Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6697 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/03/2017, (ud. 21/02/2017, dep.15/03/2017),  n. 6697

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8254/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per

legge;

– ricorrente –

contro

L.L.P.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia (Bari), Sez. 14, n. 99/14/12 del 20 aprile 2012, depositata

il 27 settembre 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio

2017 dal Consigliere Botta Raffaele.

Preso atto che il contribuente non si è costituito;

Preso atto che il P.M. non ha depositato conclusioni scritte;

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Ritenuto che la controversia concerne l’impugnazione da parte del contribuente del provvedimento di diniego di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 12, dei carichi di ruolo riferibili a tasse automobilistiche per gli anni 1993 e 1994, impugnazione accolta nei gradi di merito per la ritenuta decadenza dell’Ufficio in ragione dell’eseguita notificazione del provvedimento di diniego oltre sei anni dopo la presentazione della relativa istanza;

2. Considerato che con il primo motivo di ricorso, l’Ufficio denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il giudice di merito non si sarebbe pronunciato sulla eccezione sollevata dall’attuale parte ricorrente, sia in primo che in secondo grado, circa l’inapplicabilità della disposizione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12, alle tasse automobilistiche di cui nella fattispecie;

3. Considerato che il motivo non è fondato. Non si tratta, infatti, di una omessa pronuncia, ma del rigetto dell’eccezione in questione, come emerge con tutta evidenza dalla motivazione della sentenza impugnata laddove afferma: “il punto esclusivo sul quale i giudici di prime cure hanno inteso qualificare la decisione (alla quale questo Collegio aderisce pienamente) di accoglimento dei ricorsi, riuniti per connessione oggettiva e oggettiva, è quello riferito alla decadenza, così come inequivocabilmente è stato chiaramente motivato nella sentenza impugnata che viene totalmente confermata”;

4. Considerato che con il secondo motivo di ricorso, l’Ufficio denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2012, art. 12, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, lamentando che il giudice di merito abbia fatto una erronea applicazione alla domanda di condono del termine di decadenza previsto per il potere di accertamento dell’Ufficio in ordine alla dichiarazione dei redditi;

5. Considerato che il motivo non è fondato sulla base delle seguenti considerazioni:

a) Vero è che la L. n. 289 del 2012, art. 12, non prevede uno specifico termine entro il quale l’amministrazione debba esercitare il proprio potere di controllo ai fini della definizione agevolata sollecitata con la domanda del contribuente, che non può essere assimilata (ai fini della disciplina applicabile) a una sorta di dichiarazione dei redditi;

b) Tuttavia, poichè alla luce dei principi espressi dagli artt. 24 e 97 Cost., non appare ammissibile una indefinitezza dei limiti temporali della procedura di valutazione della domanda di condono, sì da potersi ritenere legittima una indefinita pendenza di detta procedura anche dopo il decorso di un congruo lasso di tempo: tanto più che l’art. 24 Cost., secondo quanto ha avuto modo di rilevare il giudice delle leggi, non consente che il contribuente sia assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato, o comunque eccessivo e irragionevole, soprattutto nei casi in cui, e questo sembra davvero uno di quelli, l’amministrazione è chiamata a compiere una elementare operazione di verifica meramente formale;

6. Considerato che, in questo contesto, si deve ritenere che il giudice di merito abbia fatto riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, non per farne applicazione ad una fattispecie che da detta norma non è disciplinata, bensì per individuare quale sia il termine oltre il quale la mancata definizione della procedura di condono con la concreta attuazione del controllo da parte dell’amministrazione possa ritenersi protratta per un lasso di tempo irragionevole (nel caso il diniego è stato emesso oltre 6 anni dopo la presentazione della relativa domanda di condono presentata dal contribuente);

7. Considerato che sotto questo aspetto nessuna adeguata censura è formulata nel ricorso;

Considerato che il ricorso deve essere, pertanto, respinto e che in ragione della mancata costituzione dell’intimato non occorre provvedere sulle spese.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente amministrazione, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il

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