Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6661 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 12/10/2016, dep.15/03/2017),  n. 6661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14695-2014 proposto da:

C.A., C.O., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14 SC. A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE

PAFUNDI, che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

all’avvocato ALFREDO FERRARI giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.S. TITOLARE DELLA IMPRESA EDILE M.S. Ditta

individuale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO

32, presso lo studio dell’avvocato MATTEO MUNGARI, rappresentato e

difeso dall’avvocato STEFANO FRIZZI giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 330/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENT,

emessa il 26/11/2013 e depositata il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ACIERNO MARIA;

udito l’Avvocato Gabriele Pafundi che si riporta ai motivi del

ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

In ordine al procedimento recante il numero di R.G. 14695 del 2014 è stata depositata la seguente relazione:

“La Corte d’Appello di Trento ha rigettato l’impugnazione avverso lodo arbitrale proposta da A. ed C.O. nei confronti di M.S. sulla base delle seguenti affermazioni:

Il procedimento arbitrale era stato attivato da M., appaltatore di opere di ristrutturazione di un immobile dei C. per non essere stato pagato di un residuo credito dovuto a lavori già eseguiti, opere extracontratto e all’acquisto di materiali.

Il collegio arbitrale determinava in oltre 274 mila Euro l’importo dei lavori contrattuali ed extracontrattuali eseguiti da ridurre di poco più di 3000 Euro per difetti riscontrati.

L’impugnazione dei committenti aveva ad oggetto la violazione del principio di ordine pubblico desumibile dall’art. 1372 c.c., con riferimento al criterio di determinazione del corrispettivo, stabilito dalle legge a corpo e non a misura come invece ritenuto dal Collegio arbitrale al fine di quantificare l’importo complessivo dei lavori. Inoltre la medesima censura veniva svolta con riferimento al D.Lgs n. 206 del 2005, art. 33, per non essere stata rispettata la regola inderogabile secondo la quale il prezzo deve essere stabilito al momento della stipula del contratto e non in sede di esecuzione. La Corte d’Appello disattende entrambe le censure rilevando, preliminarmente, che l’arbitrato aveva natura rituale e che la clausola compromissoria non conteneva alcuna riserva circa l’impugnazione per violazione di regole di diritto.

Nel merito osserva che le norme di cui si denuncia la violazione non sono di ordine pubblico e che la prospettazione attiene più ad apprezzamenti di fatto ed a contestare l’interpretazione del complessivo testo negoziale relativo al contratto d’appalto al fine di escludere l’applicabilità del criterio a misura.

Ma l’interpretazione dell’accordo è rimessa alla esclusiva competenza degli arbitri che può essere oggetto di denuncia per violazione di norme di diritto solo nella espressa ipotesi di clausola di salvaguardia, invece mancante. La ragione del rigetto vale per entrambe le censure.

Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazioni A. ed C.O. affidandosi a tre motivi. Ha resistito con controricorso il M..

Nel primo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 1362 c.c., per non avere la Corte d’Appello riconosciuto che gli arbitri non si sono limitati ad interpretare il contratto ma ne hanno modificato il contenuto sconfessando l’espressa previsione della determinazione del corrispettivo a corpo.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. n, per non avere la Corte d’Appello rilevato che la determinazione del prezzo doveva rimanere quella fissata nel contratto e non modificata in sede di esecuzione come ha fatto il Collegio arbitrale.

Nel terzo motivo la medesima censura viene prospettata sotto il profilo della violazione di un principio di ordine pubblico quale quello dell’illegittimità della modifica del criterio di determinazione del corrispettivo successivamente alla conclusione del contratto.

Le tre censure possono essere trattate unitariamente perchè logicamente connesse. Se ne propone l’inammissibilità per non essere stata impugnata la specifica ratio decidendi, comune ai due motivi di impugnazione secondo la quale l’oggetto effettivo e sostanziale delle censure svolte riguarda gli apprezzamenti di fatto svolti dagli arbitri al fine di pervenire all’operazione ermeneutica contestata (cfr. prime cinque ed ultime quattro righe di pag. 7 della sentenza impugnata).

Ugualmente non oggetto di specifica contestazione è la mancanza di una clausola di salvaguardia in ordine alla violazione di regole di diritto, con conseguente inammissibilità dei profili di censura relativa alla violazione delle regole legali ermeneutiche o del D.Lgs. n. 205 del 2006, art. 33.

Manifestamente infondata appare infine la dedotta violazione dell’ordine pubblico riferita a norme codicistiche e di leggi speciali non qualificabili come principi generali dell’ordinamento.

In conclusione si propone la reiezione del ricorso”.

Il Collegio condivide senza rilievi la relazione osservando in ordine alla memoria di parte ricorrente che è meramente riproduttiva dei motivi di ricorso, risultando del tutto assente una specifica contestazione alla proposta di decisione. Ne consegue il rigetto del ricorso Deve essere applicato il principio della soccombenza in ordine, alle spese di lite.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio liquidati in Euro 6000 per compensi ed Euro 100 per esborsi oltre accessori di legge.

Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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