Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6669 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/03/2017, (ud. 27/04/2016, dep.15/03/2017),  n. 6669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24962-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

T.P. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40, presso

lo studio dell’avvocato STEFANO TORO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIOVANNI CRISOSTOMO delega in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3/2010 della COMM.TRIB.REG della PUGLIA,

depositata il 20/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito per il controricorrente l’Avvocato CRISOSTOMO che si riporta al

contenuto del controricorso e della memoria depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con un motivo, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento dell’avviso di recupero del credito d’imposta per i nuovi investimenti in aree svantaggiate previsto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 per averlo la spa T.P. indebitamente utilizzato in compensazione nel periodo di sospensione, dal 13 novembre 2002 sino al 31 aprile 2003, disposto dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, non convertito, e dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62 che ne aveva fatti salvi gli effetti.

Secondo il giudice d’appello, infatti, per un verso la L. n. 289 del 2002, art. 62 nel far salvi gli effetti già prodottisi in forza del D.L. n. 253 del 2002 non poteva essere interpretato nel senso di far retroagire la sospensione dell’esercizio di un diritto; per altro verso, in base all’art. 3 dello statuto del contribuente le disposizioni tributarie non potevano avere effetto retroattivo ed in ogni caso non potevano prevedere adempimenti a carico del contribuente, la cui scadenza fosse fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore.

La società contribuente resiste con controricorso; in prossimità dell’udienza ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto disattesa l’eccezione, sollevata dalla contribuente, di inammissibilità del ricorso per assoluta indeterminatezza dei motivi, in quanto i termini della censura sono adeguatamente esposte dall’ufficio, come è agevole verificare dall’esposizione del motivo del ricorso che segue.

Con l’unico motivo, denunciando la violazione dell’art. 76 Cost., del D.L. n. 253 del 2002, art. 1, comma 1, lett. a), e della L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 1, l’amministrazione ricorrente sostiene la legittimità della sospensione del credito d’imposta introdotta col decreto legge, anche se apparentemente in contrasto con un principio generale dello statuto del contribuente, trattandosi di norma contenuta in legge ordinaria successiva all’entrata in vigore dello statuto stesso. Nessun adempimento, poi, sarebbe stato disposto a carico del contribuente, essendo stata prevista una mera sospensione della fruibilità dei crediti d’imposta.

Il ricorso è fondato, ove si consideri che questa Corte ha affermato che “la disposizione di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 2, che fissa il termine minimo di sessanta giorni per l’effettuazione degli adempimenti da parte del contribuente, non ha uno specifico fondamento costituzionale, nè il termine da essa stabilito attiene all’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che il rapido susseguirsi di disposizioni aventi forza di legge non rispettose del termine indicato determina il verificarsi di una normale vicenda di successione di leggi nel tempo: nella specie, il credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle arco svantaggiate era stato dapprima attribuito in via automatica dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 poi eliminato dal D.L. 8 luglio 2002, n. 138, art. 10 quindi procedimentalizzato dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1 non convertito, con la fissazione a pena di decadenza del termine del 31 gennaio 2003, successivamente prorogato dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62 fino al 28 febbraio 2003, per comunicare i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, e ciò al fine di prevenire comportamenti elusivi” (Cass. n. 5324 del 2012).

Si è successivamente chiarito, in particolare, che “la sospensione dell’utilizzo del credito di imposta, sancita dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1 e L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 7, non è preclusa dalla L. 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto Statuto del contribuente), le cui disposizioni costituiscono meri criteri guida per il giudice, in sede di applicazione ed interpretazione delle norme tributarie, anche anteriormente vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici, ma non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria (essendone, invero, ammessa la modifica o la deroga, purchè espressa e non ad opera di leggi speciali), con la conseguenza che una previsione legislativa che si ponga in contrasto con esse; senza che ricorrano le dette condizioni, non è suscettibile di disapplicazione, nè può essere di per sè oggetto di questione di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità” (Cass. n. 4815 del 2014).

Il ricorso deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente.

Possono essere compensate fra le parti le spese dell’intero processo, in considerazione dell’epoca di formazione dell’orientamento giurisprudenziale di riferimento.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente.

Dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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