Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6676 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6676 Anno 2016
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: MELONI MARINA

SENTENZA
sul ricorso 29769-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
GALANTI MAURO:

– intimato avverso la sentenza n. 151/2009 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 23/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 06/04/2016

udienza del 23/02/2016 dal Consigliere Dott. MARINA
MELONI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che si
riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso

Svolgimento del processo

Il contribuente Galanti Mauro,

ricevuta una

successione unitamente ai coeredi, propose ricorso
davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di
Roma rilevandone l’illegittimità.
Successivamente propose richiesta di definizione
della lite fiscale pendente ai sensi dell’art.16
legge 289/2002. La CTP di Roma accolse il ricorso
ritenendo ammissibile il condono della lite fiscale
pendente ai sensi dell’art.16 legge 289/2002, anche
per gli avvisi di liquidazione.
Su ricorso in appello proposto dall’Ufficio, la
Commissione Tributaria Regionale del Lazio con
sentenza nr.151/20/09 depositata in data 23 ottobre
2009 confermò la sentenza di primo grado. Avverso

cartella di pagamento relativa ad imposta di

la sentenza della Commissione Tributaria Regionale
del Lazio ha proposto ricorso per cassazione
l’Agenzia delle Entrate con tre motivi e Galanti
Mauro non ha spiegato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1

U9′

Con il primo motivo

di

ricorso

l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione e
falsa applicazione dell’art.19 coma 3 D.L.gs
nr. 546 del 31/12/1992 in relazione all’art. 360
coma 1 nr.4 cpp in quanto la CTR ha

oggetto gli avvisi di liquidazione siano
definibili ai sensi dell’art.16 commi l e 3
della legge 289 del 2002.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle
Entrate lamenta violazione del principio ne bis
in idem e dell’art. 295 cpc in relazione
all’art. 360 coma l nr.4 cpp in quanto la CTR
si è pronunciata nonostante che fosse pendente
un distinto procedimento (avente ad oggetto la
stessa causa e stesse parti) per annullamento
del diniego di definizione di lite pendente, a
conclusione del quale la CTR aveva escluso la
definibilità ex art. 16 1.289/2002 delle liti
aventi ad oggetto avvisi di liquidazione.
Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle
Entrate lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art.16 commi l e 3 della legge 289 del 2002
in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 cpp in
quanto la CTR ha erroneamente ritenuto che fosse
ravvisabile una lite pendente nella fattispecie
2

erroneamente ritenuto che le liti aventi ad

in cui era stato

emesso un avviso

di liquidazione dell’imposta sulla base di una
dichiarazione di successione con valori indicati
dallo stesso contribuente.
Il ricorso è infondato in ordine a tutti i

tra loro connessi e deve essere respinto.
Infatti, in tema di definizione agevolata delle
liti pendenti ex art. 16 legge n. 289 del 2002
deve ritenersi ammissibile il condono anche per
gli avvisi di liquidazione purchè atti
impositivi e non atti di mera liquidazione del
tributo cioè senza accertamento, rettifica né
sanzioni.
Secondo Sez. 5, Sentenza n. 20731 del 06/10/2010
“In tema di condono fiscale ciò che rileva ai
fini della qualificazione dell’atto come
impositivo e della conseguente inclusione della

motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto

relativa controversia nell’ambito applicativo
dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002, è la
sua effettiva funzione, a prescindere dalla
qualificazione formale dell’atto stesso.
Pertanto, con specifico riferimento agli avvisi
di liquidazione dell’imposta di registro, la
definizione dell’atto Come “avviso di
3

e’t

liquidazione”

non

vale ad escludere

la sua natura di atto impositivo, quando esso
sia destinato ad esprimere, per la prima volta,
nei confronti del contribuente, una pretesa
fiscale maggiore di quella applicata, essendo

del contribuente sia idonea ad integrare una
controversia effettiva, e non apparente, sui
presupposti e sui contenuti dell’obbligazione
tributaria.
Viceversa

Sez.

5,

Sentenza n.

15856

del

12/07/2006 “In tema di condono fiscale, e con
riferimento alla definizione agevolata delle
pendenze tributarie prevista dall’art. 3 bis del
decreto – legge 23 gennaio 1993, n. 16,
convertito con modificazioni dalla legge 24
marzo 1993, n. 75, costituendo controversia
pendente soltanto quella riguardante
l’accertamento dell’esistenza e dell’entità dei
presupposti dell’imposizione, non à suscettibile
di condono l’impugnazione dell’avviso di
liquidazione che abbia fatto seguito ad un
avviso di accertamento divenuto definitivo, in
quanto tale atto (nella specie, un avviso di
liquidazione relativo ad INVIM decennale),
esaurendosi nella determinazione della somma
4

sufficiente che la sua contestazione da parte

dovuta in base al

precedente avviso,

non integra un nuovo atto impositivo, ma
costituisce

l’atto

conclusivo

di

un

subprocedimento che presuppone l’avvenuta
definizione di ogni questione in ordine alla

esclusivamente per vizi propri, non anche per
questioni attinenti all’accertamento.
Nella fattispecie l’avviso di liquidazione in
esame deve ritenersi privo di valore impositivo
e quindi non suscettibile di condono / alla luce
della sentenza 190/34/07 pronunciata dalla CTR
di Roma, costituente giudicato esterno al quale
occorre uniformarsi, passata in giudicato a
seguito di ricorso proposto da Galanti Mauro e
respinto con sentenza di questa Suprema Corte
nr. 11159 del 10/5/2013.
Per quanto sopra il ricorso deve essere accolto.
La sentenza deve essere cassata senza rinvio e
la causa può essere decisa nel merito ex art.
384 cpc non richiedendo ulteriori accertamenti
in punto di fatto, con rigetto del ricorso
introduttivo.
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le
parti le spese dei gradi del giudizio di merito
5

debenza dell’imposta, e resta quindi sindacabile

e del giudizio di

legittimità,

stante l’evolversi della vicenda processuale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata

introduttivo. Compensa fra le parti le spese dei
gradi del giudizio di merito e di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
V sezione civile il 23/2/2016

e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso

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