Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6655 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6655 Anno 2016
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: CRICENTI GIUSEPPE
Data pubblicazione: 06/04/2016

1.

La Guardia di Finanza ha redatto nei confronti di Guido Vescovi un processo

verbale di accertamento, in base al quale l’Agenzia delle Entrate di Verona ha emesso
un avviso di accertamento per gli anni 2002 e 2003 per IVA e reddito d’impresa non
dichiarati.
L’Agenzia delle Entrate, sulla scorta dell’accertamento della Guardia di finanza, ha
ritenuto che il Vescovi, nonostante fosse formalmente residente in Austria, ha in realtà
percepito redditi in Italia, gestendo di fatto alcune attività di intermediazione e di
commercio, che però non ha dichiarato al fisco.

1.1. Il Vescovi ha proposto ricorso alla Commissione tributaria provinciale assumendo

che l’accertamento della Guardia di Finanza era illegittimo, frutto di un accesso nella
sua abitazione illegittimamente autorizzato per difetto di gravi indizi; che egli era
comunque residente in Austria e dunque non era tenuto alla dichiarazione in Italia;
che comunque l’accertamento era immotivato.
La Commissione provinciale ha accolto il ricorso ritenendo che mancassero i gravi
indizi per ottenere l’autorizzazione ad accedere all’abitazione del Vescovi, e che
comunque era documentato che costui risiedesse in Austria.
L’Agenzia ha proposto appello, accolto dalla Commissione regionale che invece ha
ritenuto sufficienti gli indizi per l’autorizzazione all’accesso, e sufficiente quanto
accertato dalla Guardia di Finanza per ritenere di fatto residente in Italia il ricorrente.

svolgimento del processo

2.- Il Vescovi propone ricorso per Cassazione assumendo il difetto di motivazione della
sentenza nella parte in cui ritiene che vi fossero gravi indizi per autorizzare la Guardia
di Finanza ad accedere alla sua abitazione.
Secondo il ricorrente l’accesso sarebbe stato autorizzato sulla base di fatti del tutto
privi di valore indiziario.
Denuncia violazione di legge e carenze di motivazione in ordine alla valutazione dei

Ha proposto controricorso l’Agenzia delle Entrate.

motivi della decisione
1.- Con i primi due motivi il ricorrente denuncia violazione di legge per carenza di
motivazione, su due punti. Il primo è relativo alla esistenza di indizi gravi che
potessero giustificare l’autorizzazione alla Guardia di Finanza di accedere all’abitazione
del ricorrente. Sostiene questi che il giudice di secondo grado ha fatto
immotivatamente riferimento alle ragioni indicate dai militari, ed in particolare ad una
dichiarazione dell’ex socio del Vescovi, il quale ha confessato che quest’ultimo avrebbe
portato via i libri contabili a casa propria.
Il ricorrente assume che la Commissione ha errato nel ritenere che questo fatto
(l’avere portato í libri contabili a casa propria) fosse grave indizio di un reato, posto
che tenere i libri a casa propria non costituisce di per sé illecito tributario. E cosi
anche il fatto, denunciato dalla Guardia di Finanza come grave indizio, di gestire un
bar senza autorizzazioni amministrative, che non è, di per sé, illecito ai fini fiscali.
2.-

Con ulteriore motivo denuncia carenza di motivazione circa il punto decisivo

dell’essere stato il Vescovi residente in Italia, di fatto, negli anni 2002 e 2003.
Sul punto la Commissione avrebbe motivato in modo non sufficiente a far
comprendere l’iter logico che l’ha portata alla decisione. Essa avrebbe dato rilievo al
riferimento alle agende del 2002, senza però indicare la rilevanza degli appuntamenti
ivi indicati e senza considerare che nessuna agenda e dunque nessun dato è stato
rinvenuto per il 2003. In particolare, la Commissione avrebbe insufficientemente

fatti che hanno indotto a ritenere che la residenza effettiva del Vescovi fosse in Italia.

motivato circa il rilievo da dare ai pochi appuntamenti contenuti nell’agenda 2002, ed
avrebbe omesso ogni motivazione per dire che, nel 2003, nonostante non vi fossero
agende, il Vescovi dovesse ritenersi comunque residente in Italia.
3.- Con diverso motivo il ricorrente contesta un difetto di motivazione circa il ricorso
all’accertamento parziale (di cui all’art. 41 bis DPR 600/ 1973 e 54 DPR n. 633 1972)
ritenendo che la sentenza impugnata non ha illustrato le ragioni per le quali si è

rideterminare il reddito sulla base del solo processo verbale della Guardia di Finanza.
4.-

Con il quinto motivo denuncia difetto di motivazione in ordine alla ritenuta

sufficienza della documentazione usata dall’Ufficio per la determinazione del reddito.
Sostiene il ricorrente che la Guardia di Finanza aveva acquisito copiosa
documentazione, ed aveva ricavato diversi elementi, molti dei quali erano stati valutati
dalla stessa resistente a suo favore. La sentenza impugnata ha motivato invece
genericamente, sostenendo semplicemente che, sulla base dei documenti in possesso,
ricevuti dalla Guardia di Finanza, l’Agenzia ha ben calcolato il reddito.
5.- Il ricorso è inammissibile.
L’atto è infatti composto da numerose pagine, contenenti riproduzioni di atti del
giudizio di merito, tenute insieme da intercalari che dovrebbero avere la funzione di
collegare tali atti tra loro cosi da illustrare i vizi denunciati della sentenza di merito,
costringendo però il collegio ad operare una selezione dei fatti rilevanti all’interno di
una congerie di documenti inseriti nel corpo dall’atto, e dell’intera riproduzione dei
giudizi di merito, o delle relative sentenze.
Il ricorso non è autosufficiente se non consente al collegio di comprendere i motivi su
cui è fondato, oltre che lo svolgimento dei fatti, senza dover ricercare al suo interno
quali siano i dati rilevanti. Ciò che accade invece se il ricorso è inframmezzato dalla
riproduzione integrale di atti dei giudizi di merito e di documenti allegati a quei giudizi.
L’inammissibilità di un tale ricorso è già stata più volte affermata da questa Corte:”
inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione

ritenuto sufficiente il processo verbale, ossia le ragioni per le quali l’Agenzia ha potuto

confezionato mediante l’assemblaggio di parti eterogenee del materiale di causa (nella
specie, l’inserimento, tra virgolette, della sentenza impugnata e di oltre cinquanta tra
atti e documenti dei pregressi gradi di giudizio, tra di loro giustapposti con mere
proposizioni di collegamento) quando ciò renda incomprensibile il mezzo processuale,
perché privo di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali (ai sensi
dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.), della sintetica esposizione della soluzione accolta

delle ragioni che lo facciano considerare tale, addossando in tal modo alla S.C. il
compito, ad essa non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli
rilevanti ai fini del decidere.” (Cass. ord. n. 22185 del 2010).
Ed inoltre: ” il ricorso per cassazione col quale si lamenta l’erronea od omessa
valutazione, da parte del giudice di merito, di atti e documenti, è inammissibile sia
quando si limita a richiamarli senza trascriverne i passi salienti o, in alternativa,
fornire gli elementi necessari per individuarli all’interno del fascicolo; sia quando,
all’opposto, il ricorrente trascriva pedissequamente e per intero nel ricorso atti e
documenti di causa, addossando in tal modo alla Corte il compito, ad essa non
spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere.”
(Cass. n. 16254 del 2012).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e le spese poste a carico del ricorrente.
P. Q. M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali che liquida in complessive 6 mila euro, oltre spese prenotate a
debito.

Roma 27.1.2016

dal giudice di merito, nonché dell’illustrazione dell’errore da quest’ultimo commesso e

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