Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6649 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. II, 10/03/2021, (ud. 24/06/2020, dep. 10/03/2021), n.6649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6893/2018 R.G. proposto da:

Q.B., rappresentato e difeso dall’avv. Sergio Tredicine,

con domicilio eletto in Napoli, Piazza Garibaldi n. 73.

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., rappresentata e difesa dall’avv.

Mario Tuccillo, con domicilio eletto in Roma, Via Pietro Della Valle

n. 4.

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 9918/2017, depositata

in data 5.10.2017.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24.6.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha chiesto

in via principale il rigetto del ricorso e la revoca dell’ammissione

al gratuito patrocinio e, in subordine, la rimessione della causa

alle Sezioni Unite.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Q.B. ha adito il Giudice di pace di Napoli, chiedendo la condanna dell’UnipolSai s.p.a. al pagamento di Euro 400,17,50 a titolo di corrispettivi per l’attività di perito assicurativo, svolta nell’interesse della resistente, in occasione del sinistro stradale indicato in atti.

Il Giudice di pace ha accolto la domanda, con pronuncia integralmente riformata in appello.

Il Tribunale, in esplicita adesione all’orientamento espresso dalle Sezioni unite con la sentenza n. 4090/2017, ha ritenuto improponibile la domanda di pagamento, rilevando che il Q. aveva frazionato un credito avente titolo in “un rapporto di collaborazione professionale continuativa regolato da un accordo quadro accettato e osservato da ciascuna delle parti nel corso degli anni” – e quindi suscettibile di inscriversi nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo – senza “prospettare l’esistenza in concreto di alcun interesse a disarticolare la sua pretesa creditoria in una pluralità di azioni giudiziarie”, la cui trattazione separata non si giustificava neppure per esigenze istruttorie, dato il carattere documentale delle singole controversie.

Ha ritenuto che la domanda di pagamento fosse infondata anche nel merito, avendo le parti fissato il compenso per ciascuna perizia pari ad Euro 40,00, importo già integralmente corrisposto al ricorrente.

Ha quindi accolto l’appello e ha ordinato la restituzione di quanto eventualmente versato al Q. a titolo di corrispettivo per l’opera svolta, regolando le spese.

Per la cassazione di questa sentenza Q.B. ha proposto ricorso in sei motivi, illustrati con memoria.

La Unipolsai s.p.a. ha resistito con controricorso.

Con ordinanza interlocutoria dell’11.1.2019, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni unite in merito alla competenza a pronunciare la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio all’esito del giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Non può essere accolta l’istanza di remissione alle Sezioni Unite o di trattazione della causa in pubblica udienza.

Le statuizioni adottate con le sentenze n. 18808/2016, n. 18809/2016 e n. 18810/2016, richiamate in ricorso, hanno già trovato una soluzione difforme in molteplici arresti successivi di questa Corte, senza che il ricorso offra spunti per un nuovo esame delle questioni definite (cfr. sentt. nn. 4315/2020, 738/2018, 1356/2018, 1355/2018, 1354/2018, 1353/2018, 1352/2018, 1351/2018, 717/2018, 491/2018, 490/2018, 489/2018, 163/2018, 162/2018, 161/2018, 160/2018, 159/2018, 158/2018, 31167/2017, 31166/2017, 31165/2017, 31164/2017, 31163/2017, 31162/2017, 31161/2017, 31017/2017, 31016/2017, 31015/2017, 31014/2017, 31013/2017, 31012/2017, 31011/2017).

2. Sempre in via preliminare, deve darsi atto che non sussistono le ragioni d’inammissibilità dell’appello, prospettate dal ricorrente.

Benchè il valore della domanda fosse inferiore ad Euro 1100,00, la società assicurativa aveva dedotto anche l’abusivo frazionamento del credito e la violazione del principio del giusto processo ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass. s.u. 23726/2017), sollevando censure riconducibili ai motivi previsti dell’art. 339 c.p.c., comma 3, in caso di appello avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità.

3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 274 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il Tribunale omesso di disporre la riunione del presente giudizio alle altre controversie, riguardanti le medesime questioni e pendenti tra le stesse parti.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375 c.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che i periti assicurativi, a fronte della natura economica della loro prestazione, esercitata in modo stabile e con struttura organizzativa indipendente dalla impresa assicurativa committente, rientrerebbero nella nozione funzionale di impresa delineata dalla giurisprudenza comunitaria, non deponendo in senso contrario l’esistenza tra le parti di un mandato continuativo, dovendo escludersi che, come erroneamente ritenuto dal Tribunale, il ricorrente avesse proposto più domande nascenti dal medesimo rapporto contrattuale.

Il terzo motivo censura la violazione dell’art. 19 quaterdecies, L. 172/2017, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza non tenuto conto che la citata disposizione, nel modificare della L. n. 247 del 2012, art. 13 bis, ha disposto che il compenso degli avvocati iscritti all’albo e regolato da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento delle attività di cui all’art. 2, commi 5 e 6, deve esser proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e che tali prescrizioni si applicano anche ai periti assicurativi.

Il quarto motivo censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il tribunale erroneamente ritenuto che il ricorrente avesse accettato, per facta concludentia, un compenso molto inferiore a quello previsto dalle tariffe professionali, mentre tale circostanza era stata contestata ed era comunque smentita dalla documentazione IES dell’anno 2010, comprovante la percezione di importi differenti in relazione ai singoli incarichi espletati.

Il quinto motivo censura letteralmente la violazione del giudicato implicito delle sentenze nn. 18808/2016, 18809/2016, 18810/2016. Con il sesto motivo deduce l’erronea interpretazione dei principi nomofilattici espressi dalle Sezioni Unite nelle pronunce nn. 23726/2007 e 4090/2017, per aver la sentenza ritenuto che la molteplicità degli incarichi ricevuti dal ricorrente fosse riconducibile ad un unico rapporto svoltosi nel tempo mentre, alla luce dei principi affermati dalle sentenze richiamate in rubrica, per ogni singolo incarico doveva ritenersi perfezionato un singolo rapporto contrattuale, essendo escluso il frazionamento del credito azionato in giudizio.

4. Il primo motivo è inammissibile, poichè la mancata adozione del provvedimento di riunione era stata censurata dalla società assicurativa e non dal Q., il quale non ha interesse a dolersi del mancato accoglimento di un motivo d’impugnazione proposto dalla controparte.

5. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il ricorso, infatti, non spiega in quali termini la qualificazione dell’attività del perito assicurativo come attività di impresa possa rilevare ai fini della decisione della causa.

6. Il terzo motivo è inammissibile poichè prospetta una questione in diritto del tutto nuova (applicabilità della L. n. 172 del 2017, art. 19 quaterdecies, mediante la mera trascrizione del contenuto delle norme, non sostenuta da alcuna specifica argomentazione volta a chiarificarne la pertinenza rispetto al caso concreto.

7. Anche il quarto motivo è inammissibile.

Anzitutto, la documentazione prodotta in allegato al ricorso (i moduli IES 2010 e gli identificativi di pagamento), non può avere ingresso in sede di legittimità, non riguardando la nullità della sentenza o l’inammissibilità del ricorso o del controricorso, non avendo rilievo che detta documentazione sia stata tardivamente reperita dall’interessato (Cass. s.u. 7161/2010; Cass. 27475/2017; Cass. s.u. 25038/2013).

Quanto al fatto che il Q. avesse contestato di aver concordato un compenso fisso per ciascuna perizia, la censura è prospettata senza la necessaria specificità, mancando qualsiasi riferimento al contenuto degli atti difensivi di merito che dovrebbero documentarne la tempestiva deduzione.

8. Il quinto ed il sesto motivo, che vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1 (cfr. Cass. s.u. 7155/2017), avendo la sentenza impugnata deciso le questioni di diritto oggetto delle censure in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e non offrendo il ricorso argomenti per mutare orientamento.

Quanto in particolare al quinto motivo, non può ravvisarsi alcun giudicato implicito sulla qualificazione e sul carattere dell’intero rapporto corrente tra il Q. e la Fondiaria Sai per effetto delle cassazioni con rinvio contenute nelle sentenze n. 18808/2016, 18809/2016 e 18810/2016, trattandosi di pronunce che, per l’appunto, avevano escluso che i crediti azionati – in quei tre singoli giudizi – fossero assimilabili a quelli oggetto delle azioni proposte separatamente per diverse obbligazioni contrattuali in corso tra le parti.

Neppure è invocabile un precedente giudicato di merito – come dedotto dal ricorrente – comunque superato, in applicazione del criterio temporale, dalle successive pronunce di questa Corte (cfr. Cass. s.u. 4315/2020, Cass. 738/2018 e 1356/2018), che hanno risolto le relative questioni in senso difforme (cfr., per la prevalenza del giudicato successivo, Cass. 13804/2018; Cass. 23515/2010; Cass. 2082/1998).

La decisione del Tribunale, di Napoli qui impugnata è, per il resto, conforme a diritto, sulla base del principio enunciato da Cass. s.u. 4090/2017), secondo il quale le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (v., successivamente in senso conforme, proprio con riferimento ad altri ricorsi proposti dal Q., Cass. n. 17893/2018 e Cass. n. 2469/2018).

Nel caso in esame, il Tribunale di Napoli ha accertato l’esistenza di un rapporto negoziale complesso tra la compagnia assicurativa e il ricorrente, in esecuzione di un numero elevatissimo di incarichi per la liquidazione dei sinistri.

La regolamentazione e le modalità di svolgimento di tale rapporto erano rimaste invariate per oltre dieci anni di durata, non risultando alcuna specifica contrattazione in relazione all’affidamento dei singoli incarichi, come alla determinazione dei relativi compensi.

La sentenza impugnata ha quindi evidenziato come, nonostante l’eccezione all’uopo sollevata dalla compagnia di assicurazioni sin dal primo grado, il Q. non avesse prospettato alcun interesse meritevole di una tutela processuale frazionata.

La linea difensiva adottata dalla assicuratrice convenuta era stata, invero, da subito improntata sulla improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito.

Sul punto il ricorrente si limita genericamente a prospettare un proprio interesse alla tutela processuale frazionata facendo riferimento al “rischio di prescrizione” (peraltro scongiurabile già mediante costituzione in mora, ex art. 2943 c.c., comma 4), senza specificare, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nè quando tale interesse sia stato esplicitato nel corso del giudizio di merito, nè quali elementi siano stati dedotti a sostegno del rilievo (decorrenza del termine di prescrizione e relativa scadenza in riferimento alla singole prestazioni oggetto della molteplici cause).

Il ricorso è quindi inammissibile, con aggravio di spese secondo soccombenza, con liquidazione in dispositivo.

Viste la palese inammissibilità dei motivi d’impugnazione ed essendo perciò la condotta processuale del ricorrente connotata da colpa grave, al punto da integrare un “abuso del processo”, va comminata la sanzione prevista dall’art. 96 c.p.c., u.c., applicabile ratione temporis, con conseguente condanna di Q.B. al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controricorrente nell’importo indicato in dispositivo (Cass. s.u. 4315/2020).

Infine, benchè il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato (Delib. 14 novembre 2017 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli), deve comunque darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto (Cass. s.u. 4315/2020).

Non può, infine, esaminarsi l’istanza di revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio formulata dal Procuratore generale, poichè la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al detto patrocinio spetta, per il giudizio di cassazione, al giudice del rinvio ovvero – nel caso di mancato rinvio – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato. Quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 136 T.U.S.G. per la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato cui una delle parti sia stata ammessa (Cass. 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari a complessivi Euro 900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, nonchè dell’importo di Euro 1000,00 in favore della UnipolSai Assicurazioni s.p.a., ai sensi dell’art. 96 c.p.c., u.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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