Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6674 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 10/03/2021), n.6674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8455-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

UNIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA OLGITANESE, in persona del presidente

legale rappresentante pro tempore, R.F.E., in

proprio e nella qualità di legale rappresentante della predetta,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FILIPPO VERNA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3323/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 17/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della Unione sportiva dilettantistica Olgitanese e R.F., impugnando la sentenza resa dalla CTR Lombardia indicata in epigrafe.

Il giudice di appello, nel rigettare l’impugnazione proposta dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente contro la pretesa concernente la rideterminazione di IVA per l’anno 2007, precisava che l’accertamento doveva ritenersi tardivo per decorso del termine di decadenza, non applicandosi il c.d. raddoppio in ragione del fatto che la rilevanza penale delle condotte era stata accertata dopo che era spirato il termine ordinario quadriennale previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e del D.P.R. n. 633 del 1972. art. 57.

La parte intimata si è costituita con controricorso, depositando altresì memoria.

L’Agenzia deduce con il primo motivo la nullità della sentenza per motivazione apparente e con il secondo motivo la violazione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, e della L. n. 218 del 2015, art. 1.

La CTR avrebbe dovuto riconoscere il raddoppio del termine di decadenza per l’accertamento relativo all’anno di imposta 2007, rilevando la data di trasmissione della denunzia all’autorità giudiziaria.

Il primo motivo di ricorso è infondato, riscontrandosi nella motivazione della sentenza impugnata il c.d. minimo costituzionale alla stregua dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte – cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014 -. Il giudice di appello ha infatti ritenuto che il raddoppio del termine di decadenza non poteva applicarsi in relazione alla circostanza che i fatti di rilevanza penale sarebbero stati accertati in epoca successiva alla scadenza del termine di decadenza. Ciò esclude di potere ritenere che la sentenza sia priva di un corredo motivazionale idoneo a sorreggerne la decisione.

E’ infondato il secondo motivo di ricorso.

Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del solo raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione accertatrice rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato e non rileva nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione (Cass., n. 9974/2015; Cass., n. 20043/2015; Cass., n. 7805, n. 9725, 9727, n. 11181 e n. 27392 del 2016).

Si è ancora aggiunto che, nell’assetto anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo – cfr. Cass., n. 22337/2018 -.

Si è parimenti chiarito che “In tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per l’IRPEF e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio – non oggetto di abrogazione – di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica nè agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 nè agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015″ (Cass. n. 26037/2016, cit.).

Orbene, a tali principi si è uniformato il giudice di appello, allorchè ha ritenuto di dovere escludere il raddoppio dei termini sul presupposto che la rilevanza penale dei fatti oggetto della ripresa fosse emersa in epoca successiva alla scadenza del termine ordinario di decadenza, considerando che l’accertamento in contestazione risaliva all’anno 2007, la parte contribuente ne aveva avuto conoscenza con il pvc elevato il 13 aprile 2015 – come riconosciuto dalla parte ricorrente a pag. 1 del ricorso per cassazione -, ma per il quale la notifica dell’avviso di accertamento era avvenuta il (OMISSIS) e, dunque, in epoca successiva al (OMISSIS), termini entro il quale deve ritenersi operante la disciplina pregressa – cfr. altresì Cass. n. 1291/2020 -.

Sulla base di tali considerazioni, dovendosi condividere quanto precisato dalla controricorrente in memoria, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore della controricorrente in Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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