Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6655 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. III, 09/03/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 09/03/2020), n.6655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25169/2018 proposto da:

P.G., P.C., N.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI, 54, presso lo studio

dell’avvocato MICHELA BONIFACIO, rappresentati e difesi

dall’avvocato LIBERATO MAZZOLA;

– ricorrenti –

contro

T.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2569/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 31/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che

1. P.G. e C. nonchè N.M. ricorrono, affidandosi a cinque motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli che, riformando parzialmente la pronuncia del Tribunale di Torre Annunziata, aveva affermato l’esclusiva responsabilità del primo ricorrente in ordine al sinistro stradale avvenuto mediante collisione con T.D. ed aveva ordinato la restituzione di quanto pagato in loro favore dalla Generali Ass.ni Spa, in qualità di impresa designata dal FGVS.

1.1. Per ciò che qui interessa, a seguito di incidente stradale fra due motorini, uno condotto da T.D. (senza casco, senza patente e privo di assicurazione RCA) e l’altro da P.G. (senza casco), il primo convenne in giudizio il secondo per ottenere il risarcimento dei danni subiti, deducendo che egli fosse l’esclusivo responsabile dell’incidente, per aver svoltato improvvisamente, tagliandogli la strada.

1.2. Il Tribunale di Torre Annunziata accolse la domanda, riconoscendo la colpa soltanto prevalente del convenuto, minorenne all’epoca dei fatti ed il suo concorso nella causazione del sinistro nella misura di 1/3 e, per ciò che qui interessa, accolse anche l’azione di regresso delle Generali Ass.ni Spa, in qualità di impresa designata dal Fondo Garanzia Vittime della Strada (FGVS), per quanto avrebbe dovuto pagare.

1.3. La Corte d’Appello ha riformato la pronuncia di primo grado in punto di responsabilità, decidendo che, pur dovendosi confermare la dinamica del sinistro, la condotta del T., sulla base delle risultanze processuali, doveva ritenersi immune da responsabilità e che, pertanto, il P., unico responsabile, doveva restituire alla compagnia di assicurazione tutto ciò che gli era stato corrisposto.

2. Ha resistito la Generali Ass.ni Spa con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, art. 1227 c.c., art. 2055 c.c. e art. 2043 c.c..

1.1. Assume che la Corte aveva erroneamente interpretato la disciplina del concorso di colpa nell’ipotesi di scontro fra veicoli su ruole, considerando superata la prova liberatoria gravante sul T. ai fini dell’esclusione di responsabilità derivante dal sinistro.

1.2. Lamenta, inoltre che non era stato assegnato alcun rilievo alle contravvenzioni elevate nei suoi confronti: contesta, al riguardo, la valutazione della Corte sulle emergenze processuali che avevano condotto ad escludere la responsabilità del T..

1.3. Il motivo è infondato nelle premesse ed inammissibile nelle conseguenze. Questa Corte, infatti, ha avuto modo di chiarire che “nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, libera quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054 c.c., comma 2, nonchè dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno; la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione può essere acquisita anche indirettamente tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente” (cfr. ex multis Cass. 9550/2009; Cass. 13672/2019).

1.4. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha ricostruito analiticamente la dinamica del sinistro con motivazione congrua e logica, escludendo la responsabilità del T. “che – mentre procedeva regolarmente sulla destra della sua carreggiata, già lasciata libera dal F., dietro al quale sfilava senza problemi – si vide improvvisamente tagliare la strada, in condizioni tra l’altro di ridotta visibilità per la presenza del predetto furgone al centro strada, dall’Aprilia Scarabeo proveniente dal senso opposto, senza nulla poter fare per evitare l’impatto” (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata).

Tali argomentazioni risultano espressamente riferite alle evidenze processuali, oggetto di specifica valutazione (cfr. pag. 14 della sentenza).

1.5. Tanto premesso, la censura si fonda su una apodittica contestazione del percorso argomentativo, congruo e logico, sul quale si era fondata l’esclusione del concorso di colpa, affermato in primo grado; e maschera la richeista di rivalutazione delle questioni di merito in punto di an debeatur non consentite in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c., degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., nonchè 2700 c.c..

Contesta che non era stato assegnato alcun rilievo al contenuto dei verbali di Polizia Municipale nè alle contravvenzioni elevate.

2.1. Anche questa censura è inammissibile.

La Corte d’Appello, infatti, ha escluso, affrontando la specifica questione (cfr. pg. 14 e 15 della sentenza impugnata) che i verbali potessero avere una valenza significativa ai fini ricostruttivi; ha altresì ritenuto che potesse essere rilevante l’avvenuto annullamento delle ordinanze ingiunzioni relative alle contravvenzioni elevate al P. all’atto del sinistro perchè non incidevano sulla dinamica accertata ed erano state caducate per ragioni del tutto formali e non riferite alla dinamica dell’incidente.

2.2. In presenza di tale motivazione, al di sopra della sufficienza costituzionale, la doglianza maschera la richiesta di un non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 13721/2018).

3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed errata ricostruzione del sinistro nonchè omessa valutazione delle prove.

3.1. Lamenta che non era stata assegnata la giusta rilevanza alla rimozione del motoveicolo ed alla velocità di guida del T.: in tal modo, tuttavia, la doglianza risulta contraddittoria in quanto contiene, in se, l’ammissione che i due fatti erano stati valutati anche se con esiti diversi da quelli attesi (cfr., sul punto, pag. 10 della sentenza sull’allontanamento del motorino e pag. 15 sulla velocità tenuta).

3.2. La censura, pertanto, è infondata, non essendo riscontrabile l’omesso esame dei fatti indicati.

4. Con il quarto motivo, ancora, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa e contraddittoria motivazione in relazione alla rilevanza della sentenza resa in sede penale.

4.1. Il motivo è inammissibile.

4.2. La censura proposta, infatti, non è più esistente in quanto la norma invocata è stata modificata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito nella L. n. 134 del 2012, ratione temporis vigente in relazione al presente giudizio (cfr. Cass. SUU 8053/2014).

5. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè l’omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: lamenta l’erroneità della condanna in favore del T. in quanto la Corte aveva contraddittoriamente usato l’argomento secondo il quale il mancato utilizzo del casco non rilevava in punto di responsabilità, anche per escludere l’incidenza dell’omissione sul calcolo del danno liquidato.

5.1. Il motivo è inammissibile.

In ordine al secondo profilo, ricondotto all’insufficiente motivazione, si richiama quanto argomentato in relazione al precedente motivo.

Per il resto, la doglianza non ha colto la ratio decidendi della sentenza che richiama, sul punto, la consolidata giurisprudenza di legittimità di questa Corte, condivisa dal Collegio, secondo la quale “l’omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo può essere fonte di corresponsabilità della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a se stessa, soltanto ove il giudice di merito accerti in fatto che la suddetta violazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone, appunto, un antecedente causale” (cfr. ex multis Cass. 23432/2009; Cass. 8366/2010; Cass. 1295/2017; Cass. 14885/2019).

5.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio sopra richiamato, rendendo una decisione logica e consequenziale in quanto, partendo dalla premessa che il T. non indossava il casco ma che in considerazione della natura e dell’entità del quadro lesivo, l’eventuale uso di esso sarebbe stato ininfluente sulla produzione delle lesioni, ha ricalcolato la somma dovuta in relazione alla riscontrata totale assenza di responsabilità sia rispetto alla dinamica del sinistro sia rispetto al danno subito, visto che la mancata presenza del casco non aveva avuto alcuna incidenza sulle fratture ed il trauma riportato.

5.3. Tali argomentazioni risultano congrue e logiche ed in quanto tali, anche in ragione del corretto presupposto dal quale la motivazione ha preso le mosse, rusultano incensurabili in sede di legittimità.

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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