Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6669 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 09/03/2020), n.6669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35168-2018 proposto da:

N.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

PIETRO SORBO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3839/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 23/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO

Fatto

RILEVATO

CHE:

P.N. propone ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo illustrato con memoria nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, indicata in epigrafe, che aveva respinto l’appello contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta n. 8291/2016, con cui erano stati respinti i ricorsi, riuniti, proposti avverso avvisi di accertamento, emessi per IRPEF ed addizionali regionali dovute in relazione agli anni d’imposta 2010-2012, a seguito di rettifica del reddito della società SIPA GAS S.r.L., partecipata dal ricorrente;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con l’unico mezzo ricorso il ricorrente lamenta violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 59), essendo stato il giudizio di merito, in primo e secondo grado, celebrato senza la partecipazione di tutti i soci e della società, litisconsorti necessari;

1.2. la doglianza è infondata dovendo richiamarsi la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. nn. 20507/2017, 6175/2017, 16913/2016, 426/2013), a cui il Collegio ritiene di dare continuità, secondo cui nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento, emesso nei confronti di una società di capitali, avente ad oggetto recupero delle somme da questa riscosse a titolo di ritenuta d’acconto, ma non versate all’erario, i soci non sono litisconsorti necessari, non ricorrendo l’ipotesi dei litisconsorzio necessario (affermato, invece, per le società di persone; Sez. Un., 4 giugno 2008, n. 14815) ed identico ragionamento deve essere fatto in relazione al giudizio di impugnazione promosso dal socio avverso l’atto impositivo, allo stesso notificato, a titolo di maggior reddito derivante dalla presunzione di distribuzione dei maggiori utili accertati a carico della società partecipata;

1.3. nell’ipotesi in esame – redditi da partecipazione società di capitali non sussiste infatti il meccanismo – analogo a quello previsto dal combinato disposto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40, comma 2, e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 – di automatica imputazione dei redditi delle società di persone ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili che, come chiarito dalla richiamata sentenza di questa Corte a S.U. n. 14815/08, costituisce il presupposto del litisconsorzio necessario originario tra la società e tutti i soci, salva l’ipotesi – non ravvisabile nel caso in esame – in cui i soci abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 116 i. -Je, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi (cfr. Cass. n. 24472/2015).

2. conclusivamente il ricorso va integralmente respinto;

3 le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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