Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6638 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. III, 18/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 18/03/2010), n.6638

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA

DUSE 35, presso lo studio dell’avvocato PANTALANI STEFANO, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE dei distretti di (OMISSIS),

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale Ordinario di ROMA;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 24319/08 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA del 21.5.08, depositata il 30/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo

Vittorio.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. Il Notaio L.A. ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. avverso l’ordinanza n. 24319 del 30 settembre 2008, con la quale la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso da lei proposto avverso la sentenza n. 2156 del 2007 della Corte d’Appello di Roma, la quale aveva rigettato l’appello da lei proposto avverso la sentenza del Tribunale di Roma che le aveva comminato una sanzione disciplinare.

Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

2. Il ricorso e’ soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).

Essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata all’avvocato della parte ricorrente e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si sono svolte le seguenti considerazioni, che si riproducono letteralmente, salva la soppressione della parola sottolineata nella prima parentesi quadra, frutto di lapsus calami, e la correzione del “si” in “sensi” nella seconda:

“3. – Il ricorso appare ammissibile inammissibile, perche’ il quesito di diritto con cui la sua illustrazione si chiude non prospetta in alcun modo, nel modo riassuntivo richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., la prospettazione di un errore di fatto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, bensi’ di un ipotetico errore di valutazione in iure.

Il quesito con cui si chiude l’illustrazione del motivo di revocazione e’, infatti, cosi’ formulato: Dica questa Ecc.ma Corte se non integri un vizio ex art. 395 c.p.c., n. 4 dell’ordinanza in oggetto, la parificazione del ricorso che non contenga censure avverso la decisione ad un ricorso che contenga censure dichiarate inammissibili e che contenga una questione di legittimita’ la quale non sia stata dichiarata inammissibile, ma sulla quale sia stata omessa ogni decisione.

Il lettore di siffatto quesito, la’ dove esso dice che l’ordinanza impugnata avrebbe fatto una parificazione, per il fatto stesso che tale termine allude ad un’operazione di argomentazione svolta dalla Corte nell’ordinanza stessa, evoca un’attivita’ di valutazione in iure, posto che parificare una cosa ad un’altra significa porre a confronto le due realta’ da trattare allo stesso modo e spiegare le ragioni dell’identita’ di trattamento.

Pertanto, il quesito non pone in alcun modo una questione idonea ad integrare un vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 cioe’ la supposizione dell’esistenza od inesistenza di un fatto, sia pure inerente lo stesso processo per cassazione, rispettivamente inesistente o esistente in atti.

Si tratta, dunque, di quesito inidoneo ad assolvere la funzione di cui all’art. 366 bis c.p.c. rispetto ad un ipotetico motivo che fosse illustrato in modo da evidenziare effettivamente un errore di fatto alla stregua della norma citata. Ne consegue che la sola lettura del quesito comporta che non risulti assolto l’onere di cui all’art. 366 bis c.p.c. in relazione ad un ricorso ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., tenuto conto che, se pure il motivo nella sua illustrazione, una volta che lo si leggesse, denunciasse effettivamente un vizio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 il quesito, per il modo in ci ne’ formulato, non svolgerebbe la funzione di concluderlo, si’ che l’art. 366 bis c.p.c., resterebbe inosservato.

Per mera completezza, si osserva che la stessa lettura del motivo palesa che essa non denuncia affatto un errore ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 bensi’ un preteso vizio di attivita’ valutativa nell’applicazione delle condizioni di ammissibilita’ del ricorso in materia disciplinare notarile.”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla e’ necessario aggiungere, tenuto conto che la memoria non si e’ fatta in alcun modo carico dei rilievi della relazione.

E’ opportuno solo precisare che l’art. 366 bis c.p.c. (norma applicabile alla revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c.: in termini, per tutte, Cass. sez. un. n. 26022 del 2008), ma nella specie l’abrogazione – in mancanza di una norma retroattiva ed in ossequio al principio tempus regit actum – non puo’ venire in rilievo, essendo stato il ricorso proposto prima dell’entrata in vigore dell’abrogazione, disposta dalla L. n. 69 del 2009 e divenuta vigente il 4 luglio 2009, Poiche’ l’abrogazione di una norma processuale relativa alla previsione della necessita’ di un certo contenuto per il compimento di un atto ed in generale qualsiasi norma di modifica della disciplina del processo civile non sfugge all’applicazione del principio generale per cui la legge non dispone che per l’avvenire, e’ evidente che, essendo stato l’atto compiuto prima dell’abrogazione, la sua disciplina, in mancanza di un’espressa norma dispositiva della retroattivita’, resta quella abrogata, senza che occorra fare appello all’ultrattivita’ disposta dalla norma transitoria della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 di detta.

Il ricorso e’, dunque, dichiarato inammissibile.

Non e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

 

 

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