieva dichiarando non dovute le
somme richieste. La Corte di appello con la sentenza impugnata in questa sede riformava la
decisione di primo grado e rigettava l’opposizione della società Delta. La Corte territoriale
osservava che le pretese dell’INPS traevano origine dal verbale di accertamento con cui gli
ispettori contestavano che non erano stati versati i contributi alla posizione dell’Alunni che era
effettivamente amministratore della società, ma tale qualità era compatibile con la qualifica di
lavoratore subordinato una volta accertato che per quest’ultima situazione si erano svolte
mansioni diverse da quelle relative alla carica sociale rivestita- Era infatti emerso che la Delta
svolgeva attività di commercio al minuto di carni, frutta verdura ed articoli di profumeria e
cartoleria. Soci della Delta erano i tre figli della Alunni ed il convivente. Al momento
dell’ispezione erano stati trovati due figli dell’Alunni e quest’ultima; i primi due avevano riferito
di prestare attività come soci, quest’ultima di svolgere attività nel negozio per la sua carica di
consigliere di amministrazione, dal lunedì al sabato durante l’orario del negozio. L’Alunni dal 93
al 95 era stata dipendente della società, divenuta consigliere era stata iscritta nel libro
matricola come socio prestatore d’opera ( e dal 1997 era iscritta all’INPS nella gestione
commercianti), il che non era possibile posto che non era una socia, tant’è che nel 1999 aveva
chiesto la cancellazione dalla gestione commercianti per mancanza dei requisiti. L’Alunni
peraltro nel consiglio di amministrazione non aveva alcun peso perché gli altri membri avevano
la totalità delle quote, né alla detta Alunni risultavano essere mai stati conferiti incarichi di
sorta. Dalle stesse dichiarazioni rese emergeva che l’Alunni aveva di fatto lavorato come
commessa durante l’orario di apertura del negozio e si doveva ritenere che nello svolgimento
di detta attività fosse assoggettata al controllo ed al potere organizzativo del consiglio di
amministrazione e che pertanto si trattasse in realtà di un rapporto di lavoro di tipo
subordinato. Le pretese avanzate dall’INPS erano, quindi, fondate.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Delta con de motivi; resiste l’INPS con
contro ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

La società Delta s.r.l. proponeva opposizione alla cartella esattoriale emessa dall’INPS per il

Con il primo motivo si allega la violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non era

p– visto da alcuna norma, ed in particolare dall’art. 2487 c.c., che fosse necessario per
rivestire la carica di amministratore avere un” peso determinante” nell’ambito del Consiglio.
Il motivo appare infondato. La sentenza impugnata afferma il principio, ribadendo
l’orientamento di questa Corte ( Cass. n. 329/2002; Cass. n. 6819/2000 e molte altre)/
secondo il quale la qualità di amministratore di una società è compatibile con la qualifica di
lavoratore subordinato ove si accerti l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della
carica sociale rivestita, principio che non viene messo di discussione nel motivo proposto. La
Corte ha quindi accertato, sulla base di quanto riferito dalla stessa Alunni ai verbalizzanti, che
la stessa svolgeva di fatto le mansioni di commessa osservando un orario fisso che coincideva
con quello di apertura al pubblico del negozio gestito dalla Delta, seguendo necessariamente le
istruzioni del Consiglio di amministrazione (e sotto il suo controllo). Ha inoltre accertato che
tali mansioni, che connotavano un regime di subordinazione, erano del tutto compatibili con
quelle di amministratore posto che all’Alunni non erano stati conferiti incarichi di sorta.
Pertanto la sentenza, oltre ad essere congruamente e logicamente motivata, appare del tutto
coerente con la giurisprudenza prima citata della Corte di legittimità e la Corte di appello non
ha affatto affermato che per essere amministratore di una società occorra avere un peso
preponderante nel Consiglio ( cioè un numero di quote significativo).
Con il secondo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione tra le parti. Non era stati accertati i presupposti per il riconosciuto
rapporto di subordinazione; i tre figli dell’Alunni erano soci lavoratori e componenti del
Consiglio di amministrazione e non potevano, quindi, impartire disposizioni all’Alunni; il quarto
socio, il Latini, non partecipava all’attività del negozio. Inoltre non erano state esaminate le
modalità di compenso dell’attività dell’Alunni.
Il motivo appare infondato posto che si sollevano questioni di merito e si mira ad una ”
rivalutazione del fatto”, come tale inammissibile in questa sede. La Corte di appello ha ritenuto
sussistere un rapporto di lavoro subordinato in relazione alle stesse dichiarazioni rese
dall’Alunni dalle quali emergeva che questa aveva di fatto lavorato come commessa durante
l’orario di apertura del negozio; inoltre, visto le mansioni svolte nell’ambito del negozio gestito
dalla società, si doveva, per la Corre territoriale, ritenere che nello svolgimento di detta attività
l’Alunni fosse assoggettata al controllo ed al potere organizzativo del consiglio di
amministrazione. La motivazione appare congrua e logicamente coerente avendo i Giudici di
appello chiaramente indicato le fonti e gli elementi del proprio convincimento, mentre le
censure, come detto sono di mero fatto. La Corte territoriale ha parlato di un controllo del
Consiglio di amministrazione ( il cui scopo societario era la gestione del negozio ove operava
come commessa l’Alunni) come organo previsto per legge, il che prescinde dalla considerazioni
peraltro del tutto ipotetiche sul fatto che tale organo era composto in gran parte dai figli

OQ

Alunni. Anche le modalità del compenso sono uno degli elementi sintomatici dell’esistenza
un rapporto di lavoro subordinato, ma di certo non l’unico. Non è certamente emerso che
l’attività svolta dall’Alunni fosse gratuita.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come
al dispositivo, seguono la soccombenza.
La Corte ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.

P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio
di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi, oltre euro 2.500,00 per
compensi e Iva e CPA nonché spese forfettarie nella misura del 15%.
La Corte ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via
principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo

13.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 14.1.2016

(.1 O

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA