Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6670 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. III, 23/03/2011, (ud. 24/01/2011, dep. 23/03/2011), n.6670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI ROMA (OMISSIS), in persona del Sindaco On.le A.

G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8,

presso lo studio dell’avvocato BIASIOTTI MOGLIAZZA GIOVANNI

FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PIETRO BONANNI giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO TOR BELLA MONACA (OMISSIS), in persona del Presidente

Arch. M.T., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE

DELLE BELLE ARTI 3, presso lo studio dell’avvocato GAGLIARDI IDA, che

lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5311/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA –

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 6/11/2007, depositata il 17/12/2007,

R.G.N. 7171/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato DANIELA GAMBARDELLA (per delega dell’Avv. GIOVANNI

FRANCESCO BIASIOTTI MOGLIAZZA);

udito l’Avvocato IDA GAGLIARDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Roma propose impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello di Roma avverso la sentenza del Tribunale di Roma, con la quale era stata rigettata la domanda proposta dallo stesso Comune, quale concedente, nei confronti del Consorzio Tor Bella Monaca, quale concessionario, di condanna a manlevare o rimborsare all’amministrazione comunale quanto da corrispondersi o gia’ corrisposto agli attori di altro giudizio per risarcimento danni intentato contro il Comune per i danni provocati dall’esplosione dello scalda acqua di un appartamento locato dal Comune di Roma.

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la statuizione del Tribunale di decadenza e prescrizione dell’azione ai sensi dell’art. 1667 c.c. e di condanna del Comune al pagamento delle spese del giudizio di primo grado in favore del Consorzio, accogliendo parzialmente l’appello soltanto quanto al regime delle spese nei rapporti tra il Consorzio ed i terzi chiamati in causa; ha altresi’ condannato il Comune di Roma al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado in favore del Consorzio Tor Bella Monaca.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma il Comune di Roma propone ricorso per cassazione a mezzo di due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 378 c.p.c. Si difende il Consorzio Tor Bella Monaca con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il presente ricorso per cassazione e’ soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (17 dicembre 2007).

I motivi di ricorso sono inammissibili per difettosa formulazione dei quesiti di diritto.

Con entrambi i motivi si denunciano violazioni dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento rispettivamente alla norma dell’art. 345 c.p.c. ed alle norme degli artt. 1667, 1668 e 2946 c.c. I quesiti di diritto sono formulati nei seguenti termini:

1. “Non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la specificazione della domanda effettuata dalla parte, in appello, basata sui medesimi fatti dedotti in primo grado, essendo rimesso al giudice di merito, anche in appello, il potere-dovere di qualificazione delle richieste delle parti con l’unico limite che resti invariato il bene della vita domandato”;

2. “In tema di appalto la prescrizione biennale di cui all’art. 1667 c.c., comma 3, opera per tutte le azioni di cui all’art. 1668 c.c., ma non per le comuni azioni contrattuali e per l’eventuale connessa azione di risarcimento dei danni”.

Il primo quesito si risolve nell’affermazione di un principio generalmente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ in merito alla proposizione della domanda nuova in appello: esso e’ evidentemente inidoneo a chiarire quale sia l’errore di diritto della sentenza impugnata che il ricorrente lamenta; piu’ in particolare, non vi sono sintetizzate le ragioni per le quali, nel caso concreto, il giudice d’appello non avrebbe dovuto ritenere nuova la domanda come tale, invece, qualificata, poiche’, non solo non e’ sintetizzato quali fossero questa domanda ed i fatti posti a fondamento, ma nemmeno quali fossero le modalita’ per le quali la parte ricorrente riteneva fossero gia’ stati validamente introdotti in primo grado.

Il secondo quesito e’ formulato in termini tali da richiedere a questa Corte la formulazione di un principio astratto del tutto avulso dalla fattispecie concreta, che si tradurrebbe in un’attivita’ meramente interpretativa della norma dell’art. 1667 c.c., comma 3, non certo nell’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poiche’ di tale caso e della questione che esso pone non e’ fornita alcuna valida sintesi logico-giuridica.

Avuto riguardo ai principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 26020 del 30 ottobre 2008, per la quale “Il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico – giuridica della questione, cosi da consentire al giudice di legittimita’ di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che e’ inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneita’ a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie.”) va percio’ dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso.

In applicazione della regola della soccombenza, parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il Comune di Roma al pagamento in favore del Consorzio Tor Bella Monaca delle spese del presente giudizio, che si liquidano complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 24 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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