Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6691 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/03/2017, (ud. 20/02/2017, dep.15/03/2017),  n. 6691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11887-2010 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato, in ROMA VIA A.RIBOTY 28,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA IANNIELLO, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BELLUNO, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/2009 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 27/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/02/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

Con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Belluno, la contribuente M.D. impugnava l’avviso di accertamento (OMISSIS) con cui, in relazione alle imposte irpef ed irap per il 2002, l’Ufficio accertava a suo carico maggiori redditi. L’accertamento nei confronti della contribuente, sub agente assicurativo, si basava sull’applicazione di uno studio di settore D.L. n. 331 del 1993, ex art. 62 sexies.

La CTP di Belluno respingeva il ricorso.

La contribuente appellava la sentenza di fronte alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto la quale, con sentenza n. 37/3/09 depositata il 27.5.2009, respingeva l’appello.

I giudici di appello ritenevano che l’accertamento fosse fondato perchè condotto in contraddittorio con la contribuente e perchè le risultanze derivanti dall’applicazione dello studio di settore costituiscono “presunzione grave, precisa e concordante” suffragata dal fatto che l’Ufficio aveva dimostrato, attraverso le prova di telefonate in orario pomeridiano e serale, che l’attività veniva svolta dalla contribuente a tempo pieno, e non part-time, come dalla stessa sostenuto. Non essendo emerso, quindi, alcuno svolgimento anomalo dell’attività, lo studio di settore era pienamente utilizzabile come strumento da cui presumere dati anche in contrasto con la regolare tenuta delle scritture contabili, spettando al contribuente l’onere di provare, in senso contrario, l’inattendibilità delle risultanze dello studio, prova che, nella specie, era ritenuta mancante.

La contribuente ricorre per cassazione contro tale sentenza con unico motivo di ricorso, corroborato da memoria ex art. 378 c.p.c. Resiste la Agenzia con controricorso.

Il ricorso è stato fissato dinanzi all’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

con un unico motivo la ricorrente deduce errata interpretazione ed applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies. Rileva, in particolare, che a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite nel 2009, la presunzione derivante dallo scostamento allo studio di settore è una presunzione semplice, e che l’accertamento deve tenere conto di altri elementi di fatto da cui dedurre la reale situazione del contribuente. Nella specie, rileva che le telefonate pomeridiane e serali, oltre tutto per importi modestissimi, non dimostravano l’attività a tempo pieno, ma erano una modalità tipica di lavoro del sub agente assicurativo, e quindi erano del tutto compatibili anche con il lavoro part time. Rileva che la liquidazione dei compensi del sub agente è effettuata direttamente dall’agente della compagnia di assicurazione, come emergeva lilla contabilità, ritenuta in ordine. Rileva, infine, che per gli anni precedenti a quello in questione (e cioè gli anni dal 1998 al 2000) lo stesso ufficio, in sede di contraddittorio con la contribuente, aveva ridimensionato o addirittura annullato i possibili accertamenti, alla luce della tipologia dell’attività.

In controricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e per errata formulazione del quesito di diritto.

Nel merito, deduce l’infondatezza dello stesso.

Il ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), è inammissibile. Il quesito è, infatti, espresso in maniera astratta e non idonea a definire la controversia in questione.

Mutuando quanto affermato da Cass., sez un., 25.11.2008, Rv. 605545, sebbene in altro contesto, affinchè il quesito di diritto, di cui all’art. 366 “bis” c.p.c., abbia i requisiti idonei ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso per cassazione, non è sufficiente che la parte formuli un quesito giuridico in maniera astratta, la risposta al quale si risolverebbe in un’affermazione di principi, inidonea a risolvere la specifica controversia.

Il quesito in questione non soddisfa i requisiti di ammissibilità perchè consiste in una astratta domanda sul valore giuridico dei risultati derivanti dagli studi di settore, ed il ricorso fonde considerazioni di fatto e di diritto che difettano di autosufficienza perchè si esauriscono in mere affermazioni senza riscontro in atti (non sono stati allegati, per esempio, gli elementi essenziali dei ricorsi dei gradi precedenti che permettano di avere una visuale complessiva della causa) e tendono, in sostanza, a censurare la decisione di merito perchè, in base alle circostanze di fatto del caso concreto, avrebbe erroneamente applicato un principio di diritto.

Così facendo, il ricorrente censura l’apprezzamento, da parte della CTR, del valore delle prove presuntive sulla base delle circostanze di fatto della vicenda, che è tipica valutazione di merito sottratta a questa Corte (Cass. sez. 6 n. 7921 del 2011; Cass. sez. lav. n. 6288 del 2011; Cass. n. 8315 del 2013).

Nella specie, la CTR ha dato conto dell’applicabilità dello studio di settore alla contribuente e della sua formazione in contraddittorio, ed ha aggiunto considerazioni sugli elementi di fatto che corroboravano l’accertamento.

Il ricorrente, che ha impugnato la decisione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), e non n. 5), richiede ora di rilevare, alla luce sempre di elementi di fatto (l’asserito svolgimento di attività part – time, il modesto importo delle telefonate in ore serali o pomeridiane, il fatto che lo studio di settore è stato redatto senza tenere conto delle specificità dell’attività esercitata), menzionati ma su cui non vi è riscontro, che la CTR ha erroneamente applicato il principio di diritto. Si tratta, tuttavia, di valutazione che è, appunto, inammissibile in questa sede perchè richiederebbe una analisi fondata anche sugli elementi fattuali. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso.

– Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.800,00= per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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