Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6664 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 01/03/2022), n.6664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26561-2018 proposto da:

VIAREGGIO PORTO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO, in

persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE n. 3, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO NICOLA SASSANI, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIO ANDREUCCI;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GLORIOSO,

n. 13, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BUSSA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO GIUSTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 265/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/05/2018 R.G.N. 609/2017; udita la relazione della

causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2021 dal Consigliere

Dott. MARGHERITA MARIA LEONE;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA

MARIO visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis,

convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha

depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. con sentenza n. 265 pubblicata il 15.5.2018 la Corte d’Appello di Firenze, in parziale accoglimento dell’appello di P.A. e in riforma della pronuncia di primo grado, ha accertato la nullità del termine finale apposto al contratto di lavoro oggetto dell’accordo conciliativo concluso il 27.7.2016 con la Viareggio Porto s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo ed ha condannato la società al risarcimento del danno liquidato, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, in dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge;

2. la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha dato atto della conciliazione intervenuta nel giudizio introdotto dal P. nei confronti della società datrice di lavoro, per la declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto relativo al periodo ottobre 2012/settembre 2015 e nell’ambito della quale era stato concordata, tra l’altro, l’assunzione del lavoratore a tempo determinato dal 28.7.2016 al 30.11.2016, con superamento del limite massimo di 36 mesi;

3. ha giudicato nulle le rinunce effettuate dal P. nel citato accordo conciliativo in quanto aventi ad oggetto diritti (in particolare, la conversione del rapporto di lavoro al superamento del limite triennale) non ancora sorti;

4. avverso tale sentenza la Viareggio Porto s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria, cui ha resistito con controricorso P.A.;

5. la causa era trattata all’adunanza della Sesta Sezione civile 3.12.2019; con ordinanza interlocutoria in pari data il Collegio rimetteva la causa all’udienza pubblica, non sussistendo le condizioni per la decisione in Sesta Sezione; la causa era fissata all’odierna udienza;

l’Ufficio della Procura Generale depositava memoria concludendo per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. con il primo motivo di ricorso la Viareggio Porto s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., e del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 19, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

7. ha sostenuto che il tetto massimo di 36 mesi di durata dei contratti a termine non ha carattere assoluto ma è derogabile dall’autonomia individuale del lavoratore espressa nelle sedi protette, come si desume dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 19, comma 3, che consente alle parti di stipulare, dopo il termine triennale, un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi purché presso la Direzione Territoriale del lavoro competente per territorio; ha precisato che tale ipotesi derogatoria dovesse considerarsi integrata nel caso di specie in cui il contratto a termine del 2016 è stato oggetto dell’accordo conciliativo concluso dinanzi al giudice del lavoro quindi in condizioni di ancora maggior tutela;

8. col secondo motivo di ricorso la società ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1965,1976 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; inoltre, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

9. ha affermato come la transazione novativa conclusa tra le parti avesse cancellato la situazione giuridica oggetto della originaria controversia, relativa al rapporto a termine intercorso dal 15.10.2012 al 30.9.2015, con la conseguenza che tale periodo non potesse cumularsi con quello oggetto del successivo contratto a termine del 2016, rinvenendo quest’ultimo rapporto la propria fonte esclusivamente nell’accordo conciliativo;

10. i motivi di ricorso possono trattarsi unitariamente per ragioni di connessione logica;

11. in fatto è pacifico che il P. abbia concluso con la società Viareggio Porto srl un contratto di lavoro a tempo determinato in data 12.10.12, avente durata fino al 12.4.13, poi prorogato fino al 30.9.15 (durata complessiva pari a tre anni meno 12 giorni);

12. con ricorso depositato il 5.12.15 il P. ha agito in giudizio per ottenere la declaratoria di illegittimità del termine apposto ai citati contratti e la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato;

13. nel corso di tale giudizio le parti hanno sottoscritto in data 27.7.16 un verbale di conciliazione (il cui contenuto è riportato a pag. 3 della sentenza d’appello) con cui la società si è dichiarata disponibile ad assumere il predetto a tempo determinato dal 28.7.16 al 30.11.16; le parti hanno concordato che alla data del 30.11.16 il rapporto di lavoro sarebbe stato consensualmente risolto, con rinuncia, sempre concordata, da parte del P. a muovere qualsiasi eccezione sulla base di tale rapporto e ad avanzare pretese di carattere patrimoniale e non patrimoniale nei confronti della società in ragione di detto contratto. In forza di tutto ciò, il P. ha anche dichiarato di rinunciare alla prosecuzione della causa relativa al contratto a termine svolto dal 2012 al 2015 e di non avere null’altro a pretendere dalla società in relazione al primo rapporto di lavoro;

14. il lavoratore ha proposto successivo ricorso in giudizio (12.11.16) con cui ha chiesto la conversione del rapporto a tempo determinato (dal 28.7.16 al 30.11.16) oggetto della conciliazione giudiziale, sul rilievo della nullità della conciliazione;

15. deve ritenersi che, concluso il primo contratto a termine del 2012, prorogato fino al 30.9.15, fossero entrati nel patrimonio del lavoratore i diritti derivanti dalla illegittimità di quel contratto e quindi anche il diritto ad ottenere la conversione in rapporto a tempo determinato quale conseguenza della nullità del termine apposto a quel contratto o della nullità della proroga;

16. questi erano i diritti certamente già entrati nel patrimonio del lavoratore al momento della conciliazione giudiziale e suscettibili di rinuncia;

17. all’atto della conciliazione giudiziale non era invece già entrato nel patrimonio del lavoratore il diritto di far valere l’illegittimità che sarebbe derivata dal superamento, con la conclusione e l’esecuzione del contratto a termine del 2016, del tetto dei 36 mesi;

18. in sede di conciliazione giudiziale la società ha offerto la conclusione di un nuovo contratto a termine che avrebbe pacificamente comportato il superamento del termine di 36 mesi. Da tale contratto, o meglio dalla sua illegittimità per contrasto con il D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 19, derivava il diritto del lavoratore a far valere la nullità del termine, per superamento dei 36 mesi, con conversione del rapporto o risarcimento del danno (tenuto conto della natura della società a esclusivo capitale pubblico). Il lavoratore ha rinunciato a tale diritto non dopo averlo già acquisito ma nell’atto in cui lo acquisiva, o meglio, col proprio atto dispositivo ha impedito il sorgere di quel diritto. Difatti nel verbale di conciliazione il lavoratore ha rinunciato a muovere qualsiasi eccezione sulla base del rapporto costituito in quel momento e ad avanzare qualsiasi pretesa verso la società che avesse fondamento in quel nuovo contratto;

19. l’atto dispositivo del lavoratore non ha determinato il venir meno di un diritto che era già nel suo patrimonio ma ha impedito l’insorgenza di quel diritto; per questa ragione non si è trattato di una rinuncia, che presuppone un diritto già maturato in capo al lavoratore, ma di un atto di regolazione, con cui le parti hanno regolato il loro nuovo rapporto a termine in modo difforme dalla norma imperativa, con conseguente nullità;

20. l’art. 2113 c.c., u.c., consente in sede protetta le rinunce ma non gli atti regolativi in contrasto con norme imperative; in sede conciliativa si può rinunciare a diritti già maturati ma non si possono concordare regolazioni dei rapporti contrarie alle norme imperative; la sede protetta non può essere il luogo in cui si consumano le violazioni, cioè si concordano regolazioni contra legem con rinuncia a farle valere ma si può unicamente rinunciare ai diritti già maturati in conseguenza di violazioni realizzate prima e fuori da quella sede;

21. in questo caso con la conciliazione si è impedito il sorgere di un diritto in capo al lavoratore così realizzando una disciplina del rapporto di lavoro in contrasto con una norma imperativa (si veda a riguardo precedente decisione di questa Corte in tema di rinuncia a diritti non ancora maturati – Cass. n. 3093/1992);

22. né vale obiettare nel nostro caso che nel momento in cui il lavoratore ha aderito alla conciliazione in sede giudiziale aveva già maturato il diritto a far valere l’illegittimità del nuovo contratto a termine e vi poteva consapevolmente rinunciare; egli aveva maturato il diritto a far valere l’illegittimità del primo contratto per le ragioni esposte nell’impugnativa di quel contratto ma non aveva già maturato il diritto di far valere l’illegittimità da superamento dei 36 mesi, diritto che non è mai entrato nel suo patrimonio; con la conciliazione le parti sono arrivate, in sede protetta, ad escludere, illegittimamente, la regolamentazione del rapporto imposta per legge (Cass. 15 febbraio 1988 n. 1622; Cass. 8 luglio 1988, n. 4529; Cass. 13 marzo 1992 n. 3093; anche Cass. 7633/83; Cass. n. 12561/06);

23. deve infine ritenersi la non inferenza nel caso di specie del disposto del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 19, comma 3. La norma prevede che “Fermo quanto disposto al comma 2, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione”.

Per il possibile ulteriore contratto stipulabile tra le stesse parti, in superamento dei 36 mesi, è richiesto dalla disposizione il “rispetto della descritta procedura”. L’osservanza di un preciso procedimento, posto a tutela della eccezionalità dell’ipotesi (la norma lascia ferma, quale ipotesi ordinaria, la massima durata di 36 mesi), rende necessaria la esistenza delle richieste condizioni, la cui prova è a carico della parte che invochi la legittimità dell’ulteriore contratto. Tale prova non è stata allegata ed anzi è chiarito in atti (pg.5 e segg. ricorso) che l’accordo tra le parti è intervenuto in sede giudiziale e che ad esso è seguito il nuovo contratto.

24. le modalità evidenziate non soddisfano il dettato della disposizione che espressamente richiede che l’accordo sia “stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio”; neppure ipotizzabile sarebbe una interpretazione analogica o estensiva della stessa, trattandosi, come detto, di disposizione che si pone in rapporto di eccezione rispetto all’ordinaria durata massima di 36 mesi. Deve invero ritenersi che le norme che adottino un regime differente da quello ordinario, posto a presidio di irrinunciabili tutele del contraente più debole, non possono che essere di stretta interpretazione e, pertanto, insuscettibili di interpretazione analogica, ex art. 14 preleggi, o estensiva, in quanto quest’ultima, benché in astratto non preclusa per le norme derogatorie o eccezionali, deve ritenersi comunque circoscritta alle ipotesi in cui il “plus” di significato, che si intenda attribuire alla norma interpretata, non riduca la portata della norma costituente la regola con l’introduzione di nuove eccezioni (Cass. n. 5647/2018); effetto, quest’ultimo, che invece scaturirebbe nel caso di specie, ove si aggiungesse alla procedura prevista dal richiamato art. 19, anche una differente modalità procedimentale.

Le esposte ragioni rendono pertanto infondato il ricorso.

Le spese seguono il principio di soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Deve darsi atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese Fi processuali liquidate in E.4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’udienza pubblica, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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