Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6684 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 09/03/2020), n.6684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2670-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TERNA – RETE ELETTRICA NAZIONALE SPA, in persona del procuratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA SCROFA 57,

presso lo studio dell’avvocato LAURA TRIMARCHI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE RUSSO CORVACE, MARCO EMMA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4028/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza del 12 giugno 2018 la Commissione tributaria regionale del Lazio confermava la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso proposto da Terna Rete Elettrica Nazionale S.p.A. contro l’avviso con il quale l’Agenzia delle entrate aveva liquidato imposte di registro, ipotecaria e catastale, in relazione all’atto stipulato tra la società contribuente e Rete Rinnovabile s.r.l., definito come contratto di affitto, relativo ad un destinato alla costruzione di un impianto fotovoltaico, e riqualificato dall’Ufficio come contratto di concessione di diritto reale di superficie per la costruzione di un impianto fotovoltaico.

Disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata presentazione di istanze di rimborso da parte della contribuente, rilevava la CTR che il contratto intercorso tra Terna – Rete Elettrica Nazionale S.p.A. e Rete Rinnovabile s.r.l., interpretato secondo la comune intenzione delle parti, quale emergeva dal suo insieme e dalle singole clausole contrattuali, presentava il contenuto e gli effetti propri di un contratto di locazione, costitutivo di un diritto reale di godimento, e non di un contratto di concessione di un diritto reale di superficie, come invece ritenuto dall’Amministrazione finanziaria. Riteneva non determinanti ai fini della diversa qualificazione del contratto la previsione delle spese straordinarie a carico del conduttore e l’acquisto gratuito dell’impianto fotovoltaico alla scadenza del contratto.

Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.

Resiste con controricorso la società contribuente,

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, nonchè degli artt. 952,953,1571,1576,1587,1590 e 1615 c.c., per avere erroneamente la CTR qualificato l’atto negoziale in discussione come contratto di affitto/locazione e non come contratto di concessione del diritto reale di superficie.

Il motivo è infondato.

Va preliminarmente precisato che la questione di incostituzionalità sollevata con ordinanza n. 23549 del 02.07.2019 in merito al TUR, art. 20, non incide sulla fattispecie in esame, per la quale non è in contestazione il collegamento con altri elementi extratestuali e degli atti collegati dall’opera di qualificazione negoziale (oggetto del giudizio di costituzionalità) ma esclusivamente l’indagine sulla corretta interpretazione di atto negoziale.

In argomento questa Corte ha affermato che, in tema di imposte di registro, ipotecaria e catastale, in applicazione della regola interpretativa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, che consente all’Ufficio di dare una qualificazione oggettiva dell’atto o degli atti soggetti a registrazione, secondo la causa concreta dell’operazione negoziale complessivamente considerata, che in tema d’imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, l’Amministrazione finanziaria, pur non essendo tenuta a conformarsi alla qualificazione attribuita dalle parti al contratto, non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile, salva la prova, da parte sua, sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione ed alterazione degli schemi negoziali classici. (Cass. n. 722 del 15/01/2019).

E’ stato altresì statuito che il criterio fissato dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, impone di privilegiare l’intrinseca natura e gli effetti giuridici, rispetto al titolo e alla forma apparente degli stessi, con la conseguenza che i concetti privatistici dell’autonomia negoziale regrediscono, di fronte alle esigenze antielusive poste dalla norma, a semplici elementi della fattispecie tributaria, per ricostruire la quale dovrà, dunque, darsi preminenza alla causa dei negozi giuridici (cfr. sentt. 23584/12, 6835/13, 17965/13, 3481/14). Va, però, nel contempo evidenziato che, quando si ponga la questione sulla interpretazione dell’atto soggetto a tassazione per evidenziarne l’intrinseca natura, il giudice tributario è tenuto a considerare le deduzioni difensive sul punto, maggiormente, se suffragate da specifica documentazione, motivandone la eventuale non decisività, ma non può certo non tenerne conto, venendo meno, così, all’obbligo motivazionale (Cass. n. 2048 2017).

Nel caso de quo il giudice di merito, cui spetta la qualificazione dei negozi giuridici, ha sul punto analizzato le motivazioni dell’Ufficio, escludendone la rilevanza nella fattispecie, congruamente motivando sulla irrilevanza degli elementi addotti dall’Ufficio per una diversa interpretazione degli atti.

Il ricorso va conseguentemente respinto.

6.2. Il motivo è altresì generico, in violazione del requisito di specificità, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, sotto il profilo della non pertinente confutazione del ragionamento argomentativo della Corte territoriale. La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale ha l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati e il punto e il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728).

Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.500,00 oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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