Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6650 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. I, 18/03/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 18/03/2010), n.6650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. MARRA Alfonso Luigi giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma n. 616 cron., del 29

gennaio 2007, nel procedimento iscritto al n. 53500/05 Ruolo Affari

Diversi;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 dicembre 2009 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che nulla ha

osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’avvocato del ricorrente:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. M.A. ha proposto ricorso per Cassazione avverso il decreto in data 29 gennaio 2007, con il quale la Corte di appello di Roma ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del menzionato ricorrente della somma di Euro 900,00, a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo instaurato davanti Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro, promosso con ricorso del 26 marzo 2001, ancora pendente alla data del 7 luglio 2005;

1.1. il Ministero intimato non ha svolto difese;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Roma ha accolto la domanda nella misura di Euro 900,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo di primo grado superiore di oltre un anno al termine ragionevole;

3. il ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo tredici motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (primo motivo); la mancata considerazione della natura previdenziale della causa, ai fini della determinazione del termine ragionevole di durata del processo (secondo motivo); il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa e non all’intera durata del giudizio (terzo motivo);

3.2. l’inosservanza, sulla base di carente motivazione, dei parametri Europei in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale (quarto motivo);

3.3. il mancato riconoscimento, ancora senza motivazione, del bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura previdenziale della controversia (quinto, sesto e settimo motivo);

3.4. l’insufficiente liquidazione delle spese processuali, senza specifica motivazione, con erronea applicazione delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione, anziche’ i giudizi ordinari dinanzi alla Corte d’appello, senza tener conto degli onorari liquidati dalla CEDU e disattendendo i minimi tariffari e la nota spese depositata, (motivi da otto a tredici);

4. i motivi di cui al punto 3.1., esaminati congiuntamente, appaiono manifestamente infondati in quanto la Corte di appello, ai fini della determinazione del termine ragionevole di durata, si e’ attenuta ai criteri di valutazione indicati dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2, in conformita’ ai parametri fissati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo un ragionevole criterio di valutazione che resiste alle infondate critiche del ricorrente, considerato comunque che, attesa la natura ordinatoria dei termini previsti dal codice di rito per la trattazione delle controversie di lavoro e di previdenza e assistenza, la violazione del principio della ragionevole durata del processo non puo’ discendere in modo automatico dall’accertata inosservanza dei termini medesimi, dovendo in ogni caso il giudice della riparazione procedere a tale valutazione alla luce degli elementi previsti dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 (Cass. 2004/6856; 2005/19204; 2005/19352); inoltre e’ vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a) ai sensi del quale e’ influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14);

4.1. appare invece manifestamente fondata la censura, di cui al precedente punto 3.2., relativa al mancato rispetto, con carente motivazione, dei parametri Europei in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale, in quanto la determinazione dell’indennizzo nella misura di Euro 900,00, avuto riguardo alla determinazione nella specie del periodo di superamento del termine ragionevole di durata del processo, sembra configurarsi irragionevolmente in misura inferiore a quella che risulterebbe dall’applicazione dei parametri stabiliti dalla CEDU;

4.2. appare manifestamente infondata la doglianza di cui al precedente punto 3.3., in quanto non puo’ ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non puo’ derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411;

2008/6898);

4.3. restano assorbite le censure di cui al punto 3.4., dovendosi comunque procedere alla riliquidazione delle spese del giudizio di merito in ragione dell’accoglimento del ricorso sotto il profilo in precedenza rilevato.

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 4., 4.1., 4.2. e 4.3., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio condivide le considerazioni esposte nella relazione depositata in ordine alla manifesta infondatezza delle censure sollevate con i motivi da uno a tre e da cinque a sette, mentre ritiene di disattendere la valutazione di fondatezza della doglianza di cui al quarto motivo, atteso che la liquidazione di un indennizzo di Euro 900,00 per una durata non ragionevole del processo determinata in un anno e tre mesi, in ragione di Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, corrisponde al parametro stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto; infatti in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purche’ detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversita’ di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata (Cass. 2009/16086);

B1) ritenuto che, con riferimento alle doglianze sulla liquidazione delle spese processuali, merita accoglimento quella relativa alla liquidazione dei diritti di avvocato nella misura di Euro 100,00, inferiore agli importi minimi previsti dal D.M. 8 aprile 2004, n. 127, in violazione del principio di inderogabilita’ dei diritti spettanti all’avvocato stabilito dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24 mentre sono infondate le ulteriore censure relative alla liquidazione delle spese; infatti, nei giudizi di equa riparazione la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte di appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, senza tener conto degli onorari liquidati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cass. 2008/23397); inoltre, nel caso di specie, non risultano essere state applicate le tariffe professionali riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione, anziche’ i giudizi ordinari davanti alla Corte di appello e parte ricorrente non ha specificamente e analiticamente indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, le voci e gli importi richiesti nella nota spese e a lei spettanti (Cass. 2005/21325;

2006/9082); ritenuto che, alla stregua delle argomentazioni svolte in detta relazione, vanno accolti per manifesta fondatezza, nei termini precisati nella relazione stessa, i motivi da otto a tredici, respinte le altre doglianze formulate in detti motivi, mentre devono essere rigettate le censure di cui ai restanti motivi, e che il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

B2) ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1 con la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in favore del M. delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione in favore del procuratore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario;

ritenuto altresi’ che le spese del giudizio di cassazione – da liquidarsi come in dispositivo con compensazione nella misura di due terzi, atteso l’accoglimento parziale del ricorso solo per quanto riguarda le spese del giudizio di merito e unicamente sotto il profilo della liquidazione dei diritti di avvocato in misura inferiore al minimo tariffario – vanno poste a carico del Ministero soccombente, con distrazione delle stesse in favore del difensore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

LA CORTE Respinge i motivi da uno a sette. Accoglie, nei termini di cui in motivazione, i motivi da otto a tredici. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.030,00, di cui Euro 280,00 per diritti ed Euro 50,00 per spese, oltre a spese generali e accessori di legge. Condanna inoltre il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, compensate per due terzi, che si liquidano per l’intero in Euro 525,00, di cui Euro 425,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del procuratore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

 

 

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