Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6661 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2022, (ud. 21/09/2021, dep. 01/03/2022), n.6661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16180-2018 proposto da:

M.O. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SAN TEODORO 28,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE ITALIA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente principale –

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA

195, presso lo studio degli avvocati SERGIO VACIRCA e MARA

PARPAGLIONI che lo rappresentano e difendono unitamente agli

avvocati MIRCO TROISI, FLAVIANO DE TINA;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

M.O. S.R.L.;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza non definitiva n. 405/2016 della CORTE D’APPELLO

di ANCONA, depositata il 12/12/2016 R.G.N. 343/2015;

– avverso la sentenza definitiva n. 47/2017 della CORTE D’APPELLO di

ANCONA, depositata il 21/02/2017 R.G.N. 343/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/09/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La M.O. s.r.l. propose opposizione al precetto con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di Euro 303.213,48 deducendone la nullità sotto vari profili:

1.1.in primo luogo il credito non era liquido ed esigibile atteso che la sentenza del Pretore di Pordenone n. 118 del 14 dicembre 1998, in base alla quale era stata iniziata l’esecuzione forzata, non conteneva elementi idonei a consentire la quantificazione delle somme dovute.

1.2. Inoltre il B., pur invitato con lettera del 28.3.1994 a riprendere il lavoro, il 4 aprile 1994 aveva manifestato la propria indisponibilità.

1.3. Inoltre, la prestazione era divenuta impossibile dal 30 giugno 1995 quando era definitivamente cessato l’appalto in essere con Poste Italiane dal 1988 per i servizi di trasporto e scambio degli effetti postali oltre che di recapito di pacchi e svuotamento delle cassette di impostazione a (OMISSIS) ed erano stati licenziati tutti i dipendenti della sede secondaria.

1.4. Deduceva l’intervenuta prescrizione degli accessori del credito e comunque la mancata detrazione dell’aliunde perceptum. Si doleva infine del carattere speculativo dell’azione che portava in esecuzione il giudicato a distanza di nove anni e mezzo ed in prossimità della prescrizione delle somme stesse.

2. Il Tribunale di Macerata, in parziale accoglimento del ricorso ed in esito ad una consulenza contabile, accertava che la somma dovuta era quella minore di Euro 132.401,00 con interessi legali e rivalutazione monetaria.

3. La Corte di appello di Ancona, investita del gravame in via principale da parte della società ed in via incidentale da parte del B., con sentenza non definitiva, ha accolto in parte il ricorso principale e rigettato quello incidentale, ed ha accertato che per effetto dell’espresso rifiuto del lavoratore di riprendere servizio a seguito dell’invito formulatogli con lettera del 28 marzo 1994, il rapporto si era definitivamente risolto a quella data. Ha evidenziato inoltre che la condanna generica, contenuta nella sentenza che aveva pronunciato sul licenziamento, per il periodo ad essa successivo era suscettibile di essere influenzata da fatti sopravvenuti quali appunto il rifiuto di riprendere servizio manifestato dal lavoratore con la lettera del 4 aprile 1994. In particolare, ha rammentato che nei rapporti di durata il giudicato vale rebus sic stantibus e che la statuizione di condanna generica, che si proietta nel futuro, può essere modificata sulla base di fatti sopravvenuti alla sua formazione. Tuttavia, nel caso in esame il rifiuto di riprendere servizio non era stato denunciato nel corso del giudizio di licenziamento e dunque ha ritenuto che non se ne potesse tenere conto fino alla lettura del dispositivo di quella sentenza del 14 dicembre 1998. Quanto all’appello incidentale del lavoratore – avente ad oggetto la detrazione dell’aliunde perceptum disposta dalla sentenza di primo grado nonostante la tardività dell’eccezione e comunque affetta da vizio di ultra petizione atteso che non era mai stata chiesta la detrazione per il periodo dal licenziamento alla lettura del dispositivo che ne dichiarava l’inefficacia – la Corte territoriale ne ha ritenuto l’infondatezza “in quanto travolti ed assorbiti dall’accoglimento parziale dell’appello principale” ed ha poi rimesso la quantificazione delle somme dovute alla sentenza definitiva.

3.1. Con la sentenza definitiva, quindi, ha determinato in Euro 56.560,26 per retribuzioni dal licenziamento alla data di risoluzione del rapporto il 14 dicembre 1998 oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria che alla data del 28 febbraio 2008 ammontavano rispettivamente ad Euro 24.440,13 ed Euro 38.437,95 per un totale di Euro 124.323,64.

4. Per la cassazione delle sentenze ha proposto ricorso la M.O. s.r.l. affidato a tre motivi. B.F. ha resistito con controricorso ed ha proposto contestuale ricorso incidentale. La società a sua volta ha resistito all’incidentale con controricorso.

La ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Il ricorso principale:

5.1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la contraddittorietà tra la sentenza non definitiva e la successiva sentenza definitiva. Deduce la ricorrente che in violazione dell’art. 2909 c.c., la sentenza di appello nel decidere la questione relativa alla riduzione del risarcimento con riguardo all’aliunde perceptum ha negato la detrazione sebbene avesse rigettato il ricorso incidentale del B. che aveva chiesto proprio la riforma della sentenza di primo grado sul punto.

5.2. Con il secondo motivo del ricorso della società è denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice di appello omesso di pronunciare sull’eccezione intesa ad ottenere la declaratoria di inammissibilità dei primi due motivi di appello incidentale vertenti sull’aliunde perceptum in relazione ai quali era stato eccepito il mancato rispetto dei requisiti prescritti dall’art. 432 c.p.c..

5.3. Il terzo motivo ha ad oggetto la violazione dell’art. 2909 c.c., e si evidenzia che non si poteva essere formato alcun giudicato sulla sentenza resa tra le parti dal giudice di primo grado del giudizio che aveva deciso sul licenziamento e sempre con riguardo alla detraibilità dell’aliunde perceptum atteso che in quel giudizio non si era proceduto alla quantificazione del credito.

6. Il ricorso incidentale.

6.1. Con il ricorso incidentale, in via subordinata e per il caso dell’accoglimento del ricorso principale si insiste nella tardività della domanda di detrazione dell’aliunde perceptum con violazione da parte della sentenza non definitiva dell’art. 116 c.p.c., ed in relazione all’art. 112 c.p.c.. Inoltre, ed in via principale, si deduce che la sentenza definitiva, in violazione dell’art. 429 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avrebbe erroneamente calcolatole retribuzioni da erogare al lavoratore al netto delle ritenute invece che, come specificatamente chiesto, al lordo delle stesse con conseguente calcolo degli interessi e della rivalutazione monetaria sul lordo invece che sul netto.

7. Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale devono essere trattati congiuntamente e, fondati, devono essere accolti restandone assorbiti gli altri motivi del ricorso principale.

7.1. Con la sentenza non definitiva, oltre ad essere stata accertata l’avvenuta cessazione del rapporto alla data del 14.12.1998 (rapporto inizialmente di fatto cessato il 22.7.1993 per effetto del licenziamento orale del quale era stata accertata la nullità) è stato rigettato l’appello incidentale con il quale ci si doleva della avvenuta detrazione delle somme altrimenti percepite in relazione all’intero arco temporale.

Dalla lettura della sentenza si evince che la Corte di merito ha inteso limitare la detraibilità dell’aliunde perceptum per il periodo di tempo trascorso tra il licenziamento oralmente intimato e la sentenza che ne ha accertato la nullità. In quel giudizio si accertò infatti che per il periodo successivo nulla spettava in quanto comunque il rapporto di lavoro si era risolto. Ne consegue che già in quella sede avrebbe dovuto essere posta la questione della detraibilità, dal risarcimento del danno liquidato, di somme altrimenti percepite dal lavoratore.

7.2. Orbene il giudice di appello nella sentenza qui impugnata, ritiene travolto e assorbito dall’accoglimento del ricorso principale il ricorso l’incidentale del lavoratore e tuttavia tale affermazione si pone in contrasto con il dispositivo della sentenza che, invece, è di rigetto.

Si tratta di contrasto tra dispositivo e motivazione che non è superabile attraverso una operazione ermeneutica che ne chiarisca il contenuto e si riverbera dunque in una nullità della decisione.

7.3. Va peraltro rammentato che se nei giudizi di impugnativa di un licenziamento, il cosiddetto ” aliunde perceptum” non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ed e’, pertanto, rilevabile d’ufficio dal giudice se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo, anche se per iniziativa del lavoratore, tuttavia è proprio quella la sede in cui deve essere allegata l’esistenza di fatti che possano determinare la detrazione di somme. Una condanna, seppure generica, al pagamento delle retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegra (o come nella specie all’accertata sua impossibilità per volontà del lavoratore) se coperta da giudicato fissa i criteri di liquidazione del danno che non possono essere mutati per quell’arco temporale che, nel caso, coincide con il tempo del processo sul licenziamento.

7.4. Per tale aspetto pertanto la sentenza, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del primo motivo del ricorso incidentale, deve essere cassata con rinvio alla Corte di merito che, alla luce degli enunciati principi verificherà se in concreto nella specie la questione della detraibilità di compensi altrimenti percepiti era stata effettivamente e ritualmente sottoposta all’attenzione del giudice sin dal primo dei giudizi tra le parti (quello sul licenziamento) e se dunque era ancora liquida e coltivabile. Restano evidentemente assorbite le altre censure formulate dalla società nel suo ricorso principale.

8. Va poi accolto il secondo motivo dell’incidentale con il quale il lavoratore chiede che sia cassata la sentenza definitiva nella parte in cui non tiene conto che le retribuzioni in base alle quali calcolare le somme dovute sono al lordo delle ritenute fiscali con conseguente spettanza dell’ulteriore importo di Euro 17.636,50 per il periodo dal 1.8.1993 al 14.12.1998 e che anche la rivalutazione monetaria e gli interessi legali devono essere calcolati sul lordo.

Costituisce principio ripetutamente affermato e dal quale non vi è ragione di discostarsi, quello secondo cui la sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni maturate dal licenziamento ritenuto illegittimo (nello specifico nullo) deve avere riguardo, per la determinazione delle mensilità dovute, alla retribuzione annua lorda (cfr. Cass. 18/08/2000 n. 10942,21/02/2001 n. 2544, 26/07/2002 n. 11121, 01/12/2016 n. 1842).

Anche per tale aspetto la sentenza deve essere cassata ed il giudice del rinvio nel calcolare le somme cui dovrà condannare il datore di lavoro le dovrà liquidare al lordo e non al netto delle ritenute fiscali e previdenziali.

Al giudice del rinvio è demandata inoltre la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale assorbiti gli altri ed il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale.

Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Bologna che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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