Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6659 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. III, 09/03/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 09/03/2020), n.6659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18011/2018 proposto da:

AI MORI SNC DI L.F. & C., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CESI

N. 72, presso lo studio dell’avvocato ACHILLE BUONAFEDE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO STRAULINO;

– ricorrente –

contro

M.M., C.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA FILIPPO CORRIDONI 1 (TEL. 06.87780895 FAX 1782730020), presso lo

studio dell’avvocato GIANDOMENICO DE FRANCESCO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIANCARLO TONETTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 422/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 11/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Ai Mori snc, conduttrice di un appartamento sito in (OMISSIS), a seguito di cessione di azienda da parte della originaria conduttrice società Al Sotoportego di P. e G., ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 422 del 2018 che, rigettando il suo appello principale avverso la sentenza di primo grado ed accogliendo quello incidentale dei locatori C. e M. volto ad ottenere il pagamento di alcuni canoni di locazione maturati in relazione all’immobile locato, ha confermato la pronuncia di prime cure che, ritenuto che la società Ai Mori snc, subentrata alla società Sotoportego a seguito di cessione di azienda, fosse altresì subentrata nel contratto di locazione dell’immobile dove aveva sede l’esercizio commerciale, condannandola al pagamento degli ulteriori canoni scaduti.

La Corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, ha ritenuto che, dal testo dell’atto di cessione di azienda, si evinceva che il subentro riguardasse anche l’immobile locato, non contenendo esso alcun cenno al preteso recesso dal contratto di locazione ed in assenza, in ogni caso, dei gravi motivi posti a base del preteso ma non provato recesso dal contratto. La Corte territoriale ha dunque ritenuto che il rapporto di locazione fosse continuato con la cessionaria dell’azienda sicchè la nuova conduttrice era gravata dell’obbligo di pagamento dei canoni fino alla scadenza del contratto.

Avverso la sentenza, che ha condannato la società Ai Mori snc alle spese del doppio grado in favore dei locatori C. – M., la società soccombente ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi. Resistono C.M. e M.M. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’impugnante deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 36,artt. 2558,1362 e 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omessa indagine sulla comune volontà delle parti contraenti, erronea valutazione degli elementi di prova, erronea presunzione di esistenza di un negozio giuridico inesistente, motivazione apparente. La ricorrente assume che il giudice avrebbe errato nel ritenere automatico il subentro della società Ai Mori nella locazione dell’immobile quale effetto naturale della cessione dell’azienda, non solo perchè detta successione era soltanto eventuale ma soprattutto perchè vi era la presenza di indizi di segno contrario, volti cioè a far intendere esclusa la locazione dell’immobile dalla cessione dell’azienda, che avrebbero richiesto un assai più rigoroso controllo sui caratteri indiziari della prova presuntiva. A sostegno dell’interpretazione della volontà delle parti nel senso della esclusione della locazione dell’immobile dalla cessione dell’azienda la ricorrente fa riferimento alla dichiarazione di recesso comunicata dalla società Sotoportego al C. con lettera del 28/2/2013, alla riconsegna delle chiavi dell’immobile dalla società Sotoportego ai locatori, all’avvenuta locazione dell’immobile ad un soggetto terzo. Il regime presuntivo seguito dal giudice per ritenere automatico il subentro nel contratto di locazione all’esito della cessione di azienda avrebbe dovuto condurre ad escludere la presenza di circostanze gravi, precise e concordanti.

1. Il motivo è inammissibile perchè, fermo restando che il subentro nel contratto di locazione dove ha sede lo svolgimento dell’attività commerciale ceduta è presunto in ragione di quanto prescritto dall’art. 2558 c.c., che considera il subentro nei contratti di locazione quale effetto naturale della cessione dell’azienda, l’accertamento se le parti abbiano o meno voluto trasferire, insieme all’azienda, anche la locazione nell’immobile è un accertamento di fatto, che rientra nella valutazione del giudice del merito non sindacabile in questa sede. In ogni caso la Corte territoriale ha valorizzato una serie di elementi che portavano ad interpretare il contratto di cessione dell’azienda quale inclusivo del contratto di locazione quale, a titolo esemplificativo, il richiamo contenuto nell’art. 8 del contratto di cessione alla L. n. 392 del 1978, art. 36. Ne consegue che, in disparte i dirimenti profili di inammissibilità, il motivo sarebbe anche infondato.

2. Con il secondo motivo di ricorso – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – Contrasto irriducibile tra, affermazioni inconciliabili – Violazione del minimo costituzionale si censura la sentenza nella parte in cui ha condannato la società Ai Mori a pagare i canoni di locazione scaduti dopo la sentenza di primo grado fino al 31/12/2014, essendo contraddittorio il riferimento a tale data in ragione del fatto che la sentenza di primo grado era del 2016.

La sentenza contiene effettivamente un errore materiale sulla data della decorrenza dei canoni successiva alla pronuncia di primo grado ma tale errore, suscettibile di correzione meramente materiale, è peraltro del tutto privo di decisività.

3. Con il terzo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 99 c.p.c. dell’art. 112. c.p.c.. Difetto di domanda. Extrapetizione. Motivazione apparente – impugna il capo di sentenza che ha statuito sull’invalidità del recesso pur in assenza di specifica domanda sul punto da parte dei locatori C. e M.. La mancanza di una specifica domanda giudiziale avrebbe dovuto indurre il Giudice a ritenere che il recesso, in quanto non contestato, fosse valido.

3.1 Il motivo non è fondato. La questione dell’invalidità del recesso è stata trattata dalla Corte territoriale incidenter tantum ai soli fini della debenza dei residui canoni di locazione sicchè non vi è stata alcuna extrapetizione.

4. Con il quarto motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 99 c.p.c., dell’art. 112 c.p.c., difetto di domanda. Extrapetizione – si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto dovuti i canoni di locazione fino al 31 dicembre 2014 oltre interessi, sebbene detti interessi non fossero stati richiesti.

4.1 Il motivo è infondato. Con il decreto ingiuntivo la società ricorrente era stata condannata a pagare al locatore i canoni di locazione scaduti oltre interessi commerciali di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, dalla scadenza al saldo, sicchè sul punto, non contestato nè in primo grado nè in appello, si è formato il giudicato.

5. Conclusivamente il ricorso va rigettato e la società ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, del cd. “raddoppio” del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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