Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6695 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. I, 10/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 10/03/2021), n.6695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4980/2019 r.g. proposto da:

B.D., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Carla Pennetta, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Dora n.

2, presso lo studio dell’Avvocato Matteo Bordoni.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugina, depositata in

data 26.7.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Perugina ha rigettato l’appello proposto da B.D., cittadino del (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 20.8.2017 dal Tribunale di Perugia, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in Mali; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese di origine per la uccisione del padre ad opera di non meglio identificati ribelli.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, in quanto il ricorrente si era limitato a raccontare di aver subito l’uccisione del padre per mano di non identificati ribelli; b) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, non ricorrendo un “grave motivo” per l’accoglimento della domanda.

2. La sentenza, pubblicata il 26.7.2018, è stata impugnata da B.D. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e al principio di non refoulement di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 19, art. 3 Cedu, e art. 19 Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea.

2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2 e all’art. 111 Cost., comma 7, per motivazione apparente.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla mancata valutazione della condizione di violenza indiscriminata in Mali.

4. Il quarto mezzo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 6, comma 5.

5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatto decisivo, in ordine alla mancata valutazione della sua condizione di soggettiva vulnerabilità.

6. I primi due motivi di doglianza possono essere esaminati congiuntamente e devono essere accolti.

6.1 Le doglianze sono fondate quanto ai profili riguardanti il diniego della richiesta tutela sussidiaria ed umanitaria, in quanto la motivazione impugnata può essere iscritta, a buon diritto, nel paradigma delle motivazioni solo apparenti ovvero meglio inesistenti.

6.2 Sul punto, giova ricordare che, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di vertice di questa Corte, La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (così, Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

6.3 Ciò posto, la motivazione della corte territoriale non spiega in alcun modo (e dunque la motivazione può ritenersi graficamente assente) nè per quale ragione non possa essere accordata credibilità al racconto del migrante nè per quale ragione non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non potendosi ritenere, per un verso, sufficiente il mero richiamo alla genericità del racconto (per quanto concerne la protezione sussidiaria) e che, per altro verso, sia integrata la motivazione (per il diniego della protezione umanitaria) con il richiamo all’assenza di “gravi motivi”. Senza contare che, per quanto concerne la richiesta di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, la corte non ha speso neanche una parola, nonostante lo specifico motivo di gravame avanzato sul punto da parte del richiedente protezione.

6.4 L’accoglimento dei primi due motivi assorbe l’esame delle ulteriori censure.

La decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità è rimessa al giudice del rinvio.

P.Q.M.

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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