Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 668 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 668 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 13193-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

ALIMENTARI DAC DI VERAZZO UBALDO & C. SAS IN
FALLIMENTO in persona del Curatore fallimentare,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE ZEBIO N.
32, presso lo studio dell’avvocato ACCARDO FABIO,
rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

GIORDANO

Data pubblicazione: 15/01/2014

VINCENZO giusta delega a margine;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 30/2006 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 17/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

;

udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.L’Ufficio di Aversa disponeva, per quel che qui rileva, la ripresa a tassazione di IVA, ritenendo
non dovuta la detrazione dell’imposta sugli acquisti operata dalla contribuente Alimentari DAC di
Terrazzo Ubaldo e c. s.a.s., non avendo la contribuente documentato con fatture e libri il relativo
presupposto.
2.Con sentenza n.30141106, depositata il 3.3.2006, la CTR della Campania, in parziale accoglimento

di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dalla curatela del fallimento della società Alimentari
DAC di Terrazzo Ubaldo e c.sas avverso l’avviso di accertamento.
2.1 Osserva il giudice di appello che aveva errato il primo giudice nel richiamare, a sostegno della
legittimità della pretesa fiscale, l’art.28 d.p.r.n.633/72, in quanto la fattispecie era regolata dagli
artt.51 ss. del DPR n.633/72. Se, dunque, doveva convenirsi con l’Ufficio che il mancato
riconoscimento delle detrazioni può derivare dalla “mancata motivazione delle fatture passive degli
acquisti e del relativo registro” in virtù dell’art.5 I ult.comma del DPR n.633 che rinviava all’art.32
dpr n.600/73, nel caso di specie era pacifico che la mancata esibizione successiva alla richiesta
dell’ufficio era stata motivata dal curatore dalla gran mole dei documenti contabili della ditta fallita
e dalla possibilità per l’Ufficio di consultare gli stessi presso la cancelleria del tribunale fallimentare
di S.Maria Capua Vetere. Il risultato della cognizione dei documenti da parte dell’ufficio sarebbe
stato dunque possibile senza rischio per la genuinità dell’indagine, stante la conservazione degli atti
presso un ufficio pubblico, potendo la procedura di esibizione prevista dall’art.51 comma 2 n.2
essere sostituita dal compimento di ispezioni presso la cancelleria ai sensi dell’art.51 2^comma n.1 e
52 ult.comma DPR n.633/72.La CTR confermava, per contro, la decisione di primo grado quanto
agli acquisti in evasione ed i ricavi in evasione.
3.L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, al quale ha
resistito la curatela della società contribuente con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.Con il primo motivo l’Agenzia prospetta la violazione dell’art.51 dpr n.633/72 e dell’art.5 della
1.n.28199, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.La motivazione della sentenza impugnata non
era i ngrado di scalfire la portata delle disposizioni richiamate a sostegno della censura che
confermavano la crescente rilevanza attribuita dal legislatore alla mancata consegna della
documentazione richiesta dall’Ufficio fiscale. Formula il seguente quesito di diritto:Se costituisce
inottemperanza all’invito di esibizione di cui all’art.51 dpr n.633/72 il diniego addotto dal curatore
giustificato dalla mole dei documenti fiscali depositati nella cancelleria del tribunale fallimentare e
se, quindi, sia legittimo l’accertamento induttivo che ne segua.

dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava parzialmente la sentenza resa dalla CTP

5.Con il secondo motivo l’Agenzia deduce la violazione dell’art.2697 c.c., in relazione all’art.360
comma 1 n.3 c.p.c. La CTR aveva stravolto le regole di riparto sull’onere della prova, addossando
sull’Ufficio la prova circa la detraibilità dell’imposta operata dal contribuente, addossando
ingiustificatamente sull’Ufficio il compimento di un’ispezione acquisitiva presso l’Ufficio
fallimentare. Formula il seguente quesito:Se gravi sull’Ufficio a fronte dell’inottemperanza all’invito
di esibire le fatture richieste giustificata dalla quantità di documenti fiscali depositati dal curatore

attraverso l’ispezione acquisitiva.
6.Con il terzo motivo l’Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente ed illogica motivazione, in
relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c.. La CTR, rispetto al fatto controverso relativo alla notevole
difficoltà che aveva impedito l’esibizione degli atti richiesti, aveva adottato una motivazione
illogica ed insufficiente. Era stato, infatti, omesso di considerare che nell’esperienza comune la
difficoltà di estrazione di copie non ne aveva mai impedito l’acquisizione. Peraltro, era pacifico che
l’onere di provare la legittimità e correttezza della detrazione incombeva sul contribuente; senza
dire che la notevole difficoltà di portare una gran mole di documenti alla quale aveva fatto
riferimento la CTR non era di per sè idonea a giustificare la prova dei fatti controversi se priva della
precisa indicazione delle singole fatture, del loro contenuto specifico.
7.La curatela del fallimento della società contribuente, costituitasi, ha chiesto il rigetto del ricorso
evidenziando, sotto forma di motivi, che il curatore non era destinatario degli obblighi di cui
all’art.51 DPR n.633172; che “nella sostanza” l’invito rivolto dall’Ufficio era da sussumere
nell’ambito della previsione di cui ai numeri 3 e 4 dell’art.51 2^comma sicchè non poteva derivare
alcuna conseguenza diretta ai fini dell’inottemperanza all’invito, a differenza di quanto previsto
dall’art.51 2^comma n.2.
7.1 Aggiungeva, infine, che l’art.16 r.d.n.267142 i documenti contabili del fallimento erano
depositato nella cancelleria del tribunale fallimentare senza possibilità di essere rimossi.Precisava
che rispetto a tali documenti, richiesti in originale dall’Ufficio, il curatore aveva relazionato al
giudice delegato il quale non aveva adottato alcun provvedimento autorizzativo.
8.1 tre motivi esposti dall’Agenzia meritano un esame congiunto.
8.1 Giova rammentare che il comma 2 nn.3 e 4 dell’art.51 dpr n.63312 dispone, rispettivamente, che
gli Uffici possono”… 3) inviare ai soggetti che esercitano imprese, arti e professioni, con
invito a restituirli compilati e firmati, questionari relativi a dati e notizie di carattere
specifico rilevanti ai fini dell’accertamento, anche ne confronti di loro clienti e fornitori; 4)
invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica,

documenti e

fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevute ed a fornire ogni

fallimentare presso il tribunale fallimentare, l’onere di provare l’esistenza di quanto richiesto

informazione relative alle operazioni stesse;

8.2 L’art.25 della 1. 18 febbraio 1999, n. 28 ha poi previsto, al comma 4, che “… All’articolo 51 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e’
aggiunto, in fine, il seguente comma: “Per l’inottemperanza agli inviti di cui al secondo comma,
numeri 3) e 4), si applicano le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo 32 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni”.

all’accertamento induttivo anche … 2) quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente
non ha emesso le fatture per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha conservato ha
rifiuta tu di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione, totalmente o per una parte rilevante, le
fatture emesse”.
8.3 Va ancora ricordato che il comma 2 n.1 dell’art.51 dpr ult.cit. dà all’Ufficio la possibilità di
compiere ispezioni, accessi e verifiche ai sensi dell’art.52 il quale, all’ultimo comma, espressamente
prevede come “… Gli uffici della imposta sul valore aggiunto hanno facolta’ di disporre
l’accesso di propri impiegati muniti di apposita autorizzazione presso le pubbliche
amministrazioni e gli enti indicati al n. 5) dell’art. 51 allo scopo di rilevare direttamente i dati e le
notizie ivi previste e, presso le aziende e istituti di credito e l’Amministrazione postale allo
scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie relativi ai conti la cui copia sia stata richiesta a
norma del numero 7) dello stesso articolo 51 e non trasmessa entro il termine previsto nell’ultimo
comma di tale articolo o allo scopo di rilevare direttamente la completezza o la esattezza dei
dati e notizie, allorché l’ufficio abbia fondati sospetti che le pongano in dubbio, contenuti nella
copia dei conti trasmessa, rispetto a tutti i rapporti intrattenuti dal contribuente con le aziende e
istituti di credito e l’Amministrazione postale.
8.4 Orbene, secondo la Ctr l’Ufficio, per verificare l’esistenza o meno delle fatture passive per le
quali la contribuente aveva esercitato il diritto a detrazione invece disconosciuto in ragione
dell’accertamento induttivo operato dall’amministrazione, avrebbe potuto avvalersi del combinato
disposto di cui agli artt.51 comma 2 n.2 e 52 ult.comma dpr n.633/72, così consultando la
documentazione presso il tribunale fallimentare ove la stessa si trovava senza che tale modalità
potesse pregiudicare la genuinità dell’acquisizione dei documenti tutti conservati all’interno di un
ufficio pubblico.
8.5 Reputa il Collegio che ad onta di quanto ritenuto dalla CTR l’avviso emesso nei confronti della
contribuente per mancata ottemperanza all’obbligo di consegna della documentazione attestante il
diritto a detrazione era stato correttamente emesso, non potendo farsi derivare dalla mancata
consegna della documentazione per essere questa depositata nella cancelleria del tribunale

L’art.55 comma 2 n.2 dello stesso dpr n.633172 aggiunge che l’Ufficio può procedere

fallimentare l’illegittimità dell’avviso emesso nel pieno rispetto della disciplina normativa.
8.6 Ed invero, in materia di IVA il potere di procedere all’accertamento induttivo D.P.R. n. 633 del
1972, ex art. 55, non assume carattere sanzionatorio del comportamento del contribuente, che
costituisce il semplice presupposto fattuale dell’accertamento (v. Cass. n. 24424 del 2008).
8.7 In sostanza, il ricorso a tale forma di accertamento è consentito in tutte le ipotesi previste dalla
citata disposizione, tutte fondate assenza, indisponibilità, mancata esibizione, inattendibilità della
contabilità, che autorizza l’Ufficio ad una forma di accertamento che prescinde, in tutto od in parte,

8.8 Ciò esclude di potere dare rilievo ad ipotesi di forza maggiore o caso fortuito.
8.9 Ed infatti, anche nei casi di fortuito o forza maggiore rimane il nesso di causalità materiale tra la
condotta dell’agente e l’effetto sicché, in assenza di causa di non imputabilità, l’agente stesso
sarebbe responsabile dell’evento.
8.10 Da ciò consegue che la mancata consegna della documentazione da parte del curatore subentrato nel dovere imposto al contribuente- ai sensi dell’art. 55 cit., comma 2, n. 2-costituisce il
presupposto dell’accertamento sul piano fattuale.
8.11 Resta, quindi, indifferente, in quanto non richiesto dalla norma, che la omissione di
conservazione da parte dell’onerato sia conseguenza di una azione dello stesso cosciente e
volontaria, prima ancora che colposa o dolosa, nel senso quindi che l’evento non fosse da lui
evitabile anche con la massima diligenza. Ed infatti, ciò che rileva ai fini della ricorrenza del
requisito è quindi il fatto materiale della mancata consegna, a prescindere dalla sussistenza di una
responsabilità a qualunque titolo dell’obbligato in ordine al verificarsi dell’evento-cfr. argomentando
da Cass.n.20025/2010-.
8.12 D’altra parte, va subito sgombrato il campo dalla prospettata inapplicabilità alla fattispecie
dell’art.51 comma 2 n.2 dpr n.633/72 e dalla rilevanza, dedotta dalla curatela fallimentare
controricorrente, dei commi nn.3 e 4 dello stesso art.51.
8.13 E ciò sia per ragioni in rito, non risultando che tale questione sia stata mai agitata nel corso del
procedimento nel quale, per converso, la curatela stessa ha incentrato le sue difese sulla circostanza
che proprio in forza delle disposizioni di cui agli artt.51 e 52 l’Ufficio avrebbe potuto acquisire i
documenti richiesti, ma anche di merito.
8.14 Non può, infatti, disconoscersi che la curatela del fallimento subentra in tutti gli obblighi che
incombono sul contribuente fallito rispetto alle vicende di natura fiscale, perdendo il soggetto fallito
ogni capacità di compiere atti incidenti sul proprio patrimonio.
8.15 Il curatore, infatti, quale pubblico ufficiale-art.30 1.E – opera sia nell’interesse della massa sia
quale rappresentante (anche processuale) del fallito, essendo legittimato ad impugnare, come è

dalle scritture contabili-cfr.Cass.20025/2010-.

avvenuto nel caso di specie, gli avvisi di accertamento emessi dal fisco incidenti sul patrimonio del
debitore.
8.16 Sul punto, questa Corte ha avuto modo di chiarire che in caso di fallimento, le obbligazioni
tributarie continuano a far capo all’impresa, mentre il Curatore fallimentare è tenuto a tutti gli
adempimenti, compreso quello di fornire informazioni all’Amministrazione Finanziaria.Ragion per
cui correttamente l’Amministrazione indirizza al Curatore una richiesta di dati e chiarimenti
(Cass.n.16793/2002 e Cass.n.15095/2003).

non avrebbe potuto avvalersi degli effetti connessi alla mancata risposta alla richiesta di
acquisizione prevista dall’art.51 comma 2 n.2 dpr cit. e non dai commi n.3 e n.4 dello stesso
articolo, nei quali la richiesta dell’ufficio andava a collocarsi.
8.18 E ciò, ancora una volta, per evidenti profili di novità della questione, mai agitata dalla curatela
nelle fasi pregresse- ciò non risultando dalla sentenza nè da altro elemento contenuto nel ricorso- e
peraltro fondata su elementi fattuali ancora una volta per la prima volta esposti in questa sede e,
dunque, non esaminabili dalla Corte di legittimità.
8.19 Tale assunto appare peraltro giuridicamente erroneo e gravemente carente dal punto di vista
logico.
8.20 In definitiva, la CTR ha errato nel far derivare l’illegittimità dell’accertamento dalla possibilità
dell’Ufficio di compiere eventuali ispezioni o accertamenti presso gli Uffici pubblici.
8.21 D’altra parte, la decisione della CTR ha determinato, parimenti, lo stravolgimento ad opera
della CTR del sistema in tema di onere della prova, essendo pacifica e consolidata la giurisprudenza
di questa Corte circa la spettanza in via esclusiva sul contribuente dell’onere di provare i
presupposti tutti del diritto alla detrazione dell’IVA assolta sulle operazioni passive-cfr., per tutte,
Cass. n. 2362 del 31/01/20138.22 E’ poi evidente che l’errore del giudice di appello sta nell’avere confuso i poteri che la legge
riconosce all’Ufficio nell’attività di accertamento del maggior imponibile fiscale secondo modalità
varie, come declinate dall’art.52 e dal precedente art.51 citt., dall’obbligo incombente sul
contribuente di dimostrare i presupposti giustificativi della detrazione operata, non assolvendo il
quale l’Ufficio ha legittimamente adottato l’accertamento induttivo con le forme già esposte.
8.23 Né, d’altra parte, la curatela fallimentare si è in alcun modo attivata, nel corso del giudizio, per
dimostrare l’esistenza dei presupposti giustificativi della detrazione, deducendo e dimostrando
l’esistenza di un impedimento tale che avrebbe potuto giustificare l’esame, nel corso del giudizio,
della documentazione non potuta produrre nella fase anteriore.
8.24 Ed infatti, la curatela non ha nemmeno documentato di avere prodotto nel corso del giudizio la

8.17 Parimenti inammissibile, in questa sede, è la deduzione difensiva secondo la quale l’Ufficio

AI 5,

J , LiL

richiesta di deposito della documentazione fiscale richiesta dall’ufficio e l’eventuale provvedimento
di diniego da parte del Giudice delegato al fallimento.
8.25 In conclusione, il curatore fallimentare, alla stregua dell’art. 86 Legge fallimentare, nella
versione ratione temporis vigente prima della riforma introdottane nell’anno 2006, avendo la
possibilità di chiedere al giudice delegato l’autorizzazione per disporre delle scritture contabili del
soggetto fallito ed essendo legittimo destinatario passivo delle richieste del fisco, avrebbe dovuto

autorizzazione al giudice delegato e opporre al fisco il diniego o il silenzio dell’AG quale causa a lui
non imputabile. Del che non vi è traccia nella sentenza impugnata, né la curatela ha documentato di
avere svolto tali attività nel corso del giudizio di merito.
8.26 Sulla base di tali argomenti le censure esposte colgono nel segno, avendo la CTR fatto mal
governo delle disposizioni sopra ricordate e, per altro verso, incongruamente motivato la decisione
di dichiarare illegittima la pretesa fiscale.
9. La sentenza va pertanto cassata e la causa può essere decisa nel merito ex art.384 c.p.c. con il
rigetto del ricorso della curatela fallimentare.
10. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dei due gradi di giudizio di merito, mentre le
spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della curatela nella misura liquidata in
dispositivo
P.Q.M.
la Corte
Accoglie il ricorso
Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso della curatela della parte
contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito fra le parti e condanna la curatela controricorrente al
pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in favore dell’Aghzia in
euro 4500,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Così deciso il 3 dicembre 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

avanzare prima al Giudice Delegato e documentare, nel corso del giudizio, l’istanza di

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