Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6684 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6684 Anno 2016
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: SOLAINI LUCA

SENTENZA
sul ricorso 6660-2011 proposto da:
CLODIA

VACANZE

SRL

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA A. CHINOTTO l, presso lo studio
dell’avvocato ERMANNO PRASTARO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FABIO GIACHIN giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO ENTRATE DI CHIOGGIA in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 06/04/2016

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende;
– controricorrente nonchè contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

avverso la sentenza n. 12/2010 della COMM.TRIB.REG. di
VENEZIA, depositata il 27/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/02/2016 dal Consigliere Dott. LUCA
SOLAINI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PRASTARO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MARCHINI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’inammissibilità e in subordine il rigetto del
ricorso.

– intimato –

R.G. 6660/11

La controversia riguarda l’impugnazione di un avviso di liquidazione, con il quale l’ufficio
determinava la maggiore imposta di Registro dovuta, per il trasferimento di un immobile, per il
quale si era riscontrato, che nel triennio successivo alla registrazione dell’atto di trasferimento, non
vi era stata nuova alienazione, al fine di conservare le agevolazioni, previste dall’art. 1 comma 1,
della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/86 (aliquota agevolata di Registro all’I% ed
ipocatastali in termine fisso). La società ricorrente ha evidenziato come la motivazione del
provvedimento impositivo fosse errata, in quanto aveva fatto riferimento alla decadenza per
mancata rivendita nel triennio dei beni acquistati, che consentiva all’ufficio di avvalersi del termine
anch’esso triennale per l’imposta complementare (decorrente dalla scadenza del primo triennio),
quando invece, secondo gli assunti della società ricorrente, detta agevolazione fin dall’origine non
spettava, per insussistenza dei presupposti oggettivi contemplati dalla legge, afferenti alla natura
dell’immobile trasferito, che non era di tipo abitativo. Pertanto, sempre ad avviso della ricorrente,
trattandosi di errore in sede di liquidazione, all’atto della registrazione da parte dell’ufficio, avrebbe
dovuto essere notificato un avviso di liquidazione per imposta suppletiva, nel rispetto del termine
decadenziale di tre anni dalla registrazione dell’atto.
La ctp rigettava il ricorso, rilevando l’assenza di vizi propri dell’atto e come i benefici di cui
trattasi, erano quelli richiesti dalla società ricorrente all’atto della registrazione, la stessa non aveva
rispettato il termine triennale per rivendere il bene e, quindi, correttamente l’ufficio aveva notificato
l’avviso di liquidazione dell’imposta complementare, per il recupero dei benefici fiscali non dovuti:
la società non poteva avvalersi di un presunto errore dell’ufficio che si era risolto in suo favore e al
quale non aveva tempestivamente rinunciato.
La società Clodia Viaggi srl ha interposto appello, evidenziando nuovamente l’errore dell’ufficio, in
quanto oggetto della compravendita era un immobile classificato in categoria B e, quindi, non
poteva essere ricompreso in quelli a destinazione abitativa, pertanto, l’ufficio per sopperire a un
proprio errore di valutazione, avrebbe dovuto notificare un atto impositivo riguardante l’imposta
suppletiva, con il rispetto del termine di decadenza, ex art. 76 DPR 131/86 (tre anni dalla
registrazione) e non l’imposta complementare. Veniva eccepito, infine, il difetto di delega in capo al
funzionario che si era costituito in giudizio. L’ufficio ha resistito all’appello.
La CTR rigettava l’appello.
La società Clodia Viaggi srl ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di
tre motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art.1,
primo comma, della Tariffa, parte prima allegata al DPR n. 131/86, in relazione all’art. 10, primo
comma n. 8-bis del DPR 633/72, nonché dell’art. 76 del DPR 131/86, in combinato disposto all’art.
11, comma 1-bis, della legge n. 289 del 2002, in riferimento all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., in
quanto il bene oggetto di compravendita era classificato in categoria B e, quindi, non avendo
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

destinazione abitativa, non poteva dar luogo, fin dal momento della registrazione dell’atto, al
godimento dell’agevolazione fiscale e, quindi, l’ufficio, per provvedere sul proprio errore di
valutazione, poteva emanare un avviso di rettifica e liquidazione d’imposta suppletiva, dal quale
sarebbe decaduto essendo decorso il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto; mentre, una
volta decaduto da siffatto potere, non avendo rilevato il vizio scaturente dall’originaria liquidazione,
a seguito della registrazione dell’atto di compravendita, non aveva più il potere di notificare, a
distanza di anni, l’avviso di liquidazione per l’imposta complementare, per la mancata rivendita nel
triennio, perché risultava assorbito dalla carenza dei presupposti per accedere al beneficio.

Non sono stati riportati nel ricorso davanti a questa Corte, né indicata la loro collocazione
toponomastica, nella documentazione afferente ai gradi del merito, ex art. 366 comma primo n. 6
c.p.c., in primo luogo, l’atto di compravendita del compendio immobiliare, dal quale questa Corte
avrebbe potuto verificare la distinzione catastale del bene (così importante, per gli assunti difensivi
del ricorrente) ed avrebbe potuto rilevare la data della registrazione, per rilevare il dies a quo
dell’asserito termine decadenziale; né è stato riportato l’avviso di liquidazione, attraverso il quale
questa Corte sarebbe stata in condizione di verificare la motivazione dell’atto impositivo (se
effettivamente afferente alla contestazione della censurata imposta di registro complementare, o
meno), nonché, dall’esame del medesimo atto, avrebbe potuto rilevare la data della notifica e il
conseguente dies ad quem (infatti, la parte ricorrente ha invocato la decadenza, ex art. 76 DPR
131/86); infine, la medesima parte ricorrente ipotizza l’esistenza di un condono (viene, infatti,
denunciata la violazione dell’art. 11 comma 1-bis della legge n. 289/2002), del quale non si trova
alcun riscontro negli atti e nelle difese di causa.
Nel merito, il motivo è del pari infondato.
Infatti, la circostanza che l’agevolazione fiscale non fosse dovuta al) origine, rileva solo ai fini
dell’eventuale dichiarazione di decadenza dai relativi benefici, per mancanza del presupposto
previsto dalla legge; nella vicenda, pertanto, vi è stata la consolidazione degli effetti fiscali
favorevoli, in favore della società che li aveva espressamente richiesti, essendo decorso il termine
decadenziale per revocarli. Ciò tuttavia, non può costituire un fattore preclusivo dell’ulteriore
accertamento in merito all’adempimento della condizione dichiarata nell’atto di acquisto e
successivamente non rispettata (rivendita del bene, entro il triennio dalla registrazione dell’atto —
con il quale si era goduto dei benefici —in quanto il bene era da considerarsi strumentale al
perseguimento dell’oggetto sociale della °odia Viaggi srl), con la inevitabile applicazione delle
imposte nella misura ordinaria, e con l’applicazione della soprattassa del 30%, oltre agli interessi di
mora. Pertanto, la verifica dei presupposti dell’agevolazione, è vicenda distinta e separata rispetto
alla verifica dell’adempimento dell’obbligo di trasferire l’immobile nel triennio dalla registrazione
dell’atto; pertanto, se si determina la preclusione rispetto alla verifica dei requisiti per
l’agevolazione, si può ugualmente accertare il successivo adempimento della condizione (entro tre
anni dal mancato avverarsi della condizione): diversamente opinando, il soggetto che ha beneficiato
dell’errore dell’amministrazione in sede di registrazione dell’atto, sarebbe esentato
dall’adempimento degli obblighi successivi, il cui verificarsi è presupposto per il mantenimento del
beneficio stesso.
2

Il motivo difetta, innanzitutto, di autosufficienza.

Il motivo è inammissibile, in quanto manca l’individuazione del fatto decisivo e determinante inteso
in senso storico-naturalistico (non assimilabile a mere questioni o argomentazioni, v. Cass. n.
21152/14), la cui valutazione omessa e/o contraddittoria e/o insufficiente, per la sua efficacia
causale, sarebbe stato in grado di sovvertire l’esito della decisione; in effetti, ad avviso di questa
Corte, fondato è il convincimento che la parte ricorrente miri a una nuova valutazione del merito del
giudizio (o, comunque, a una nuova interpretazione della portata di concetti normativi, già resa dal
giudice d’appello), finalità non consentita nella presente sede di legittimità.
Con il terzo motivo di censura, la ricorrente denuncia il vizio di nullità della sentenza impugnata,
per difetto di sottoscrizione in calce alle controdeduzioni d’appello dell’Agenzia delle Entrate, da
parte del Direttore o di un suo delegato (in quanto non era stata menzionata né allegata agli atti la
prescritta delega).
Il motivo non è autosufficiente, in quanto non sono state riportate nel ricorso davanti a questa Corte,
le censurate controdeduzioni, né è stata indicata la loro collocazione toponomastica, nella
documentazione afferente al grado d’appello, ex art. 366 comma primo n. 6 c.p.c.„ di talché questa
Corte non è in condizione di poter verificare la sussistenza del vizio, esaminando l’atto.
Il motivo è, del pari, infondato, in quanto manca di decisività, non avendo la parte evidenziato gli
effetti favorevoli, in caso di accoglimento del motivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a pagare le spese di lite del presente giudizio, in favore dell’Agenzia delle
Entrate, in persona del Direttore in carica, che liquida in € 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, alla camera di consiglio del 23 febbraio 2016.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia il vizio di omessa e insufficiente
motivazione, ex art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.„ perché i giudici d’appello, non avrebbero saputo
fare “buon governo” delle distinte nozioni di imposta suppletiva e complementare di cui all’art. 42
del DPR 131/86.

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