Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6697 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 6697 Anno 2016
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 12325-2013 proposto da:
UNICREDIT S.P.A. C.F. 00348170101, in persona del
Jegale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
degli avvocati ROBERTO PESSI e FRANCESCO GIAMMARIA,
che la rappresentano e difendono giusta delega in

2016

atti;
– ricorrente –

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contro

CARRAVETTA

FRANCA

C. E.

CRRFNC62S44D086W,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI

Data pubblicazione: 06/04/2016

NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
ORTORICI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA
ONATA TORTORICI, gusta delega in atti;
controricorrente

avverso la sentenza n. 590/2012 della CORTE D ‘APPELLO

2172/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/01/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato SERRANI TIZIANA per delega verbale
Avvocato PESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

di CATANZARO, depositata il 15/05/2012 r.g.n.

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Cosenza, Francesca Carravetta, già
dipendente del Banco di Roma e quindi di UNICREDIT s.p.a.,
esponeva di essere stata oggetto di comportamenti vessatori da
parte della Banca sin dal 2005; che a causa di ciò si era
assentata per malattia dall’aprile 2006; che in data 27.12.06 il
suo periodo di comporto era scaduto; che a seguito di nota della

accolta; che nel corso dell’aspettativa, in data 1.8.07, veniva
trasferita in Bari; che in data 31.8.07 la Banca le comunicava che
anche il periodo di aspettativa si era esaurito il 28.8.07, sicché
veniva invitata a riprendere servizio presso la sede di Bari; che in
data 4.9.07 veniva licenziata per superamento del comporto.
La ricorrente contestava il licenziamento, chiedendo la reintegra
nel posto di lavoro con le conseguenze di cui all’art. 18 L. n.
300\1970, oltre al risarcimento del danno biologico.
Il Tribunale accoglieva la domanda, ad eccezione di quella
risarcitoria. Proponevano appello sia la UNICREDIT s.p.a. che la
lavoratrice.
Con sentenza depositata il 15 maggio 2012, la Corte d’appello di
Catanzaro, riuniti i gravami, li rigettava entrambi, ritenendo in
particolare che il licenziamento era stato intimato dopo nove mesi
dal superamento del periodo di comporto.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la UNICREDIT
s.p.a., affidato a due motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste la Carravetta con controricorso.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo la Banca ricorrente denuncia una omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n.5
c.p.c.) in ordine alla pretesa rinuncia da parte della Banca a
esercitare il diritto di recesso.

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Banca (26.1.07) presentava domanda di aspettativa che veniva

Lamenta che, a differenza del licenziamento disciplinare, nel
licenziamento per superamento del periodo di comporto non vi è

un principio di immediatezza del recesso, sussistendo all’opposto
un ragionevole spatium debberandi da parte del datore di lavoro
al fine di valutare l’utilità ed opportunità della cessazione del
rapporto di lavoro nel contesto dato. In ogni caso solo dal
momento dell’effettivo rientro in servizio del lavoratore assente

del datore di lavoro contrattualmente significativa. Evidenzia che
nella specie dopo la fruizione del periodo di comporto la
lavoratrice aveva richiesto il periodo di aspettativa previsto dal
c.c.n.I., che le era stato riconosciuto, sicché non poteva parlarsi
di inerzia della datrice di lavoro o di tacita rinuncia al diritto di
recesso.
Né poteva concordarsi con l’affermazione contenuta nella
sentenza impugnata secondo cui l’aspettativa venne concessa al
di fuori dei limiti temporali previsti dal c.c.n.I., avendo la
Carravetta richiesto l’ulteriore periodo di assenza a decorrere dal
giorno di esaurimento del periodo di comporto; che comunque
non poteva sanzionarsi la Banca per aver concesso l’aspettativa
richiesta al solo fine di consentire alla lavoratrice di recuperare
appieno le sue energie psicofisiche e di riprendere il servizio.
Parimenti non era condivisibile il rilievo dato dalla sentenza
impugnata al trasferimento in Bari del 1.8.07, non trattandosi di
atto di gestione del rapporto lavorativo, avendo la Banca solo
dato seguito, durante il concesso periodo di aspettativa, ad una
esplicita richiesta della lavoratrice in tal senso per ragioni
familiari. Al termine dell’aspettativa la Banca aveva poi invitato la
lavoratrice a riprendere il servizio, pena la risoluzione del
rapporto.
1.1-Il motivo è fondato ed assorbe l’intero ricorso.
Deve premettersi che nella specie non è applicabile il nuovo testo
del n.5 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c. e che il denunciato vizio
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per malattia poteva valutarsi una effettiva e prolungata inerzia

di motivazione emerge direttamente dalla sentenza e non dal
riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità
(cfr. sul punto Cass. n.17977\2011).
La sentenza impugnata, infatti, ha ritenuto fondamentalmente
(cfr. pag. 6) che l’azienda avesse atteso ‘ben nove mesi dal
superamento del periodo di comporto’ per licenziare la
lavoratrice, senza considerare che in concomitanza dello scadere

usufruire dell’aspettativa prevista dal c.c.n.l. di categoria, scaduta
alla fine di agosto 2007, con invito della Banca a riprendere
servizio (31.8.07), pena il recesso, che in effetti intervenne in
data 4.9.07. Deve dunque notarsi che nel caso di concessione di
un periodo di aspettativa, successivo a quello di malattia, i limiti
temporali per poter procedere al licenziamento per superamento
del periodo di comporto devono essere ulteriormente dilatati, in
modo da comprendere anche la durata dell’aspettativa (ex aliis,
Cass. n. 12233\2013).
Non rileva al riguardo quanto accennato nella sentenza
impugnata e cioè che l’aspettativa sarebbe stata concessa dopo
l’esaurimento del periodo di comporto, in difformità di quanto
previsto dall’art. 50 del c.c.n.l. di categoria, rilevando piuttosto,
per i fini che qui interessano (eventuale rinuncia tacita al
recesso) che la dipendente abbia richiesto l’aspettativa prevista
dal c.c.n.l. e che la Banca, considerata la situazione personale
della lavoratrice, l’abbia concessa. In sostanza in tal caso, al pari
del trasferimento in Bari a valere dal momento della ripresa del
servizio (29.8.07), non può parlarsi in alcun modo di rinuncia
tacita al recesso per superamento del periodo di comporto
(avendo peraltro il datore di lavoro invitato la lavoratrice a
riprendere servizio appena scaduto il periodo di aspettativa),
essendo a tal fine necessario valutare il comportamento del
datore di lavoro dal momento della ripresa del servizio (a seguito
della fruizione del comporto e di aspettativa comunque concessa

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del comporto stesso (27.12.06) la lavoratrice aveva richiesto di

e sempre connessa allo stato di malattia) che si traduca in una
prolungata inerzia datoriale, sintomatica della volontà di rinuncia
al potere di licenziamento e tale da ingenerare un
corrispondente incolpevole affidamento da parte del dipendente
(Cass. n. 24899\2011, Cass. n. 19400\2014), gravando peraltro
su quest’ultimo l’onere di provare tale circostanza (Cass. n.

Resta poi fermo il principio, più volte enunciato da questa Corte,
secondo cui nel licenziamento per superamento del periodo di
comporto per malattia (ivi compresa l’eventuale aspettativa
concessa) l’interesse del lavoratore alla certezza della vicenda
contrattuale va contemperato con un ragionevole “spatium
deliberandi” che va riconosciuto al datore di lavoro perché egli
possa valutare nel complesso la convenienza ed utilità della
prosecuzione del rapporto in relazione agli interessi aziendali (cfr.
ex aliis, Cass. n. 7037\2011). Nella specie il recesso segue di
pochi giorni la cessazione del periodo di aspettativa.
Deve dunque affermarsi il seguente principio: in caso di malattia
del dipendente, la concessione, di fatto, da parte del datore di
lavoro, del periodo di aspettativa previsto dal c.c.n.l. di categoria,
ancorché richiesto allorquando il periodo di comporto sia già
esaurito, non elimina l’effetto di giustificare l’assenza sino allo
scadere dei periodo di aspettativa, restando escluso che il
licenziamento intimato pochi giorni dopo l’esaurimento della detta
aspettativa, possa considerarsi illegittimo, sia sotto il profilo della
rinuncia tacita al recesso per superamento del comporto, sia
sotto il profilo dell’affidamento del dipendente circa la
prosecuzione del rapporto.
3.- Il motivo deve pertanto accogliersi, restando assorbita la
seconda censura inerente la violazione dell’art. 50 del c.c.n.l. in
materia di aspettativa in relazione al potere di licenziamento del
datore di lavoro. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, e
non essendo stata ricorsa la sentenza d’appello quanto al rigetto

19400\2014).

delle domande inerenti il dedotto danno biologico da
demansionarnento, la causa viene decisa nel merito direttamente
da questa Corte, con il rigetto della domanda inerente
l’illegittimità del licenziamento.
Le alterne vicende della lite in ordine alla valutazione dei fatti di
causa, giustificano la compensazione delle spese dell’intero
processo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.

provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda inerente l’illegittimità
del licenziamento proposta dalla Carravetta. Compensa tra le
parti dell’intero processo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R, n. 115\02, la
Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2016
Il Consigliere est.

Il Presidente

115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, deve

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