Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6695 del 10/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 10/03/2020), n.6695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7397-2015 proposto da:

CASALE MALATESTA SRL, in persona del rappresentante legale,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA EMANUELE FILIBERTO 166, presso

lo studio dell’avvocato SOFIA PASQUINO, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VELLETRI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA V.G.

BETTOLO 9 C/O, AVV. C. MAGGISANO, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRA CAPOZZI, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce;

– controricorrente –

e contro

VELLETRI SERVIZI SPA

– intimato –

avverso la sentenza n. 4845/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 23/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. RITA RUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per l’inammissibilità del

primo motivo, inammissibilità dei motivi dal secondo al sesto in

subordine rigetto, inammissibilità del settimo motivo, acquisizione

del fascicolo di merito per i motivi 8, 9 e 10, rigetto

dell’undicesimo motivo, se non posposto l’esame il rigetto del

dodicesimo e quattordicesimo motivo, inammissibilità del

tredicesimo motivo;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAPOZZI che si riporta al

controricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La società Casale Malatesta impugna l’ingiunzione di pagamento n. 5377/2009 del 9.11.2009 notificata il 30.3.2010 notificata dall’Azienda speciale Velletri (poi divenuta Velletri servizi s.p.a.) in data 20.12.2008, per mancato pagamento della TARSU dell’anno 2006 assumendo che illegittimamente il Comune ha applicato la tariffa, riferita ad altre classi e assimilando l’attività agrituristica (svolta dalla società) a quella alberghiera. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in primo grado.

2.- La società contribuente appella la sentenza. La CTR del Lazio, con sentenza del 23.7.2014 respinge l’appello osservando che l’avviso di liquidazione è stato emesso dalla Azienda speciale la quale in ragione della sua natura non era tenuta alla iscrizione all’albo speciale dei soggetti abilitati alla attività di accertamento e riscossione; che l’ingiunzione impugnata non costituisce il primo atto con cui si chiedeva il pagamento TARSU (sulla base di una tariffa ritenuta erronea dal contribuente) perchè era già stato notificato nell’anno 2006 un avviso di liquidazione. Peraltro, osserva la CTR mai la azienda agricola ha contestato con l’atto di appello che le era stato notificato un precedente avviso di liquidazione non impugnato e quindi definitivo.

3.- Propone ricorso per cassazione la società, affidandosi a quattordici motivi. Presenta controricorso il Comune di Velletri.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, dell’art. 75 c.p.c. e dello Statuto dell’ente con riferimento al difetto di legittimazione in quanto il Direttore generale della Velletri servizi ha conferito, in maniera illegittima, la procura al difensore Dott. P.N., mentre il presidente del Consiglio di amministrazione è la Dott. G.P.. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta lo stesso vizio, con riferimento al giudizio di secondo grado.

In particolare, si deduce che la procura alle liti è stata rilasciata in primo grado da T.G., direttore generale della Velletri servizi che però non sarebbe il legale rappresentante della società in quanto il presidente del Consiglio di Amministrazione è la Dott. G..

I motivi sono da esaminare congiuntamente e sono inammissibili per difetto di specificità.

Le predette questioni non risultano esaminate nella sentenza impugnata e la parte non deduce che queste censure sono state da lei proposte anche nel giudizio di merito. La parte non precisa quali sarebbero le norme violate, se non con un generico riferimento alla L. n. 241 del 1990, art. 21 ocities, e all’art. 75 c.p.c. e nel fare riferimento alle norme dello Statuto violate afferma (ma senza trascrivere il testo delle norme asseritamente violate) che il Direttore generale dovrebbe resistere in giudizio sovrapponendo così, nella esposizione del motivo, i due distinti piani della rappresentanza legale e della rappresenta in giudizio per effetto del mandato difensivo. Il Comune, infatti, precisa che, ai termini di Statuto, spetta al Direttore generale l’affidamento della difesa in giudizio, che nella specie è stato conferito ad un dottore commercialista.

5.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, e dell’art. 75 c.p.c. perchè il Comune di Velletri è in stato di dissesto sin dal 1.1.2010 e tutte le attività di gestione economico finanziaria sono state affidate alla competenza dell’Organismo straordinario di liquidazione.

Anche in questo caso si tratta di una questione che non risulta sia stata agitata nei giudizi di merito, o esaminata in sentenza, proposta senza specifico riferimento alle norme violate; si tratta comunque di un motivo infondato. Alla data della dichiarazione di dissesto dell’ente locale e sino all’approvazione del rendiconto non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, mentre nessuna conseguenza si ha per quanto riguarda le azioni di cognizione, le quali possono continuare ad essere promosse da o contro l’ente dissestato, non essendo prevista alcuna perdita della capacità processuale dell’ente locale nè alcuna sostituzione dell’organo della procedura agli organi istituzionali dell’ente (Cass. n. 1191/2001, Cass. n. 15498/2001). Dunque l’ente dissestato, a differenza del fallito, non perde la sua capacità processuale nè, si verifica alcuna sostituzione dell’organo della procedura agli organi istituzionali dell’ente (Cass. n. 1097/2010), nei cui confronti perciò, possono continuare ad esser promosse le ordinarie azioni di cognizione (Cass. sez. un. 16059/2001; Cass. 16959/2016).

6.- Con il quarto motivo di ricorso si lamenta il difetto di legittimazione a rappresentare della Velletri servizi s.p.a. per illegittima costituzione del consiglio di amministrazione della società. Si deduce che nel verbale di nomina del consiglio di amministrazione manca la sottoscrizione dell’unico socio e cioè del Comune di Velletri (Sindaco) e che ciò determina la insistenza dell’atto di nomina del consiglio di amministrazione e della Dott. G.P. quale presidente del c.d.a., che si sarebbe “autonominata”. Si tratta di un motivo dedotto senza specifico riferimento alle norme di legge che sarebbero state violate, mentre di contro l’art. 2375 c.c. dispone che il verbale della assemblea è firmato non già dai soci, ma dal presidente e dal segretario. Il motivo è quindi inammissibile e comunque infondato.

7.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, e dell’art. 79 c.p.c. in ragione del (dedotto) difetto di legittimazione processuale del Comune poichè le memorie di costituzione sono firmate dal Sindaco, e non dal professionista abilitato o dal dirigente dell’ufficio tributi, e comunque trattandosi di tributi relativi all’anno 2006 “ogni competenza ricadeva sull’OSL”. Quest’ultima parte della censura è stata sopra esaminata ed è – come si è detto – infondata. Quanto alla sottoscrizione da parte del Sindaco, la parte non deduce che questa censura sia stata da lei proposta anche nel giudizio di merito. La parte non precisa quali sarebbero le norme violate se non con un generico riferimento alla L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, e con un inconferente richiamo all’art. 79 c.p.c. e nè ha riprodotto nel ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza, il contenuto dei documenti a sostegno delle sue deduzioni, passaggio necessario anche qualora si tratti di questione di legitimatio ad processum per difetto di potere rappresentativo, rilevabile anche d’ufficio (Cass. n. 10009/2018). In ogni caso si osserva che il Sindaco, ove non sussista una specifica previsione statutaria (o regolamentare) di conferimento delega, qui non specificamente richiamata, conserva l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi dell’art. 50 T.U. leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. n. 18 agosto 2000, n. 26 (Cass. 27579/2018).

8.- Con il sesto motivo del ricorso lamenta la violazione dell’art. 75 c.p.c. e della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, per il difetto di legittimazione della Velletri servizi a rappresentare in regime di convenzione scaduta. La parte osserva che la Convenzione tra il Comune di Velletri e la Velletri servizi risulta scaduta sin dalla data dell’atto di appello il motivo è infondato atteso che si tratta di controversia riferita a tributo richiesto nell’ambito di operatività della convenzione.

Con il settimo motivo di appello si lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e 5, per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio e la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 ocities. Secondo la contribuente ha errato il giudice a ritenere che la Velletri s.p.a. non debba essere iscritta all’albo in quanto società a partecipazione pubblica, tralasciando di considerare che la società gestisce i parcheggi blu a pagamento.

Il motivo è inammissibile. La sentenza d’appello è stata resa in data 23.7.2014 e pertanto alla fattispecie si applica l’art. 360 c.p.c., n. 5, testo vigente, che non consente l’impugnazione per motivazione contraddittoria o illogica. Inoltre la domanda della ricorrente è stata già respinta in primo grado e quindi si verte in un ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5. Di conseguenza, come da giurisprudenza costante di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 10897/2018Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 5528/2014). Il ricorrente non ha riportato le ragioni poste a base della decisione di primo grado e di conseguenza il motivo è inammissibile.

9.- Con l’ottavo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di legge per errata valutazione da parte della CTR sulla ricostruzione dei fatti finalizzati alla dimostrazione dell’avvenuta notifica dell’atto prodromico o della conoscenza dello stesso. La ricorrente contesta la sussistenza di un atto prodromico alla ingiunzione di pagamento per cui è causa, e che la prova documentale fornita dalla Velletri servizi sarebbe incongruente. Con il nono motivo di ricorso contesta la produzione di una prova falsa e tendente a modificare il reale svolgersi dei fatti al fine di trarne vantaggio, con il decimo motivo di ricorso la incompletezza dell’atto impugnato in quanto riporta esclusivamente il protocollo 5377/2009 riferendosi all’anno 2006 e con esso non è applicata alcuna sanzione. Con l’undicesimo motivo si lamenta la incongruenza e irretroattività dei nuovi mezzi di prova prodotti nel giudizio di appello con violazione dell’art. 345 c.p.c., n. 3.

I motivi sono tutti inammissibili, tranne quello relativo alla violazione del divieto di nuove prove in appello che è infondato.

Iniziando da quest’ultimo, per ragioni di priorità logica, deve osservarsi che la parte è in errore nel ritenere che la controparte non poteva produrre in appello nuovi documenti. Questa Corte ha già più volte affermato, con orientamento cui il Collegio intende dare continuità, che nel processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, consente la produzione in appello di qualsiasi documento (Cass. 29568/2018; Cass. 29087/2018). Sulla dedotta falsità delle prove, non meglio specificata, si osserva che non risulta che la parte abbia operato tempestivo disconoscimento di scrittura privata o proposto la querela di falso. Quanto al resto si tratta di censure in fatto, sulla pretesa non idoneità della documentazione prodotta a dimostrare che prima della ingiunzione opposta era stato notificato regolare avviso di accertamento, censure che peraltro la parte non specifica di avere sottoposto in che termini, ed in quale atto al giudice di appello. Si tratta di censure di merito, esposte con riferimenti normativi inconferenti, e con le quali si sollecita una inammissibile revisione del giudizio di fatto operato dalla CTR (Cass. 6519/2019; Cass. 16526/2016).

10.- Con il dodicesimo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di leggi e regolamenti comunali in materia di agriturismo e TARSU. In sostanza, la parte ripropone le questioni di merito e cioè che l’attività agrituristica deve essere considerata attività agricola a tutti gli effetti e quindi alla predetta attività avrebbe dovuto applicarsi la tariffa corrispondente al genere di attività menzionata e non quella per l’utenza alberghiera o di ristorazione. Con il quattordicesimo motivo, da esaminare insieme al dodicesimo per motivi di connessione, si lamenta la insussistenza del credito vantato perchè la Velletri servizi in assenza di specifiche classi di continenza e tariffe di riferimento avrebbe dovuto applicare le tariffe agricole.

I motivi sono inammissibili dal momento che la sentenza impugnata resiste alle censure di cui ai motivi che precedono. Non impugnato l’avviso di accertamento e di liquidazione la questione di merito sulla pretesa erroneità della tariffa non può essere oggetto di ricorso avverso le ingiunzioni di pagamento.

11.- Con il tredicesimo motivo si lamenta la violazione dell’art. 2041 c.c. per indebito arricchimento del comune di Velletri.

Il motivo è inammissibile.

Si tratta di una questione di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata, e rispetto alla quale la parte ricorrente aveva l’onere di specificare l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito (Cass. 15430/2018), nonchè, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo avesse fatto. Invece la parte nulla specifica e propone la questione senza riferimento alle difese svolte nei precedenti gradi di giudizio. Si richiama qui il principio già affermato da questa Corte secondo il quale “è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte” (Cass. 17049/2015).

Il ricorso è pertanto da rigettare.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza di parte ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.400,00, oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2020

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