Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6663 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. III, 23/03/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 23/03/2011), n.6663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 861-2009 proposto da:

B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avv. BRUSADIN SERGIO in 36061 BASSANO DEL GRAPPA (VI), Via

Marinelli 85, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M. (OMISSIS), P.G. (OMISSIS),

T.P.A. (OMISSIS), T.G.

(OMISSIS), BU.AN. (OMISSIS), T.

F. (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

P.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ARNO 38, presso lo studio dell’avvocato DI MARIA FRANCO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BUCCI RAFFAELE giusta

delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

B.M. (OMISSIS), T.M. (OMISSIS),

T.P.A. (OMISSIS), T.G.

(OMISSIS), BU.AN. (OMISSIS), T.

F. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1510/2007 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

SEZIONE QUARTA CIVILE, emessa il 18/10/2007, depositata il 12/11/2007

R.G.N. 110/2004 e 182/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato SERGIO BRUSADIN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso, invia principale, con

la riunione ad altri procedimenti; rigetto del ricorso principale e

del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata nel luglio 2000 T.P.A., T. M., T.F., T.G. e Bu.An., premesso di comporre un unico nucleo familiare, vissuto fino al 1992 in una casa rurale, in forza di un contratto di locazione, e che detto immobile crollava con conseguente inagibilità per effetto di opere di sbancamento eseguite nel fondo confinante (come accertato da sentenza penale divenuta definitiva del Tribunale di Bassano del Grappa in data 29.9.1994), convenivano innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa P.G. (quale committente e direttore dei lavori) e B.M. (autore dello scavo) per sentirli condannare a risarcimento di danni patrimoniali, morali ed esistenziali subiti.

Costituitisi entrambi convenuti (con il B. che proponeva a sua volta domanda di manleva nei confronti del P.) espletata prova testimoniale e disposta consulenza tecnica d’ufficio, l’adito Tribunale accoglieva la domanda e condannava i convenuti a pagare a T.P.A. la somma di Euro 25.807,41 a favore di ciascuno degli attori la somma di Euro 5.164,57, oltre interessi legali e rivalutazione dal giorno del fatto illecito.

A seguito dell’appello del B. e del P., la Corte dell’Appello di Venezia, con la decisione in esame, depositata in data 12.11.2007, così statuiva: “condanna gli appellanti in solido a pagare a T.P.A. la somma di Euro 18.904,13, nonchè a T.M., F. e G., ed a Bu.An., sulle somme già ad essi liquidate, nella misura del 5% fino al 31.12.1996;

del 3,5% annualmente rivalutate ad oggi dal 9.10.2003, dal tale giorno ad oggi, e quindi dal di odierno (sul capitale così rivalutato) e fino al saldo”.

Affermavano, in particolare, i giudici di secondo grado che “dagli elementi di valutazione offerti in causa non emergono dati di sorta idonei a superare la presunzione posta dall’art. 2055 c.c., u.c., in ordine alla pari efficacia casuale delle condotte di entrambi i soggetti coinvolti, posto che, in difetto di specifiche responsabilità dell’esecutore professionale e materiale delle opere di sbancamento e di escavazione non può certamente ritenersi inferiore a quella di colui che diede impulso alle stesse;, in mancanza di adeguate condizioni di sicurezza”.

Ricorrono per cassazione, in via principale B.M. con tre motivi; resiste con controricorso il P., che, a sua volta, propone ricorso incidentale con tre motivi (i cui ultimi due dal tenore analogo a quelli del ricorso principale).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale:

con il primo motivo di ricorso si deduce difetto di motivazione in ordine alla ritenuta operatività della presunzione ex art. 2055 c.c., u.c., in ordine alla pari efficacia causale delle condotte di entrambi i soggetti coinvolti (e ciò anche in relazione ai dati delle prove testimoniali del dibattimento penale);

con il secondo motivo si deduce erronea liquidazione del danno esistenziale come autonoma voce di danno;

con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione alla liquidazione del danno patrimoniale “per spese di trasporto del tutto sproporzionate”.

Ricorso incidentale:

come primo motivo si deduce violazione degli artt. 1669, 2043 e 2051 c.c., e relativo difetto di motivazione, là dove la sentenza impugnata “sancisce la responsabilità solidale e paritaria del P. e del B. ai fini del risarcimento dei danni provocati dalla rovina della costruzione abitata dal T.A. e dai suoi familiari, sulla scorta del mero ruolo di fatto di direttore dei lavori ricoperto dal P., senza alcun concreto accertamento della sua colpa sotto il profilo civilistico”;

con gli altri due motivi, come detto, si riportano le stesse censure del ricorso principale.

Preliminarmente si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Entrambi non meritano accoglimento.

Quanto al primo motivo del ricorso principale si osserva: a parte la considerazione che la Corte di merito ha logicamente e sufficientemente motivato in ordine alla mancanza di elementi idonei a superare la presunzione posta dall’art. 2055 c.c., u.c., in ordine alla pari efficacia causale delle condotte dei soggetti coinvolti, con tale censura si tende ad un non consentito riesame di risultanze di causa, tra cui dati della consulenza di ufficio e prove testimoniali. Tra l’altro anche l’accertamento sull’esistenza dei presupposti per l’operatività della presunzione in questione si configura come quaestio facti nella presente sede di legittimità (sul punto, Cass. n. 17778/2004).

Pertanto tale censura è inammissibile.

Anche il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile perchè, pur deducendo violazione di norme, tende anch’esso a riesaminare i profili di merito in ordine all’accertamento delle responsabilità in questione ed alla relativa solidarietà.

Infondati sono poi gli ultimi due motivi del ricorso principale e incidentale: il danno esistenziale, nella fase di merito, è stato correttamente esaminato e valutato, ritenendolo incluso (sulla base anche della più recente giurisprudenza di questa Corte) nel complessivo quantum liquidato a titolo di danno non patrimoniale;

il danno patrimoniale, stante la sufficiente motivazione in proposito, non può essere oggetto anch’esso di ulteriore accertamento in sede di legittimità.

In relazione alla reciproca soccombenza, sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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