Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 666 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 666 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 24873-2007 proposto da:
AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E FINANZE, in persona
del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
2013

e difende ope legis;
– ricorrenti –

3417

nonchè contro

CANEVALI FABRIZIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 42/2006 della COMMISSIONE

Data pubblicazione: 15/01/2014

TRIBUTARIA di II GRADO di TRENTO, depositata il
25/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/12/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;

chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE, che ha concluso per
il rigetto del primo motivo del ricorso; accoglimento
del secondo motivo; assorbito il terzo motivo del
ricorso.

udito per il ricorrente, l’Avvocato GUIDA, che ha

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.L’Ufficio di Trento dell’Agenzia delle Entrate notificava a Canevali Fabrizio cinque avvisi di
accertamento relativi alla ripresa a tassazione per l’anno 1997 e per il periodo 1.1-9.2.1998 di IVA,
IRPEF e ILOR sul presupposto che il contribuente aveva proseguito l’attività imprenditoriale della
madre Berlanda Scorza Canevali all’atto della di lei morte, avvenuta il 26.3.1997 e fino all’8.2.1998,
allorchè era stata costituita la Fabi Gioielli s.a.s. di Canevali Fabrizio della quale il predetto era
socio accomandatario.

venivano, previa riunione, accolti con sentenza impugnata dall’Ufficio innanzi alla Commissione
tributaria di II grado di Trento la quale, con sentenza n.42106, confermava la sentenza impugnata.
3.Secondo il giudice di appello, rispetto al nodo centrale della controversia, rappresentato
dall’effettivo esercizio da parte del Canevali dell’attività imprenditoriale in epoca successiva al
decesso della madre nel periodo compreso fra il 26.3.1997 e 1’8.2.1998 -epoca della costituzione
della Fabi gioielli di Canevali Fabrizio s.a.s. che era pacificamente subentrata in tale attività dalla
sua costituzione- assumeva rilievo il fatto che dalla certificazione camerale risultava come la società
Fabi di Canevali Fabrizio aveva iniziato l’attività il 25.1.1999. Nessuna indicazione era stata fornita
sul fatto che l’attività imprenditoriale della Berlanda, cessata il 26.3.1997, nel detto lasso di tempo,
fosse stata svolta dalla ditta Fabi di Canevali & C.
3.Anzi, dallo stesso p.v. della Guardia di Finanza del 29.6.1999 era emerso che dal decesso della
Berlanda Scorza l’attività era stata proseguita dal di lei erede universale Canevali Luciano. Tale
circostanza risultava, del resto, dalla anomala tenuta delle scritture contabili e dalla loro successiva
regolarizzazione con autenticazione notarile.
4. Secondo la Commissione di II grado l’Ufficio non era stato in grado di fornire alcuna
documentazione idonea a comprovare l’esercizio di attività commerciale da parte della ditta
riconducibile al Canevali Fabrizio se non rifacendosi alle certificazioni dell’anagrafe tributaria che
erano prive di riferimento a certificazioni camerali o ad altri atti pubblici. La tesi dell’ufficio era
quindi fondata su una mera supposizione che, anche se non inveritiera aprioristicamente, non
poteva acquisire valenza probatoria a pena di apparire azzardata, anche considerando il contesto
lacunoso ed oscuro in cui la vicenda si muoveva.Sicchè l’esame condotto in tale ottica dai giudici di
primo grado appariva corretto e condivisibile, non potendosi prestare adesione alla tesi contraria.
5. Aggiunge, quanto alle sanzioni, che le relative questioni erano già state discusse in altro
procedimento passato in giudicato e che non potevano formare oggetto di valutazione nel giudizio.
6.L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, al quale il
contribuente non ha fatto seguire il deposito di difese scritte.

2. I ricorsi proposti dal contribuente innanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Trento

MOTIVI DELLA DECISIONE

7. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto il vizio di omessa, insufficiente motivazione
su fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che
il giudice di secondo grado aveva omesso di considerare il fatto decisivo rappresentato dalla prova
che nel periodo intermedio fra la morte dell’originaria titolare ed il subentro della società Fabi
Gioielli s.a.s. di Canevali Fabrizio l’Ufficio aveva documentato, mediante certificazione
dell’anagrafe tributaria, che l’attività era confluita nella Fabi s.a.s. di Canevali Fabrizio e C.,

liquidità riferibili a detta attività. Sul punto il giudice di appello era stato silente, dando luogo ad
evidenti carenze motivazionali.
8. Con il secondo motivo l’Agenzia lamenta la nullità della sentenza per omissione di pronunzia in
relazione agli artt.112 c.p.c. e 360 comma 1 n.4 c.p.c. Benchè, infatti, la stessa avesse dedotto, fin
dal primo grado, che sulla legittimità delle sanzioni applicate in relazione ai periodi in contestazione
si era già espresso in altro procedimento la Commissione tributaria di primo grado di Trento con
sentenza n.148/1/03 passata in giudicato, la Commissione di II grado aveva confermato
integralmente il contenuto della sentenza impugnata, da interpretare alla luce del dispositivo di
conferma integrale della sentenza di primo grado ed in tal modo incorrendo nella stessa omissione
di pronunzia del giudice di primo grado. Formulava quindi il seguente quesito di diritto:dica codesta
Corte se sia affetta da nullità per violazione dell’art.112 c.p.c. la sentenza di appello che, avendo
l’appellante denunciato la mancata pronuncia in primo grado di una specifica eccezione(nel caso
concreto, di giudicato esterno) non disattenda tale motivo di gravame e tuttavia confermi la
sentenza appellata.
9. Con il terzo motivo l’Agenzia ha dedotto, in via subordinata rispetto al secondo motivo, il vizio
di contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione
all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Il giudice di appello aveva, infatti, da un lato ritenuto la correttezza
della doglianza in ordine all’esistenza di un giudicato rispetto alle sanzioni applicate al contribuente,
tuttavia confermando nel dispositivo la sentenza impugnata che aveva omesso di esaminare
l’eccezione di giudicato.
10. Il primo motivo di ricorso è infondato.
10.1 Va ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla quale il collegio intende dare
continuità, -Cass.n.14972/2006-conf.Cass. n. 18644/2011- la valutazione delle prove, e con essa il
controllo sulla loro attendibilità e concludenza, e la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle
ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, sono rimesse al giudice del merito e
sono sindacabili in cassazione solo sotto il profilo della adeguata e congrua motivazione che

nemmeno valutando la messa a disposizione di conti correnti del contribuente sui quali transitavano

sostiene la scelta nell’attribuire valore probatorio ad un elemento emergente dall’istruttoria piuttosto
che ad un altro. In particolare, ai fini di una corretta decisione adeguatamente motivata, il giudice
non è tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze
processuali, nè a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo, invece,
sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende
fondare il suo convincimento e l'”iter” logico seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle

decisione adottata. In tema di valutazione delle prove, difatti, nel nostro ordinamento, fondato sul
principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia delle prove stesse, nel
senso che (fuori dai casi di prova legale) esse, anche se a carattere indiziario, sono tutte liberamente
valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del suo convincimento.
10.2 Se, dunque-Cass.n.828/2007- il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex
artt. 360, 10 co. n. 5, cod. proc. civ. si configura solamente quando dall’esame del ragionamento
svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente
esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un
insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico giuridico posto a base della decisione, non consistendo nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di
merito -cfr.Cass.n.17477/2007,Cass.n.15489/2007- non può ravvisarsi nella decisione impugnata il
vizio motivazionale al quale allude l’Agenzia ricorrente, concordemente alle conclusioni espresse in
udienza dal Procuratore generale.
10.3 Ed invero, il giudice di secondo grado non ha affatto omesso di esaminare il fatto decisivo
correlato alla prospettata continuità fra l’attività della Berlanda Scorza e quella del contribuente che
l’Ufficio aveva sostenuto evocando la certificazione dell’anagrafe tributaria dalla quale risultava che
detta attività, fino all’8.2.1998, sarebbe stata svolta dalla Fabi s.a.s. di Canevali Fabrizia, ma ha
puntualmente evidenziato come tale evenienza prospettata dal’Ufficio fosse smentita dagli stessi
accertamenti della Guardia di Finanza, dai quali era emerso che nello stesso periodo l’attività era
stata computa dall’erede universale della Berlanda-Canelvali Luciano.
10.4 Sempre la Commissione di secondo grado ha esplicitamente affermato che la certificazione
dell’anagrafe tributaria non poteva giocare alcun ruolo in assenza di atti della camera di commercio
o di altri atti pubblici che attestassero l’esercizio dell’attività commerciale dalla società Fabi di
Canevali Fabrizio, tanto più che della gestione dell’attività da parte dell’erede era possibile trarre
conferma dalla successiva autenticazione notarile delle scritture contabili inizialmente tenute
irregolarmente da parte dello stesso erede universale.

proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli morfologicamente incompatibili con la

10.5 Tanto rende evidente che non vi sia stata alcuna omissione di un elemento probatorio da parte
dell’Ufficio che, per contro, il giudice di appello ha valutato in modo non palesemente incongruo o
irrazionale, in relazione alle restanti emergenze indiziarie esaminate.
10.6 Nè può ritenersi che rispetto alla compiuta valutazione della Commissione di II grado sia
sfuggita la rilevanza delle movimentazioni svolte sul conto corrente del Canevali Fabrizio che già il
primo giudice aveva considerato, dalle stesse tuttavia ritenendo di non potere trarre valore

gestione della ditta materna, inoltre aggiungendo che rispetto alle giustificazioni fornite dal
contribuente circa le ragioni che avevano indotto lo stesso a consentire ai genitori l’uso di propri
conti correnti l’Amministrazione non aveva fornito elementi capaci di minarne la credibilità.
10.7 In tale prospettiva, il richiamo alla sentenza di primo grado e all’esame svolto dai primi
giudici che la Commissione di secondo grado ha ritenuto corretto e condivisibile integra la
motivazione della sentenza impugnata in maniera congrua, risultando detto richiamo, in linea con
quanto questa Corte ha più volte affermato a proposito della legittimità della motivazione c.d. per
relationem cfr.Cass.n.3547/2002, 2268/2006, 3636/2007, n. 3920/2011, n. 12664/2012- posto

all’esito di una puntuale esame della doglianza esposta dai ricorrenti proprio sul ruolo degli elementi
forniti dall’Ufficio per accreditare la continuità dell’attività da parte del contribuente che tali non
furono ritenuto dal giudice di appello.
11. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso meritano un esame congiunto e sono fondati per quanto
di ragione.
11.2 In effetti, la decisione impugnata, dopo avere riconosciuto che esisteva un difetto di potestas
judicandi rispetto alla questione relativa alle sanzioni già coperta dal giudicato e che le stesse non
potevano essere oggetto di valutazione nel giudizio, ha contraddittoriamente confermato la sentenza
di primo grado che aveva invece annullato integralmente gli atti impugnati in parte relativi anche
alle sanzioni.
11.3 Sul punto le doglianze dell’Agenzia meritano pertanto di essere accolte.
12. La sentenza impugnata, rigettato il primo motivo, accolti per quanto di ragione il secondo ed il
terzo, va cassata limitatamente al capo relativo alle sanzioni e rimessa ad altra sezione della
Commissione di II grado di Trento per l’esame delle ricadute prodotte dal giudicato formatosi su
altro procedimento- del quale non vi è traccia agli atti di questa Corte-, la quale pure provvederà
alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
la Corte
Rigetta il primo motivo, accogliendo per quanto di ragione gli altri motivi.

probatorio in relazione all’assenza di prova che il Canevali avesse mai operato concretamente nella

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N. 131 T.
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Cassa la sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alle sanzioni 4-imessa ad altra sezione
della Commissione di II grado di Trento per nuovo esame, la quale pure provvederà alla
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso il 2 dicembre 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

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