Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6640 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 09/03/2020), n.6640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22469-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente –

contro

B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NAZARIO

SAURO n. 16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA REHO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO PISTILLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6043/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/09/2014 R.G.N. 9872/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/11/2019 dal Consigliere Dott. DI PAOLANTONIO ANNALISA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GABRIELLA D’AVANZO;

udito l’Avvocato MASSIMO PISTILLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’ Appello di Roma, riuniti gli appelli proposti rispettivamente da B.L. e dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Viterbo che aveva dichiarato la nullità dei termini apposti ai contratti intercorsi fra le parti ed aveva condannato il Ministero al solo risarcimento del danno, liquidato sulla base dei parametri indicati nella L. n. 604 del 1966, art. 8.

2. La Corte territoriale, ricostruito il quadro normativo ed evidenziata la specialità della disciplina del reclutamento nel settore scolastico, ha ritenuto violata la direttiva 1999/70/CE nella sola ipotesi della reiterazione delle supplenze annuali di cui alla L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, perchè destinate a soddisfare esigenze permanenti, a differenza delle altre tipologie di incarico giustificate da ragioni oggettive.

3. Ha rilevato che la B. era stata assunta senza soluzione di continuità per sei anni scolastici consecutivi sulla base di contratti annuali e pertanto: ha confermato la dichiarazione di illegittimità dei termini; ha ritenuto infondata la domanda di conversione dei rapporti; ha riliquidato il danno sulla base dei parametri indicati, non dalla L. n. 604 del 1966, art. 8, bensì della L. n. 183 del 2010, art. 32.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il MIUR sulla base di un unico motivo, articolato in più punti, al quale ha opposto difese con controricorso B.L..

5. La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale dinanzi alla Sezione Sesta, è stata rimessa a questa Sezione con ordinanza n. 27815 del 22 novembre 2017, sul rilievo che la controricorrente nella memoria: aveva posto il problema della permanenza del diritto al risarcimento del danno anche in ipotesi di intervenuta stabilizzazione; aveva segnalato che la questione era stata oggetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia da parte della Corte di Appello di Trento con ordinanza del 3-17 giugno 2017; aveva sollecitato questa Corte a disporre, a sua volta, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

6. La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso, articolato in più punti, il Ministero denuncia la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, e della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, nonchè del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4 bis, anche in combinato con il D.M. 13 giugno 2007, art. 1, del Ministro della Pubblica Istruzione nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 e della direttiva 99/70/CE” e, ribadita la specialità del sistema di reclutamento e di conferimento delle supplenze in ambito scolastico, ne sostiene la piena conformità alla normativa Euronitaria, evidenziando che tutte le tipologie di rapporti a tempo determinato rispondono a ragioni oggettive che giustificano il rinnovo del contratto. Aggiunge il Ministero che le richiamate esigenze non possono essere garantite mediante la costituzione di una stabile riserva di personale scolastico in quanto l’amministrazione, per ragioni di contenimento della spesa pubblica e per garantire l’equilibrio del bilancio dello Stato, non può immettere in ruolo personale che potrebbe rivelarsi non necessario.

I principi affermati da questa Corte

2. Questa Corte con le sentenze pronunciate all’udienza del 18/10/2016 (dal n. 22552 al n. 22557) e con numerose altre decisioni successive conformi, ha affrontato tutte le questioni che oggi vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016), nella sentenza n. 22552/2016 (punti da 118 a 125) ha affermato i principi di diritto che seguono:

A) la disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

B) per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

C) ai sensi dell’art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del D.Lgs. n. 165 del 2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione;

D) nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109;

E) nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi – concorsuali;

F) nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza;

G) nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016;

H) nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima.

3. Nella già richiamata sentenza n. 22552/2016 questa Corte ha dichiarato (p. 104) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata con riferimento alla diversità di trattamento rispetto al personale docente riservata dalla L. n. 107 del 2015, al personale tecnico ed amministrativo (ATA), al quale non è stato esteso il piano straordinario di assunzioni, riservato al solo personale docente (art. 1, comma 95).

4. Inoltre (p. 110), ha disatteso la richiesta di avvio, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, della procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, formulata sulla dedotta contrarietà con la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE 1999, e della clausola 4 dello stesso accordo quadro, e sull’ipotizzato contrasto del principio di uguaglianza e non discriminazione del diritto UE, del trattamento previsto nel nostro ordinamento rispettivamente per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la pubblica amministrazione, in particolare nel Comparto Scuola, e per i contratti a termine stipulati con gli enti pubblici economici e con i datori di lavoro privati, “là dove il legislatore nazionale avrebbe escluso i primi dalla tutela rappresentata dalla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in caso di applicazione delle regole interne di recepimento della suindicata direttiva 1999/70/CE, emanate in attuazione dell’art. 117 Cost., comma 1, senza prevedere alcuna sanzione effettiva, proporzionale, preventiva, dissuasiva neanche sotto il profilo del risarcimento del danno”.

5. Tanto perchè: la sentenza della CGUE 14 settembre 2016, in cause riunite C 184/15 e C 197/15 era riferita ad una fattispecie nella quale al divieto di conversione si accompagnava l’assenza di altra misura effettiva per evitare e sanzionare gli abusi (p. 105); il criterio di parametrazione del danno al valore del posto di lavoro a tempo indeterminato postula che si faccia riferimento ad un evento, la conversione del rapporto, che contrasta con gli artt. 3 e 97 Cost., (p. 109); rientra nella competenza dello Stato italiano determinare le modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, cosa che è stata fatta dal legislatore ordinario dando attuazione all’art. 97 Cost., comma 4, che sancisce il principio fondamentale secondo cui l’instaurazione del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni avviene, di regola, mediante pubblico concorso (p. 112); tale elemento è del tutto estraneo alla disciplina del lavoro svolto alle dipendenze di datori di lavoro privati e questo rappresenta uno dei fattori di maggiore diversificazione di tale rapporto rispetto al rapporto di lavoro (anche contrattualizzato) alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (Corte Cost. sentenze n. 146 del 2008, n. 82 del 2003, n. 275 del 2001), sicchè la mancata previsione della stabilizzazione del rapporto di lavoro pubblico, per effetto della conversione dei rapporti a termine irregolari in rapporti a tempo indeterminato, non può dare luogo ad alcuna ingiustificata discriminazione, contrastante con il principio di eguaglianza (p. 113); l’eventuale sussistenza di un’ingiustificata diseguaglianza e/o discriminazione presuppone un giudizio comparativo tra situazioni fra loro confrontabili, ciò vale sia per quanto riguarda l’art. 3 Cost., sia per quel che concerne il principio fondamentale di non discriminazione del diritto UE (p. 114); la stessa CGUE, con giurisprudenza costante, ha precisato che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro medesimo non sancisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce le condizioni precise in presenza delle quali si può fare uso di questi ultimi, lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia (p. 115).

6. Infine nella richiamata sentenza n. 22552 del 2016 questa Corte ha disatteso anche la richiesta di avvio della procedura di rinvio pregiudiziale per la parte riguardante la mancata previsione di “alcuna sanzione effettiva, proporzionale, preventiva, dissuasiva sotto il profilo del risarcimento del danno”, in quanto la CGUE ha già ripetutamente esaminato tale questione e alle relative pronunce è stato dato seguito nella decisione assunta in quella controversia (p. 116).

L’ordinanza della Corte di Appello di Trento in data 13 luglio 2017 ai sensi dell’art. 267 TFUE.

7. Con ordinanza del 13 luglio 2017, nel procedimento Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR – contro R.F., Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, la Corte di Appello di Trento ha domandato, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, alla Corte di Giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, e, in particolare, sulla questione “Se la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (…) debba essere interpretata nel senso che osta all’applicazione della L. n. 107 del 2015, art. 1, commi 95, 131 e 132, che prevedono la stabilizzazione degli insegnanti a termine per il futuro, senza effetto retroattivo e senza risarcimento del danno, quali misure proporzionate, sufficientemente energiche e dissuasive per garantire la piena efficacia delle norme dell’accordo quadro in relazione alla violazione dello stesso per l’abusiva reiterazione di contratti a termine per il periodo anteriore a quello in cui le misure, di cui alle norme indicate, sono destinate a produrre effetti”.

La Corte di Appello di Trento aveva dubitato della conformità dell’orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte nelle sentenze dell’ottobre del 2016 all’accordo quadro e ai principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401).

In particolare, aveva evidenziato che questa Corte, basandosi sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale, aveva statuito che le disposizioni transitorie di cui alla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, sull’assunzione in via straordinaria dei docenti utilmente inseriti nelle graduatorie, davano attuazione alle regole enucleate dalla Corte nella sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401).

La sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019 Causa C- 494/17, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro R.F. e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti

8. La Corte di Giustizia con la sentenza dell’8 maggio 2019 Causa C- 494/17 (anche Rossato, di seguito) ha statuito che “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che, così come applicata dagli organi giurisdizionali supremi, esclude – per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un effetto retroattivo limitato – qualsiasi diritto al risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, allorchè una siffatta trasformazione non è nè incerta, nè imprevedibile, nè aleatoria e la limitazione del riconoscimento dell’anzianità maturata in forza della suddetta successione di contratti di lavoro a tempo determinato costituisce una misura proporzionata per sanzionare tale abuso, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”.

8.1. Richiamando in più punti le sentenze Santoro, C-494/16, Sciotto C- 331/2017, Fiammingo e a, C-362/13, C-363/13 e C-407/13, Mascolo e a., C- 22/2013, da C-61/13 a C63/13 e C-418/13), la Corte ha evidenziato (p. 30) che nella sentenza Mascolo era stato affermato che la normativa nazionale anteriore alla L. 13 luglio 2015, n. 107, non conteneva alcuna sanzione di carattere sufficientemente energico e dissuasivo idoneo a garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro e che “l’unica possibilità per i docenti di cui trattavasi in quella causa di ottenere la trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendeva dalla loro immissione in ruolo, ottenuta in ragione del loro avanzamento nella graduatoria permanente e, pertanto, da circostanze che dovevano essere ritenute aleatorie ed imprevedibili, essendo determinate della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonchè dei posti che erano nel frattempo divenuti vacanti”, precisando (p. 31) che le affermazioni contenute nella sentenza Mascolo erano fondate sul fatto che il termine di immissione in ruolo dei docenti “era tanto variabile quanto incerto”.

8.2. La Corte di Giustizia ha sottolineato (p. 32) la diversità del quadro normativo che connotava la fattispecie sottoposta al suo esame dalla Corte di Appello di Trento, diversità che ha colto nel fatto che: “il legislatore nazionale, al fine di garantire la transizione verso un nuovo sistema comportante misure destinate a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, ha adottato un piano straordinario di assunzioni che prevede la trasformazione, nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti “precari”, attraverso il progressivo e definitivo esaurimento delle graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato” e nella circostanza, rappresentata dal Governo italiano (p. 33), che “proseguivano, in parallelo, e fino al loro esaurimento, i procedimenti di immissione in ruolo in corso per i docenti che si trovavano già inseriti in cima alle graduatorie la L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, prevede, a tal riguardo, che il piano straordinario di assunzioni è attuato…..per la copertura di tutti i posti (…) rimasti vacanti e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi del (D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399), vale a dire le immissioni in ruolo sulla base dell’avanzamento nella graduatoria permanente”.

8.3. Sulla scorta di tali considerazioni la Corte di Giustizia ha ritenuto che (p. 34) “sembra quindi, ferme restando le verifiche incombenti al giudice del rinvio, che le assunzioni straordinarie e i procedimenti ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399, come quello che ha portato all’immissione in ruolo del sig. R., riguardano la stessa categoria di personale docente, e che, pertanto, il rapporto di lavoro a tempo determinato del sig. R. doveva essere oggetto di trasformazione al più tardi alla fine dell’anno scolastico 2015/2016 o sulla base della conclusione di un procedimento di immissione in ruolo già in corso, oppure in forza del piano straordinario di assunzioni” ed ha ritenuto (punto 35) che “questa circostanza, a ritenerla appurata, consente di affermare che la situazione del sig. R. si colloca, a motivo della riforma istituita dalla L. n. 107 del 2015, in un contesto notevolmente diverso, da un punto di vista di fatto e di diritto, rispetto a quello oggetto della sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401)”.

Al riguardo ha osservato che (p. 36) “infatti contrariamente alla situazione dei docenti di cui trattavasi nella causa decisa con la suddetta sentenza (Mascolo, ndr) la trasformazione del rapporto di lavoro non era incerta e non aveva carattere imprevedibile e aleatorio, dato che era stata resa obbligatoria dalla L. n. 107 del 2015”.

8.4. Nella sentenza R. la Corte di Giustizia, citando la sentenza Santoro C-494/16 (p. 47) e la sentenza Motter C-466/17 (p. 48), in ordine alla compatibilità del limitato effetto retroattivo della trasformazione del rapporto di lavoro, di cui aveva beneficiato il R., con la clausola 5 punto 1 dell’Accordo quadro, e al trattamento differenziato fruito dai lavoratori privati in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato (trasformazione del rapporto a tempo indeterminato dalla data di stipula del primo contratto di lavoro) ha ritenuto (p. 49) che “non si può escludere che la limitazione dell’efficacia retroattiva della trasformazione del rapporto di lavoro di cui ha beneficiato il sig. R. possa essere giustificata, almeno in parte, a motivo delle peculiarità del settore pubblico”.

Ha, tuttavia, sottolineato (p. 50) che nel caso di specie “il riconoscimento dell’anzianità che è stato accordato al sig. R. resta nettamente inferiore al periodo di occupazione in forza di contratti di lavoro a tempo determinato” ed ha affermato (p. 51) che “Se è vero che uno Stato membro può legittimamente, nell’attuazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, prendere in considerazione esigenze di un settore specifico come quello dell’insegnamento, tale facoltà non può essere intesa nel senso di consentirgli di esimersi dall’osservanza dell’obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401, punto 118). Una tale misura deve rivestire, in particolare, come ricordato al punto 28 della presente sentenza, un carattere proporzionato”.

8.5. La Corte di Giustizia ha, quindi, rimesso (p. 52) “al giudice nazionale di valutare se, tenuto conto, da un lato, della possibile giustificazione della limitazione del riconoscimento dell’anzianità acquisita in forza di contratti di lavoro a tempo determinato e, dall’altro, della durata particolarmente lunga dell’abuso di cui è stato vittima il sig. R., il riconoscimento della sua anzianità retroattivo al 1 gennaio 2014 costituisca una misura di carattere proporzionato al fine di sanzionare debitamente detto abuso e di cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione ai sensi della giurisprudenza citata al punto 28 della presente sentenza”.

Ricadute della sentenza della Corte di Giustizia 8 maggio 2019 causa C-494/17 sui principi affermati da questa Corte nelle sentenze del 18.10.2016 e nelle altre successive conformi.

9. Nella sentenza R. l’ordinamento giuridico italiano è stato scrutinato con specifico riferimento alle disposizioni della L. n. 107 del 2015, relative al piano straordinario di assunzioni previsto per il personale docente “precario” e sono state evidenziate le novità introdotte da tale legge nell’ordinamento rispetto al quadro normativo preesistente ed esaminato nella sentenza “Mascolo”.

I principi e gli strumenti interpretativi offerti dalla Corte di Giustizia nella sentenza innanzi richiamati guidano questa Corte nella soluzione della causa in esame, nella quale viene in rilievo la questione dell’adeguatezza della misura rappresentata dall’avvenuta trasformazione dei rapporti di lavoro subordinato a termine della controricorrente in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e, dunque, della conformità del diritto interno, quanto al personale, che come la B. riveste la qualifica di docente, alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.

9.1. Va osservato che la Corte di Giustizia, con riguardo all’assenza di risarcimento nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro, ha rammentato (punto 38) che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella scelta delle misure atte a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e che (p. 39) “come emerge dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro, gli Stati membri hanno la facoltà, nell’ambito delle misure volte a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dato che la stabilità dell’impiego derivante da questi ultimi costituisce l’elemento portante della tutela dei lavoratori”.

9.2. Ha anche ricordato (p. 40) che “una normativa recante una norma imperativa ai sensi della quale, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, questi ultimi sono trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è tale da costituire una misura che sanziona in modo efficace un abuso di questo tipo e, quindi, da soddisfare i criteri ricordati ai punti 27 e 28 della presente sentenza”.

Inoltre, in linea di continuità con la sua giurisprudenza, ha ribadito (punto 41) che “La giurisprudenza non richiede, tuttavia, un cumulo di misure” e che (p. 42) “nè il principio del risarcimento integrale del danno subito nè il principio di proporzionalità impongono il versamento di danni punitivi. Tanto sul rilievo (p. 43) che “tali principi impongono agli Stati membri di prevedere un’adeguata riparazione, che deve andare oltre il risarcimento puramente simbolico, senza tuttavia oltrepassare la compensazione integrale”.

9.3. Con riguardo alla doglianza relativa alla disparità di trattamento rispetto ai lavoratori che hanno ottenuto una condanna del loro datore di lavoro a causa del ricorso abusivo a contratti a tempo determinato prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 2015 e che avrebbero potuto, in forza della normativa anteriore, cumulare un risarcimento e il beneficio di un’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la Corte di Giustizia ha osservato (punto 44) che “la disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato risultante da una riforma della normativa applicabile non rientra nell’ambito del principio di non discriminazione sancito alla clausola 4 dell’accordo quadro (v. sentenza del 21 novembre 2018, Viejobueno il Ariez e de la Vara GonzMez, C-245/17, EU:C:2018:934, punti 50 e 51)”.

9.4. Ha, quindi, concluso che (p. 45) “l’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

10. Ebbene, avuto riguardo ai principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza R. deve essere oggi ribadito (punto 84 della sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016) che l’immissione in ruolo scelta dal legislatore italiano del 2015 rappresenta una delle misure alternative, idonee a sanzionare e a cancellare l’illecito comunitario, individuate dalla Corte di Giustizia, che si è compendiato nella indebita reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti a tempo determinato.

10.1. Devono essere al riguardo richiamate le considerazioni svolte da questa Corte nella più volte richiamata sentenza n. 22552 del 2016 sul rilievo da attribuire (p.n. 79), con riguardo alle posizioni coinvolte nella disciplina del nuovo regime, “alle disposizioni transitorie contenute nella L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, che hanno autorizzato il MIUR, per l’anno 2015/2016, ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, rimasti vacanti e disponibili all’esito delle immissioni in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi dell’art. 399 del T.U. di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, al termine delle quali sono soppresse le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente al 2012” ed alla circostanza che (punto n. 80) “il comma 97 della legge in esame stabilisce che si tratta di un concorso “riservato” ai soggetti iscritti, alla data di entrata in vigore della legge, (a) nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del Miur n. 82/2012 e (b) nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 605, lett. c), e successive modificazioni (la disposizione è conforme all’art. 97, comma 4, ultima parte, ex multis, Corte Cost., sentenze nn. 134/2014; 217/2012; 89/2003; 320/1997; 205/1996, dianzi richiamate)”.

10.2. Nella sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016 (pp. nn. 81 e 82) è stato precisato che la strada satisfattiva della immissione in ruolo con previsione rigorosa dei tempi, costituisce ad un tempo una sanzione e, dal punto di vista del beneficiario, una riparazione “in linea di principio la più ragionevole e soddisfacente tanto per lo Stato che vede assicurata la indispensabile provvista di docenti stabili – quanto per il richiedente, in quanto gli attribuisce il bene della vita, la cui certezza di acquisizione era stata lesa dalla condotta inadempiente realizzata dalla Amministrazione”, ed è stato considerato (p. n. 83) che la stabilizzazione è “ben più satisfattiva di quella per equivalente che sarebbe spettata al personale scolastico assunto con una serie ripetuta e non consentita di contratti a termine sulla scorta del “diritto vivente” costituito dai principi affermati dalle SSUU di questa Corte nella sentenza n. 5072/2016…” ed ai quali la sentenza n. 22552 ha dato continuità.

11. Inoltre, deve oggi essere ribadito il principio secondo cui anche l’immissione in ruolo effettuata sulla base del sistema di avanzamento reso possibile dalle previgenti regole sul reclutamento rispetta i principi di equivalenza ed effettività (p. n. 85 della sentenza n. 22552 del 2016) poichè “il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha, comunque, ottenuto, per il (tardivo, imprevedibile nè atteso) funzionamento del sistema di reiterate assunzioni, il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio: ed in tal guisa l’abuso perpetrato e l’illecito commessi sono stati, rispettivamente, oggettivamente represso e tendenzialmente riparato”.

11.1. Con riguardo alla evidenziata repressione dell’abuso e dell’illecito vanno richiamate, ancora una volta le considerazioni già svolte da questa Corte nella sentenza n. 22552 del 2016 (p. n. 26) sulla definitiva perdita di efficacia per entrambe le categorie di personale (docente e ATA), delle graduatorie ad esaurimento effettivamente esaurite (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 105), alla cadenza triennale dei concorsi, da indire su base regionale tenendo conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nel piano dell’offerta formativa, alla efficacia egualmente triennale delle graduatorie concorsuali (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 113), alla previsione (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 131) di un limite alla reiterazione delle supplenze, che a decorrere dal 10 settembre 2016 non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi.

Al riguardo va precisato, quanto alla disposizione contenuta nel richiamato dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 131, che il D.L. 12 luglio 2018, n. 87, art. 4-bis, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, che ne ha previsto l’abrogazione, non è applicabile “ratione temporis” alla fattispecie in esame.

11.2. L’equivalenza e l’effettività dell’immissione in ruolo ottenuta secondo il sistema di avanzamento previsto dalle previgenti regole di reclutamento ovvero in forza del piano straordinario di assunzioni sono state, d’altra parte, riconosciute anche dalla Corte di Giustizia nella sentenza R. (pp. nn. 34-37).

12. Deve aggiungersi che, come già statuito nella sentenza n. 22522 del 2016 (pp. nn. da 86 87), nelle ipotesi di reiterazione di contratti a tempo determinato, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, l’avvenuta stabilizzazione non preclude affatto la proponibilità della domanda per il risarcimento dei danni diversi e ulteriori rispetto a quelli esclusi dalla immissione nei ruoli, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016 e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 187 del 2016 (p. n. 18.2).

12.1. In tal caso l’onere di allegazione e di prova dei danni ulteriori grava sul lavoratore, non beneficiato in caso di stabilizzazione dall’agevolazione probatoria di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite, ma lo stesso non risulta insormontabile nè difficoltoso, perchè il sistema delle graduatorie ad esaurimento offre dati oggettivi (posizione ricoperta nella graduatoria, vacanze di organico, termini previsti, anche se non rispettati, dal T.U. per l’indizione dei concorsi e per le operazioni di immissione in ruolo) dai quali agevolmente desumere, se allegati, la mortificazione della chance di accedere all’impiego stabile.

13. Infine, con riguardo alle osservazioni esposte nella sentenza della Corte di Giustizia nella sentenza dell’8 maggio 2019 causa C-494/17 in ordine alla compatibilità del limitato effetto retroattivo della trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato con la clausola 5 punto 1 dell’Accordo quadro, si impone un’ulteriore considerazione di massimo rilievo.

13.1. Questa Corte è stata chiamata a pronunciare (udienza del 15 ottobre 2019 causa n. r.g. 2220/2017) sulla conformità alla clausola 4 dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE) della disciplina interna (di fonte legale e di negoziazione collettiva) relativa alla ricostruzione della carriera del personale docente della scuola, nei casi in cui l’immissione in ruolo sia stata preceduta da rapporti a termine, disciplina che fa discendere effetti giuridici ed economici dall’anzianità di servizio, che condiziona sia la progressione stipendiale sia, in genere, lo svolgimento del rapporto. Nel settore scolastico, infatti, l’anzianità assume un ruolo di particolare rilievo ogniqualvolta vengano in gioco valutazioni comparative dei docenti.

13.2. Ebbene, nel rispetto del dovere di conformazione del diritto interno a quello dell’Unione, questa Corte, ritenuta preclusa l’interpretazione conforme, ha affermato che “In tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dalla L. n. 124 del 1999, art. 11, comma 14, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto “ab origine” a tempo indeterminato; il giudice del merito, per accertare la sussistenza di tale discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, nè applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato”.

Pertanto anche sul versante degli effetti della stabilizzazione sulla anzianità di servizio il diritto interno risulta conforme alla clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.

13.3. Conclusivamente vanno ribaditi i principi di diritto indicati nel punto 2, lettere da a) ad h), di questa sentenza (pp. nn 118-125 della sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016) ed in particolare quelli di cui alle lettere E ed F sull’effettività e sull’adeguatezza della misura della stabilizzazione, anche se ottenuta attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali, misura alla quale si aggiunge il risarcimento del danno, se allegato e provato da chi agisce in giudizio.

Conseguenze di fattispecie.

14. Risulta dalla sentenza impugnata che la controricorrente, docente, è stata assunta su posti di organico di diritto in virtù di ripetuti contratti a termine, che hanno avuto una durata superiore a trentasei mesi.

Nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., la B. ha dichiarato, e la circostanza non è stata contestata dal Ministero, di essere stata immessa in ruolo secondo il meccanismo del doppio canale (cfr. pag. 5 memoria depositata dalla controricorrente ex art. 380 bis c.p.c.) e di ciò ha dato atto l’ordinanza n. 27815/2017 richiamata nello storico di lite.

La controricorrente, pertanto, ha ottenuto, per tale via, il bene della vita che aveva rivendicato in giudizio, formulando, in via principale, la domanda di conversione del rapporto, sicchè non rileva, per quanto innanzi osservato, la circostanza che la stabilizzazione sia avvenuta per mezzo di interventi diversi da quelli previsti nella L. n. 107 del 2015, nè assume rilievo la questione, prospettata nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., dell’applicabilità ai docenti della scuola dell’infanzia, quale è la B., del piano straordinario di immissione in ruolo che la L. n. 107 del 2015, art. 1, commi 95 e seguenti, ha autorizzato “per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, rimasti vacanti e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi dell’art. 399 del testo unico di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297”.

14.1. La circostanza di fatto, dedotta, come già evidenziato, dalla stessa controricorrente per fondarvi la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, non può ritenersi estranea al giudizio di legittimità in quanto intimamente correlata alla questione di diritto della risarcibilità del danno nelle ipotesi di intervenuta stabilizzazione ed allo ius superveniens costituito dalla più volte richiamata sentenza della CGUE R., che ha efficacia immediata nell’ordinamento nazionale, oltre che dalla L. n. 107 del 2015.

15. Il ricorso va, pertanto accolto e a ciò consegue la cassazione della decisione impugnata.

Non risulta, infatti, dalla sentenza impugnata, dal controricorso, nonchè dal ricorso, che la controricorrente abbia, nell’originaria domanda, allegato l’esistenza di danni ulteriori e diversi rispetto a quelli “risarciti” dall’immissione in ruolo, la cui prova grava sul lavoratore e che comunque non potrebbero identificarsi con quelli “da mancata conversione e quindi da perdita del posto di lavoro”, secondo quanto affermato nella predetta decisione delle SS.UU. n. 5072 del 2016.

Non essendo, pertanto, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta nei confronti dell’odierno ricorrente.

16. La complessità della questione giuridica, risolta sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese dell’intero processo.

Non sussistono le condizioni processuali previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda. Compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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