Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 666 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 12/01/2017, (ud. 10/11/2016, dep.12/01/2017),  n. 666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8432-2016 proposto da:

D.G., F.R., S.A., F.L.,

FE.CH., FE.AN., FE.MA.,

fe.ar., elettivamente domiciliati presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, e rappresentati e difesi dagli avv. ANTONIA INGROSSO

e GIUSEPPE LANZALONE giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 85/2016 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 29/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito l’Avvocato Antonia Ingrosso per i ricorrenti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Potenza in data 23 settembre 2015, i ricorrenti chiedevano il riconoscimento di un equo indennizzo per l’eccessiva durata del processo penale svoltosi presso il Tribunale di Brindisi, nel quale avevano assunto la qualità di parti civili. Il procedimento, scaturito dall’uccisione del loro congiunto, Fe.Vi., nel corso di un’operazione della Polizia di Stato di repressione del traffico di TLE, e nel quale ricorrenti si erano costituiti parti civili in data 16/3/1999, era stato definito con la sentenza della Cassazione n. 22065/2015, sicchè si era avuta una durata del processo eccedente i termini di durata ragionevole del processo, pari a sette anni.

Per l’effetto chiedevano la liquidazione dell’indennizzo in misura pari ad Euro 1.500,00 per ogni anno di ritardo nella definizione del processo presupposto.

Il Consigliere delegato con decreto del 14/10/2015 accoglieva il ricorso, ravvisando una durata eccedente il termine di legge pari a 7 anni, e liquidava in favore di ognuno dei ricorrenti la somma di Euro 4.900,00.

Avverso tale provvedimento gli istanti proponevano opposizione, e la Corte d’Appello di Potenza, in composizione collegiale, con decreto del 29 gennaio 2016 dichiarava la stessa inammissibile in quanto non vi era prova della notificazione dell’opposizione e del decreto di fissazione di udienza all’Avvocatura dello Stato, la quale peraltro non si era costituita.

Per la cassazione di questo decreto i ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a due motivi.

L’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter in relazione a quanto disposto dagli artt. 739 c.p.c., art. 12 preleggi, artt. 162, 164 e 291 c.p.c..

Si deduce che la Corte distrettuale ha dichiarato un’inammissibilità per un’ipotesi non contemplata dal legislatore, in quanto la stessa legge prevede per l’opposizione, quale unico termine perentorio da rispettare quello per il deposito dello stesso ricorso in opposizione. Ne consegue che l’omessa o intempestiva notifica del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza non può provocare alcuna inammissibilità, come peraltro si ricava dalle regole generali in tema di procedimento in camera di consiglio.

A ciò si aggiunge che avrebbero dovuto trovare applicazione i principi generali in tema di sanatoria delle nullità processuali, e pertanto il giudice avrebbe dovuto assegnare un termine per la rinnovazione della notifica, come peraltro specificamente precisato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 5700/2014, in relazione alla disciplina del procedimento di equo indennizzo prima delle modifiche di cui alla novella del 2012.

Il secondo motivo invece deduce la nullità del provvedimento impugnato per la violazione del diritto di difesa dei ricorrenti ovvero per la violazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 24 Cost., in quanto all’udienza fissata per l’opposizione, era comparso il difensore dei ricorrenti il quale aveva chiesto rinvio onde poter depositare la copia informatica degli atti notificati. Tuttavia il Collegio non ha aderito a tale richiesta, provvedendo con il decreto impugnato, violando gravemente il diritto di difesa dei ricorrenti.

Ad avviso del Collegio il primo motivo di ricorso è fondato, in quanto coglie nel segno la censura secondo cui la proposizione dell’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter si perfeziona con il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte d’appello che ha emesso il decreto oggetto di opposizione.

Come puntualmente rilevato da questa Corte nella sentenza n. 18202/2015, il principio affermato alle Sezioni Unite nella sentenza n. 5700/2014, secondo cui il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge, così che anche nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può concedersi al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica, sebbene affermato con riferimento alla L. n. 89 del 2001 nel testo vigente prima delle modificazioni introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, valga anche con riferimento alla proposizione della opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter.

Ed, invero dalla lettura di tale previsione normativa, si ricava la regola che il termine per la presentazione della opposizione deve ritenersi osservato con il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte d’appello alla quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto oggetto dell’opposizione, e che una volta che tale termine sia stato rispettato, il diverso termine per la notificazione del ricorso assegnato dal giudice non può assumere carattere perentorio, atteso che, a differenza di quanto invece previsto nel processo del lavoro, manca la previsione di un onere di comunicazione al difensore del ricorrente, a cura della cancelleria, della data di fissazione della udienza.

Analoga situazione si presenta nel procedimento di opposizione in oggetto con la conseguenza che, in difetto di spontanea costituzione del resistente all’udienza fissata nel decreto, e con la comparizione del solo ricorrente, il giudice può procedere alla fissazione di un nuovo termine per la notifica del ricorso.

Il decreto in questa sede gravato è errato in quanto si è arrestato alla sola affermazione della assenza di prova della notifica ed alla manata costituzione dell’Avvocatura, aggiungendo che l’istanza di rinvio del difensore degli opponenti non potesse essere accolta, in quanto sfornita di una documentazione della giusta causa.

Ne consegue che in applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte nella menzionata sentenza n. 18202/2015, per il quale “in materia di equa riparazione per la durata irragionevole del processo, una volta che l’opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter sia stata tempestivamente depositata nella cancelleria della Corte d’appello, la successiva notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, ove inesistente o semplicemente nulla, non da luogo alla inammissibilità della opposizione, non essendo tale conseguenza prevista espressamente dalla legge. Ne consegue che il giudice, nell’ipotesi di omessa, inesistente o ritardata notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica”, il decreto deve essere cassato, con rinvio alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo di ricorso.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato con rinvio alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di cassazione, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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