Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6657 del 01/03/2022
Cassazione civile sez. I, 01/03/2022, (ud. 26/10/2021, dep. 01/03/2022), n.6657
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10507/2020 proposto da:
S.A.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avvocato Tassinari Rosaria, giusta procura speciale allegata al
ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il
02/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/10/2021 dal Consigliere Dott. Paola Vella.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. Con ricorso D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35-bis, depositato il 23/04/2018, il cittadino (OMISSIS) S.A.M., nato a (OMISSIS) (distretto di (OMISSIS)) il (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Bologna – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE – il provvedimento, notificatogli il 27/03/2018, con cui la competente Commissione territoriale aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, che egli aveva invocato allegando di aver dovuto lasciare il (OMISSIS) (dove aveva studiato per dieci anni e lavorato come cuoco e autista ed era sposato con tre figli) per contrasti insorti con lo zio, leader locale del partito (OMISSIS), che voleva acquistare un terreno di famiglia e, al suo rifiuto alla morte del padre, aveva assoldato delle persone che lo avevano più volte aggredito e picchiato mentre si trovava nel mercato di (OMISSIS), nel ristorante presso cui lavorava; lo stesso fratello era stato ucciso dallo zio, ma il ricorrente non si era rivolto alla polizia perché questi era un personaggio potente e influente, di cui temeva la vendetta in caso di rimpatrio in (OMISSIS), dove la famiglia attualmente vive in una casa in affitto, stante il pignoramento della casa di proprietà a seguito del prestito usuraio contratto per lasciare il suo Paese.
1.1. All’esito dell’audizione personale del ricorrente, il tribunale ha rigettato il ricorso, ritenendo non credibile il suo racconto per genericità, incoerenza e contraddittorietà con gli stessi documenti allegati; ha quindi escluso la sussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), sulla base di C.O.I. aggiornate al 2019, ed ha riscontrato l’assenza di profili di vulnerabilità e di significativa integrazione in Italia ai fini dell’invocata protezione umanitaria.
2. Il ricorrente ha impugnato il predetto decreto con tre motivi di ricorso per cassazione; il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale, senza svolgere difese.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
2.1. Con il primo motivo si denuncia “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e 5, per non avere il Tribunale di Bologna applicato nella specie il principio dell’onere della prova attenuato così come affermato dalle S.U. con la sentenza n. 27310 del 2008 e per non aver valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., punto 3 nonché per difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi”, in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, il racconto del ricorrente sarebbe “lineare e privo di contraddizioni, rappresentando una realtà dei fatti del tutto verosimile e supportata dalle fonti internazionali di studio sul fenomeno dell’usura in (OMISSIS)”.
2.2. Il secondo mezzo prospetta la “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) per non avere il Tribunale di Bologna riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza indiscriminata così come definita nella sentenza della Corte di Giustizia C-465/07 meglio conosciuta come Elgafaj”, peraltro sulla base di “fonti non aggiornate in quanto risalenti prevalentemente al 2017/2018”, pur essendo “disponibili informazioni sul (OMISSIS) nel rapporto Amnesty International 2015/2016 e 2016/2017”.
2.3. Con il terzo si lamenta la “Violazione del D.Lgs. 25 luglio 1988, n. 286, art. 5, comma 6 (rectius 1998), per non avere il Tribunale di Bologna esaminato compiutamente la ricorrenza dei requisiti per la protezione umanitaria, omettendo di verificare la sussistenza dell’obbligo costituzionale ed internazionale a fornire protezione in capo a persone che fuggono da Paesi in cui vi siano sconvolgimenti tali da impedire una vita senza pericoli per la propria vita ed incolumità”; il tribunale avrebbe dovuto “verificare se la prospettazione del quadro generale di violenza diffusa ed indiscriminata accertato dal giudice di primo grado fosse quantomeno idoneo, pur in mancanza del riconoscimento di credibilità delle dichiarazioni del ricorrente, ad integrare una situazione di vulnerabilità”, tenuto conto che “il ricorrente si è poi pienamente integrato nel tessuto sociale italiano partecipando con profitto ad un corso di lingua italiana e svolgendo attività lavorativa mediante l’impiego in un tirocinio”, a fronte delle “violenze e sevizie da parte dell’usuraio” cui andrebbe incontro in caso di rimpatrio.
3. Tutti i motivi sono inammissibili.
3.1. Il primo, in particolare, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge mira ad una rivisitazione delle valutazioni di merito sulla credibilità del richiedente (cfr. Cass. Sez. U, 34476/2019), a fronte di una scrupolosa audizione del ricorrente ed una approfondita motivazione, a pag. 5, 6 e 7 del decreto impugnato, circa le plurime ragioni di contraddittorietà ed incoerenza, intrinseca ed estrinseca, del narrato, corredata anche da una indagine sulla “significativa prevalenza di documenti fraudolenti in (OMISSIS)” – ove “e’ sufficiente chiederli perché vengano emessi” – e sulle iniziative assunte dal Paese per fornire una tutela giuridica contro il fenomeno dell’usura. Ebbene, per consolidato orientamento di questa Corte, l’inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente – se correttamente valutata, come nel caso di specie, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (dai quali il ricorrente non indica nemmeno come il giudice a quo si sarebbe discostato) – attiene al giudizio di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (ex plurimis, Cass. 6897/2020, 5114/2020, 33858/2019, 21142/2019).
3.2. Il secondo è generico e fa addirittura riferimento a C.O.I. più risalenti di quelle ampiamente consultate dal tribunale, aggiornate al 2019; peraltro lo stesso tribunale ha dato atto della mancata deduzione e allegazione di qualsivoglia rischio correlato alla protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c).
3.3. Il terzo infine, oltre a fare riferimento a circostanze estranee alla causa (come l’accertamento “del quadro generale di violenza diffusa ed indiscriminata” da parte del “giudice di primo grado”), attiene al merito di una valutazione effettuata dal tribunale felsineo sulla base delle allegazioni del ricorrente, tenuto conto dell’assenza di un suo effettivo radicamento socio-lavorativo sul territorio italiano e della persistenza in (OMISSIS) (dove ha svolto diversi lavori) svolgeva attività lavorativa) di tutti i suoi familiari (matrigna, moglie, tre figli, sorella), con i quali è in contatto, sicché non risulta nemmeno configurabile l’eventuale violazione dell’art. 8 CEDU (cfr. Cass. Sez. U, 24413/2021).
5. Nulla sulle spese, in assenza di difese dell’intimato. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. Sez. U, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022