Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6660 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. III, 23/03/2011, (ud. 04/11/2010, dep. 23/03/2011), n.6660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25468-2006 proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI, (OMISSIS), in persona del

Presidente p.t. della Giunta Provinciale di Napoli, Dr. D.P.

R., elettivamente domiciliata in ROMA, PLE CLODIO 22, presso

lo studio dell’avvocato MILETO BRUNELLO, rappresentata e difesa dagli

avvocati DI FALCO ALDO, COSMAI PAOLA giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BOSCOREALE, (OMISSIS), in persona dei Commissari

Straordinari dott.ri S.V., C.A. e G.

F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17,

presso lo studio dell’avvocato BARUCCO FERDINANDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CIANCIO MARIO giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

ACQUEDOTTO VESUVIANO SPA, B.A., B.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 139/2006 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA,

emessa il 31/01/2006, depositata il 31/01/2006; R.G.N. 146/2004.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/11/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo che ha concluso per l’inammissibilità, rigetto.

Fatto

IN FATTO

A. e B.M., nel convenire in giudizio dinanzi al giudice di pace di Torre Annunziata la Provincia di Napoli, ne chiesero la condanna, il primo, al risarcimento dei danni riportati dalla propria autovettura, il secondo, di quelli da lesioni personali subite in conseguenza di un incidente verificatosi in (OMISSIS), lamentando entrambi la responsabilità dell’ente convenuto per cattiva manutenzione di una strada (e specificando di essere sprofondati, con la propria autovettura, in un chiusino stradale di proprietà dell’acquedotto vesuviano, che cedeva sotto il peso del veicolo).

Il giudice di primo grado accolse la domanda, condannando in solido la Provincia e l’acquedotto vesuviano (evocato in giudizio assieme al comune di Boscoreale) all’invocato risarcimento.

La sentenza venne impugnata dall’Amministrazione provinciale partenopea dinanzi al tribunale di Torre Annunziata, che ne rigettò il gravame.

L’appellante ha impugnato la sentenza del tribunale con ricorso per cassazione sorretto da 9 motivi.

Resiste con controricorso il comune di Boscoreale, che presenta a sua volta ricorso incidentale (implicitamente) condizionato.

Le parti hanno entrambe depositato memorie.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia una pretesa erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – Difetto di legittimazione attiva.

Il motivo – che lamenta una asserita insufficienza probatoria in ordine alla titolarità del veicolo danneggiato in capo ad B. A. ed alla prova del danno, non rilevate dal tribunale – è privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha rilevato che agli atti del giudizio di primo grado vi fossero – diversamente da quanto ancor oggi incomprensibilmente sostenuto dalla ricorrente – sia il certificato di proprietà del veicolo, sia le fatture, in numero di due, relative ai danni da questo subiti.

Con i motivi dal 2^ al 6^, si denuncia, a vario titolo, la censurabilità della sentenza del tribunale per omessa rilevazione del difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione provinciale.

I motivi sono, nel loro complesso, in parte inammissibili, in parte del tutto infondati.

Inammissibili nella parte in cui, lamentando un vizio di omessa pronuncia da parte del giudice territoriale, omettono a loro volta del tutto i pur necessari riferimenti (in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso) agli atti del procedimento mediante i quali le doglianze oggi rappresentate dinanzi a questa corte di legittimità sarebbero state tempestivamente sollevate e illegittimamente pretermesse – e ciò è a dirsi, in particolare, con riguardo alle vicende proprietarie del tombino, al contratto di appalto stipulato dal comune di Boscoreale con l’Acquedotto vesuviano avente ad oggetto la manutenzione della rete idrico-fognaria, alla pretesa irrilevanza causale della situazione proprietaria della strada (di cui al motivo 4).

Infondati, nella parte in cui, reiterando doglianze già esaminate dal tribunale, si infrangono sul corretto e condivisibile decisum del giudice di merito nella parte in cui si è sancito – attraverso un iter motivazionale scevro da vizi logico-giuridici – che, pur corretta in diritto la tesi dell’appellante oggi ricorrente in ordine alla proprietà della strada in capo al Comune, oggetto della vicenda aquiliana non era nè poteva essere la disputa e l’accertamento in ordine all’appartenenza secundum ius della strada stessa, bensì la responsabilità da omessa manutenzione, onde la legittimazione passiva della Provincia (e l’impredicabilità di quella, speculare, del comune) derivava, nella specie, dalla mancata consegna della strada dall’uri ente territoriale all’altro, come risultante – si legge ancora in motivazione – “dalla mancata redazione del relativo verbale richiesto a tal fine dall’art. 4 reg. esec. C.d.S. all’epoca dei fatti vigente”.

La motivazione si sottrae, in punto di fatto non meno che in diritto, ad ogni censura da parte di questa corte, attesi i noti limiti del giudizio di legittimità nel riesame della fattispecie.

Con il settimo motivo, si denuncia la erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c.. Inammissibilità e infondatezza della domanda.

Il motivo non ha giuridico fondamento, destinato come appare ad infrangersi sulla corretta ed esauriente motivazione che, in punto di fatto (e perciò solo non riesaminabile in questa sede), il giudice dell’appello ha fornito in ordine alla sufficienza degli elementi probatori addotti a fondamento della domanda risarcitoria, con particolare riguardo alla deposizione testimoniale e alla documentazione prodotta, sotto il profilo dell’accertata imprevedibilità e invisibilità (rilevante all’epoca dei fatti, giusta la allora dominante giurisprudenza in tema di responsabilità da custodia) dell’ostacolo generatore del danno.

Con l’ottavo motivo, si denuncia erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – Inammissibilità e infondatezza della domanda per non imputabilità del fatto al fatto umano di alcuno.

La doglianza – che si articola, nella sua parte espositivo/deduttiva, in complessive 5 righe – è del tutto inammissibile, mancando del tutto la esposizione, rappresentazione, giustificazione e ritenuta efficienza causale esclusiva del soltanto declamato fortuito esimente.

Con il nono motivo, infine, si denuncia, da parte della provincia ricorrente e dello stesso comune resistente – ma del tutto inammissibilmente, attesa la patente mancanza di autosufficienza della doglianza, una pretesa violazione della competenza per valore del giudice di pace investito della controversia in prime cure per avere ecceduto, nel pronunciare condanna, i limiti della competenza de qua. Nè la ricorrente nè il resistente, difatti, riportano, in seno agli odierni atti difensivi, sia pur soltanto in parte qua, il contenuto dell’atto del giudizio di merito in cui l’eccezione sarebbe stata sollevata e illegittimamente pretermessa.

Il ricorso è pertanto rigettato, in tale rigetto dovendosi ritenere assorbito il ricorso incidentale.

La disciplina delle spese segue, giusta il principio della soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 1200 per ciascuno dei controricorrenti, di cui Euro 200 per spese generali.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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