Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6654 del 15/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 03/03/2017, dep.15/03/2017),  n. 6654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4689-2016 proposto da:

C.F., M.M., MA.MO., M.D.,

M.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BUCCARI 3,

presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA SALVUCCI,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANIELLO PULLANO;

– ricorrenti –

contro

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

6, presso lo studio dell’avvocato PIERBIAGIO TAVANIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO ZOLI;

– controricorrente –

nonchè contro

D.M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 177/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2017 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

I ricorrenti C.F., M., D., S. e Ma.Mo., tutti quali eredi per rappresentazione di M.G., a suo volta erede di M.T., deceduto il (OMISSIS), impugnano, articolando tre motivi di ricorso, la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 177/2015 del 12 gennaio 2015, che ha dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di M.T. e di D.M.G., proposta con ricorso del 3 marzo 1992 davanti alla Pretura di Frosinone, sezione distaccata di Alatri, e attinente alla reintegrazione nel possesso di una strada comunale vicinale, denominata San Leonardo, che si assumeva ostruita con terreno di risulta dal convenuto P.S.. La domanda di reintegra era stata accolta con la sentenza n. 1911/2006 del Tribunale di Frosinone, con condanna del convenuto al rimborso delle spese processuali. La Corte d’Appello di Roma, adita da P.S., prendeva atto della dichiarazione dell’Ufficio Tecnico del Comune di Alatri del 7 giugno 2003, da cui emergeva la definitiva sistemazione della strada (OMISSIS) a cura dello stesso Comune e quindi la recuperata fruibilità della strada stessa, e perciò dichiarava cessata la materia del contendere. In ordine alla valutazione della soccombenza virtuale per la regolamentazione delle spese di lite, la Corte d’Appello osservava, peraltro, che, alla stregua della documentazione agli atti e della prospettazione delle parti, non emergesse univocamente quale fosse il percorso e l’ubicazione della strada vicinale e se perciò sussistesse lo spoglio denunciato consistito nell’accumulo di terra da parte del P.. Tale “soccombenza reciproca” induceva la Corte di Roma a compensare le spese di entrambi i gradi del giudizio. Resiste con controricorso P.S., mentre rimane intimato, senza svolgere attività difensiva, D.M.G..

Il primo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla valutazione di tipo petitorio effettuata dalla Corte d’Appello sulla domanda.

Il secondo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c., che prevede che la reintegra debba ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto. Si osserva che il tracciato della strada vicinale e l’ostruzione dello stesso operata dal P. risultasse dalla documentazione acquisita e dalle deposizioni degli informatori, come dalle stesse dichiarazioni del resistente.

Il terzo motivo di ricorso censura l’omesso esame di fatti decisivi e controversi, costituiti dal valore probatorio della documentazione in atti e della confessione contenuta nella dichiarazione resa dal resistente P. all’udienza dell’11 maggio 1992.

Ritenuto che il ricorso proposto potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., comma 2.

Le tre censure possono essere esaminate congiuntamente, in quanto connesse tra loro, essendo tutte relative alla statuizione relativa alla compensazione delle spese del procedimento.

Va al riguardo evidenziato come spetti comunque al giudice del merito, nel caso in cui dichiari cessata la materia del contendere, di deliberare il fondamento della domanda per decidere sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale, con apprezzamento di fatto la cui motivazione non postula certo di dar conto di tutte le risultanze probatorie, e che è sindacabile in cassazione sol quando, a sua giustificazione, siano enunciati motivi formalmente illogici o giuridicamente erronei, cosa che non si evince nel caso di specie.

In materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova, invero, ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza, ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa, e ciò vale sia nel caso in cui la controversia venga decisa in ognuno dei suoi aspetti, processuali e di merito, sia nel caso in cui il giudice accerti e dichiari la cessazione della materia del contendere e sia, perciò, chiamato a decidere sul governo delle spese alla stregua del principio della cosiddetta soccombenza virtuale (Cass. Sez. 1, 27/09/2002, n. 14023). Quando, pertanto, un giudizio sia stato definito con sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere comprensiva, è ammissibile il ricorso per cassazione sul capo della decisione concernente le spese del giudizio soltanto se il suo oggetto sia limitato alla verifica della correttezza dell’attribuzione della qualità di soccombente, attraverso il riscontro dell’astratta fondatezza delle ragioni delle difese spiegate dal ricorrente per cassazione (Cass. Sez. 3, 14/07/2003, n. 10998). Avendo la Corte d’Appello affermato che i ricorrenti per reintegrazione non avessero comprovato, come imposto dall’art. 1168 c.c., i fatti materiali integranti la situazione di cui chiedevano il ripristino, ovvero il transito da loro effettuato nella qualità di possessori lungo un percorso includente l’area occupata dal resistente con il terreno di risulta, essa ha anche escluso, in base all’apprezzamento del materiale istruttorio spettante al giudice del merito, che M.T. potesse presumersi totalmente vittorioso nel procedimento di merito possessorio.

Il ricorso va perciò rigettato e i ricorrenti vanno condannati a rimborsare al controricorrente P.S., le spese del giudizio di cassazione, mentre non occorre provvedere al riguardo per l’altro intimato D.M.G., il quale non ha svolto attività difensiva.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico art. 13, comma 1 – quater, di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 3 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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