Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6692 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 6692 Anno 2016
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: CAVALLARO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 26160-2014 proposto da:
HIPPOGROUP S.P.A. P.I. 00472040013, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA V. TACITO 10, presso lo
studio dell’avvocato ROBERTO SANTUCCI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURO
2015

NEBIOLO VIETTI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

4976
contro

LANDI ROCCO C.E. LNDRCC64P09L219Z, domiciliato in
ROMA, PIAllA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA

Data pubblicazione: 06/04/2016

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato PAOLO BERTI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 600/2014 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 21/05/2014 r.g.n. 257/2014;

udienza del 16/12/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI
CAVALLARO;
udito l’Avvocato SANTUCCI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FATTO
Con sentenza depositata il 21.5.2014, la Corte d’appello di Torino, in
totale riforma delle statuizioni di primo grado, dichiarava illegittimo il
licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato a Rocco Landi
dalla s.p.a. Hippogroup e condannava la società a reintegrare il
lavoratore nel proprio posto di lavoro e a corrispondergli un’indennità

risarcitoria da calcolarsi nella misura massima di dodici mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Riteneva in particolare la Corte di merito che l’accordo aziendale con cui,
al fine di salvaguardare l’assetto occupazionale compromesso
dall’apertura di una procedura di mobilità per sei dipendenti, era stato
pattuito il c.d. congelamento di taluni istituti economici, impedisse
all’azienda di procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo
oggettivo in mancanza di prova di sopravvenienze negative così marcate
da vanificare l’idoneità dell’equilibrio costi-benefici conseguito con
l’accordo medesimo e, sotto altro profilo, reputava che la carenza
probatoria riscontrata al riguardo valesse senz’altro a integrare gli
estremi della manifesta insussistenza del fatto posto a base del recesso,
con le conseguenze reintegratorie di cui all’art. 18, commi 4° e 7°, St.
lav., nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 42,
I. n. 92/2012.
Per la cassazione di questa pronuncia ricorre la s.p.a. Hippogroup con
ricorso affidato a tre motivi, illustrati con memoria. Resiste il lavoratore
con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo, la società ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. per avere la Corte territoriale
interpretato l’accordo aziendale nel senso che il sacrificio economico
imposto ai lavoratori richiedesse, quale contropartita a carico della
società, la rinuncia alla possibilità di intimare anche dei licenziamenti
individuali per giustificato motivo oggettivo in assenza di prova di
sopravvenienze così marcate da vulnerare l’equilibrio costi-benefici
raggiunto con l’accordo stesso.
Con il secondo motivo, la società ricorrente denunzia violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, comma 42, I. n. 92/2012, per avere la Corte di
merito ritenuto che la carenza probatoria in ordine a sopravvenienze

3

P

(I.

economiche negative successive all’accordo valesse di per sé a integrare
gli estremi della manifesta insussistenza del fatto posto a base dei
recesso.
Con il terzo motivo, la società ricorrente deduce omesso esame di un
fatto decisivo per avere la Corte territoriale liquidato l’indennità

4.154,13 invece che di C 3.183,26.
Va preliminarmente disattesa la censura d’inammissibilità

del primo

tYte?thit2, sollevata dal lavoratore controricorrente per non avere parte

ricorrente riportato integralmente il contenuto dell’accordo aziendale del
1°.8.2012 ed altresì per aver omesso di trascriverne la versione
definitiva, approvata il 31.10.2012: circa il primo profilo, è sufficiente
rilevare che la giurisprudenza di questa Corte è solidamente attestata
nel senso che, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, la parte che intenda censurare l’interpretazione
di una clausola contrattuale effettuata dal giudice di merito ha l’onere di
trascrivere il contenuto delle clausole controverse (cfr. da ult, Cass. n.
25728 del 2013), ciò che è dato puntualmente riscontrare nel contenuto
del ricorso introduttivo del presente giudizio di cassazione; circa

il

secondo profilo, basti dire che la stessa motivazione della sentenza
impugnata è incentrata sulla disamina delle clausole dell’ipotesi di
accordo dell’1.8.2012, sul presupposto che le stesse furono approvate
nei medesimi termini dall’accordo definitivo del 30.10.2012.
Ciò posto, il primo motivo è fondato nei termini che seguono.
Come premesso in fatto, la Corte di merito ha ritenuto che l’assunzione
da parte dei lavoratori di sacrifici economici così rilevanti come quelli
disciplinati dall’accordo non potesse non comportare a carico
dell’azienda la previa constatazione di un sopravvenuto mutamento della
situazione quale presupposto per poter procedere ad un licenziamento
per giustificato motivo oggettivo: ad avviso del secondo giudice, infatti,
l’accordo aziendale era di per sé indicativo della adeguatezza e
sufficienza delle misure adottate al fine di salvaguardare il livello
occupazionale, di talché l’azienda non avrebbe potuto giustificare il
recesso adducendo il calo del fatturato, la riduzione del volume d’affari e
la generale crisi del comparto, trattandosi in sostanza delle medesime
circostanze per fronteggiare le quali l’accordo era stato stipulato.

4

risarcitoria spettante al lavoratore sulla base di una retribuzione di C

Reputa il Collegio che, così interpretando l’accordo, la Corte territoriale
abbia violato gli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c., attribuendo alle
espressioni adoperate dai contraenti una portata più ampia di quella
scaturente dalle circostanze di fatto che avevano caratterizzato,
all’epoca della stipulazione dell’accordo in questione, le fasi della

Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, infatti, non è
dato riscontrare nelle clausole controverse dell’accordo alcuna
valutazione dell’azienda circa l’adeguatezza e sufficienza delle misure
adottate al fine di rimediare alla situazione di crisi: quest’ultima
costituisce piuttosto il presupposto da cui le parti muovono nel
preambolo alla parte propriamente precettiva, che concerne invece
esclusivamente il c.d. congelamento di alcuni istituti economici previsti
dal CCNL di settore e, a sua volta, è correlata alla finalità di porre in
essere strumenti atti a salvaguardare l’assetto occupazionale,
minacciato dall’apertura di una procedura di mobilità.
Di conseguenza, una volta acclarato che l’accordo non contiene nella sua
parte precettiva alcuna espressa rinuncia alla facoltà di licenziare, la
Corte non poteva ricavare dall’enunciazione delle finalità che avevano
presieduto alla sua stipulazione la necessità di un mutamento
sopravvenuto della situazione economica quale presupposto indefettibile

per poter intimare un licenziamento individuale per giustificate motivo
oggettivo: semplicemente perché altro è renunciazione dello scopo per il
quale un certo accordo viene stipulato e altro invece l’effettivo suo
conseguimento, che – specie quando una delle parti stipulanti sia un
imprenditore – risente inevitabilmente dell’andamento nel tempo delle
complesse variabili capaci di influenzare la domanda di merci e i
conseguenti flussi di competenza e di cassa.
Discende da quanto sopra che, al fine di valutare la legittimità o
illegittimità del licenziamento in questione, la Corte territoriale avrebbe
dovuto comunque accertare se ne sussistessero i presupposti di legge,
invece di assumere la mera stipulazione dell’accordo come sintomatica
della loro insussistenza (addirittura manifesta). E avendo totalmente
omesso tale accertamento, la sentenza impugnata va cassata e rinviata
alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, rimanendo

5

contrattazione e della conseguente formazione del consenso.

assorbite le ulteriori censure, siccome logicamente dipendenti da quella
accolta.
Il giudice designato provvederà anche sulle spese del presente giudizio
di cassazione. Stante l’accoglimento del ricorso, non sussistono i
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore

P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza
impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa
composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di
cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.12.2015.

importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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