Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6668 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 09/03/2020), n.6668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30210-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

BRACCINI & CARDINI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato GRAZIELLA

FERRARONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 468/9/2018 della COMMISSIONE TRIBTUARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 08/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva accolto l’appello proposto avverso la sentenza n. 1022/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze in rigetto del ricorso proposto dalla società Braccini & Cardini S.r.L. avverso avviso di accertamento relativo a rettifica imposte IRPEF IRAP IVA 2004-2005;

l’Ufficio finanziario ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, all’epoca vigenti”;

la società contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. il ricorso, con cui si lamenta che la CTR abbia ritenuto l’Ufficio decaduto dal potere accertativo in quanto “l’accertamento…(era)… stato effettuato successivamente al decorso del termine quadriennale previsto per legge, per cui il momento in cui si…(era)… verificato il presupposto del raddoppio dei termini di decadenza, stabilito nel caso in cui la violazione abbia natura penale e comporti l’emissione di una comunicazione di notizia di reato ai sensi dell’art. 331 c.p.p., si…(era)… pacificamente consumato a decadenza dell’ufficio avvenuta”, è parzialmente fondato, nei limiti di cui appresso si dirà;

1.2. quanto alla questione del raddoppio dei termini di accertamento ai fini delle Imposte Dirette e dell’Imposta sul Valore Aggiunto, il Collegio rileva che in base al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 24, ad integrazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione;

1.3. come già affermato da questa Corte, “in tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per l’IRPEF e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza”, come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, “senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati” (Cass. n. 16728 del 2016; conf. Cass. n. 26037 del 2016);

1.4. nelle citate pronunce questa Corte ha avuto cura di precisare che “non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza”, applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice;

1.5. tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, nè dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando “nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)” (Cass. n. 16728/16, cit.),

1.6. è estraneo al perimetro del giudizio lo ius superveniens, consistente nelle modifiche introdotte, dapprima, dal D.Lgs. 3 agosto 2015, n. 128, art. 2, commi 1 e 2, che ha limitato il raddoppio dei termini di accertamento per violazioni penali solo ai casi in cui la denuncia è effettivamente presentata e trasmessa all’autorità giudiziaria entro il termine ordinario di decadenza dal potere di accertamento, quindi, dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi da 130 a 132, che hanno, tra le altre disposizioni, eliminato la fattispecie del raddoppio dei termini ordinari;

1.7. la prima modifica, infatti, in virtù dell’apposita norma di salvaguardia prevista dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, non si applica alle violazioni punibili constatate in processi verbali notificati prima del 2 settembre 2015 e seguite dalla notifica di atti impositivi entro il 31 dicembre 2015, quali sono quelle in oggetto, in cui la notifica dell’avviso di accertamento è intervenuta in data 13.3.2013;

1.8. quanto alla seconda modifica, invece, il regime transitorio previsto dalla L. n. 208 del 2015, per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016 – secondo cui il raddoppio dei termini di accertamento, quali stabiliti dal secondo periodo del comma 132, opera, nel caso delle indicate violazioni penali, solo a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall’Amministrazione finanziaria entro il termine stabilito nel primo periodo del comma 132 cit., riguarda solo le fattispecie non regolate dal precedente regime transitorio, cioè i casi in cui non sia stato notificato un atto impositivo (o di irrogazione di sanzioni) entro il 2 settembre 2015, in quanto, ai sensi del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 3, comma 2, sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore di tale decreto (Cass. 16/12/2016, n. 26037; 9/08/2016, n. 16728);

1.9. poste tali premesse, secondo la disciplina applicabile alla fattispecie concreta, il raddoppio dei termini deriva, pertanto, dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p., indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento penale del reato, restando irrilevante, in particolare, che l’azione penale non sia proseguita o sia intervenuta una decisione penale di proscioglimento, di assoluzione o di condanna (Cass. 30/05/2016, n. 11171);

1.10. la Corte Cost. (sentenza n. 247/2011) ha affermato che l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicchè “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’Amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento.”;

1.11. in sintesi, va riaffermato il principio di diritto enunciato più volte da questa Corte di legittimità (cfr. ex multis Cass. 13/09/2018, n. 22337), per il quale, in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 per l’IRPEF e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l’IVA consegue, nell’assetto anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo;

1.12. ne consegue che, ai fini IRPEF ed IVA il motivo di ricorso è fondato, avendo la CTR affermato che la denuncia penale era stata presentata dopo la decadenza degli ordinari termini di accertamento, mentre è infondato per quanto riguarda l’IRAP, alla luce del principio per cui “non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 20435/2017; n. 4775/2016 n. 26311 del 2017, n. 23629 del 2017);

1.13. è inoltre infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla controricorrente sotto il profilo della disparità di trattamento tra contribuenti assoggettati a diversi termini di accertamento e a diverse modalità di raddoppio degli stessi sia perchè concerne disparità di mero fatto, sia in quanto il legislatore gode di ampia discrezionalità nello stabilire i termini di notifica degli atti impositivi;

2. conclusivamente, va accolto il ricorso, limitatamente ad IRPEF ed IVA, e la sentenza cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, per l’esame delle questioni assorbite (tra le quali quella, prospettata dalla contribuente nel controricorso, circa la parziale cessazione del contendere per “rottamazione della cartella riferita alla riscossione frazionata nella misura di due terzi”) ed anche per la regolamentazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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