Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6667 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. III, 23/03/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 23/03/2011), n.6667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1874/2009 proposto da:

C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato TANGARI

SALVATORE, rappresentato e difeso dall’avvocato TANGARI Ernesto

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.E. (OMISSIS), COMUNE SEVESO (OMISSIS), in

persona del Sindaco pro tempore Dott. D.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA QUINTINO SELLA,41, presso lo studio

dell’avvocato MARGHERITA VALENTINI, rappresentati e difesi

dall’avvocato PEPE Fernando giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

CA.EM., CARONNI F.LLI S.N.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1985/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 04/06/2008, R.G.N. 2583/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato ERNESTO TANGARI (per delega dell’Avvocato SALVATORE

TANGARI);

udito l’Avvocato FERNANDO PEPE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso con il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 21-22 gennaio 2002, C.F. conveniva innanzi al Tribunale di Monza R.E., il Comune di Severo, Ca.Em. e la Caronni F.lli s.n.c. di Caronni Antonio e Stefano, chiedendone la condanna in via solidale e alternativa al risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente del quale era rimasto vittima il (OMISSIS).

Esponeva: che, all’interno della discarica comunale; di Seveso, nell’effettuare operazioni di scarico di residui di legname da un camion della ditta gruppo Cr di Seveso, di cui era dipendente, il cassone sul quale si trovava si era mosso improvvisamente, provocando una sua caduta da un’altezza di circa tre metri; che R. E., quale dipendente comunale, lo aveva incaricato di sistemare il legname e che Ca.Em. era il conducente del camion all’atto dell’incidente.

Costituitisi i convenuti (con il Comune di Seveso che aveva provveduto a chiamare in giudizio la Axa Assicurazioni s.p.a., a sua volta costituitasi e con la Caronni fratelli s.n.c. che aveva provveduto a chiamare in giudizio la Milano Assicurazioni e la Maa Assicurazioni, anch’esse poi costituitesi), l’adito Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, con sentenza depositata in data 1.4.2005, rigettava la domanda.

A seguito dell’appello dal C., la Corte d’Appello di Milano, costituitisi gli appellati, con la decisione in esame, in data 4.6.2008, rigettava il gravame; affermava la Corte territoriale che “di fronte al comportamento tenuto da C., pertanto, lo stato della regolamentazione della discarica comunale, in particolare la presenza di parapetti, non appare rilevante, specie considerando che C.F. non era un visitatore occasionale della discarica, ma un addetto ai lavori che conosceva certamente le manovre nelle quali si articolava il lavoro di scarico dei camion di materiale legnoso come quello da lui condotto, e considerando anche i precedenti avvertimenti già ricevuti a non salire sui cassoni. Non c’è dubbio, a giudizio della Corte, che l’onere della prova, in relazione alla condotta colposa dei convenuti, incombesse sull’attore, sotto il profilo di responsabilità fondato sulla pretesa violazione dell’art. 2043 c.c.”.

Ricorre per cassazione il C. con quattro motivi, e relativi quesiti; resistono con unico controricorso il Comune di Seveso e R.E..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c., in sè ed in relazione alle prescrizioni della L.R. 7 luglio 1980, n. 94 ed, in particolare, della L. n. 142 del 1990, art. 14 (normativa di attuazione), avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Si afferma in proposito che “la Corte di merito ha erroneamente escluso, in fattispecie, l’applicabilità dell’art. 2050 c.c., sulla base di una valutazione aprioristica ed apodittica, senza le debite verifiche del caso, omettendo in particolare di considerare lo stato dei luoghi”.

Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c., in sè in relazione all’art. 360 c.p.c, comma 1, n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto “la ritenuta inapplicabilità a priori dell’art. 2050 c.c., ha, d’altro canto, comportato l’omesso accertamento, in fattispecie, della mancata prova del fortuito”.

Con il terzo motivo si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2049 e 2697 c.c., artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, in quanto “la Corte territoriale ha omesso qualsivoglia motivazione sul motivo d’appello col quale si denunciava che il Tribunale di Monza, in violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., non aveva valutato la negligenza del Comune convenuto sotto il dedotto profilo della violazione del principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c.”.

Con il quarto motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c., in sè ed in relazione agli artt. 2697, 2727, 2726 e 2729 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa più punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” in quanto “la responsabilità ex art. 2050 c.c., può essere esclusa solo nel caso in cui l’esercente di attività pericolosa abbia posto in essere tutte le misure idonee ad evitare il danno. Ed invece, la sentenza impugnata ha tratto dal comportamento dell’attore, la presunzione di interruzione del nesso di causalità non solo nei confronti delle misure adottate, ma anche di quelle non adottate dai convenuti resisterti”.

Il ricorso è infondato e non merita accoglimento, in relazione alle suesposte doglianze da trattarsi congiuntamente avendo ad oggetto il medesimo thema decidendum dell’accertamento della responsabilità.

A parte la considerazione che la Corte di merito ha logicamente e sufficientemente motivato in ordine al non accoglimento della domanda risarcitoria dell’odierno ricorrente in quanto non adeguatamente provata riguardo alla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., e non riconoscendo sussistente l’ipotesi di cui all’art. 2050 c.c., con conseguente negazione della inversione dell’onere probatorio di cui a detta ultima norma.

A fronte di ciò, il ricorrente tende, pur deducendo violazione di norme e vizio di motivazione, ad un non consentito riesame delle risultanze di causa su cui la Corte di Milano ha fondato la propria ratio decidendi.

Infatti, la Corte di merito ha ritenuto tra l’altro che “nel caso in esame, infatti, anche ammesso che l’attività in gestione della discarica possa ritenersi quale attività pericolosa, non si può ritenere l’esistenza di una normale consequenzialità tra l’attività esercitata e l’evento, come costantemente ritenuto necessario dalla giurisprudenza del SC, in quanto la presenza dell’attore sul cassone che doveva essere vuotato, da ritenere pacifica, era del tutto estranea al normale svolgimento delle operazioni, e si configurerebbe comunque quale fatto idoneo ad interrompere il nesso causale”.

L’odierno ricorrente ripropone anche in questa sede le medesime censure svolte nella fase di merito avente ad oggetto la prospettazione della responsabilità ex art. 2050 c.c..

In relazione alla natura della controversia sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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