Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6668 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. III, 23/03/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 23/03/2011), n.6668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29254/2006 proposto da:

Z.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FARFALLA 2, presso lo studio dell’avvocato FALVO

ROSSANA, rappresentato e difeso dall’avvocato FIORE Carla giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

D.M.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 778/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

Sezione Civile, emessa il 06/04/2005, depositata il 16/09/2005/

R.G.N. 472/2001.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La D.M. citò in giudizio lo Z. per risarcimento del danno che sosteneva di aver subito a seguito di molestie, minacce ed ingiurie telefonicamente pervenutale ad opera del convenuto. La domanda, respinta dal primo giudice, è stata accolta dalla Corte d’appello di L’Aquila, la quale ha ritenuto che: la P.G. aveva proceduto all’intercettazione e registrazione delle telefonate provenienti dall’utenza intestata al convenuto; che non era necessaria la consulenza fonetica per individuare l’autore delle telefonate, posto che lo Z. aveva fatto istanza di applicazione della pena, senza chiedere, nel processo penale, che fosse accertata l’appartenenza della voce registrata sul telefono a lui intestato;

che doveva essere liquidato il solo danno morale e non anche quello biologico.

Propone ricorso per cassazione lo Z. a mezzo di due motivi. Non si difende l’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo censura la violazione dell’art. 445 c.p.p., e sostiene che il patteggiamento in sede penale non può assurgere al rango di piena prova e che, nella specie, non risultano dimostrati i presupposti della domanda.

Il secondo motivo censura la sentenza per vizio della motivazione in ordine alla liquidazione dell’importo risarcitorio.

I motivi sono infondati.

La sentenza s’è correttamente adeguata al consolidato principio in ragione del quale la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. (cosiddetto “patteggiamento”) costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall’efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova dal giudice nell’accertamento dei fatti (tra le varie conformi, cfr. Cass. n. 19505/03).

Quanto alla liquidazione dell’importo risarcitorio, essa è di natura essenzialmente equitativa ed il giudice, nel procedervi, ha tenuto conto di una serie di circostanze delle quali ha dato conto con congrua e logica motivazione (cfr. pagg. 7 e 8 della sentenza).

In conclusione il ricorso deve essere respinto, senza provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in considerazione della mancata difesa della parte intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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