Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6636 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 01/03/2022), n.6636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 633-2016 proposto da:

FONDAZIONE ENPAM, – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei

Medici e degli Odontoiatri, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO GULLI 11,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DIOTALLEVI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente principale –

contro

SAN FILIPPO DIAL CENTER S.R.L., SERVIZI SANITARI ALCAMESI S.R.L.,

AMBULATORIO DI EMODIALISI KLOTHO S.R.L., CEB S.R.L., DIBA S.R.L.,

CENTRO DIALISI SAN GIOVANNI S.R.L., SIRNEPRHOS S.R.L., NEFRAL

S.R.L., CENTRO EMODIALITICO MERIDIONALE S.R.L., CENTRO SICILIANO DI

NEFROLOGIA E DIALISI S.R.L., tutti domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO

BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato ROSARIA INTERNULLO,

rappresentati e difesi dagli avvocati FEBO BATTAGLIA, NICOLA

NATULLO;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e contro

FONDAZIONE ENPAM, – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei

Medici e degli Odontoiatri;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

e contro

NEFRODIAL S.R.L., MADONIE DIALISI S.R.L., PATERNO’ DIAL CENTER

S.R.L., CATANIA DIAL CENTER S.R.L., ADRANO DIAL CENTER S.R.L.,

ACIREALE DIAL CENTER S.R.L., CER S.R.L., CATANIA SUD S.R.L., YBES

S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5936/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/09/2015 R.G.N. 8276/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/01/2022 dal Consigliere Dott.ssa CALAFIORE DANIELA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 18 settembre 2015, nella contumacia di Medical Center s.r.l. e Centro Medico Nefrologico s.r.l. e nel giudizio intercorrente anche tra San Filippo Dial Center s.r.l., Servizi Sanitari Alcamesi s.r.l., Ambulatorio di Emodialisi Klotho s.r.l., C.E.B. s.r.l., DIBA s.r.l., Centro Dialisi San Giovanni s.r.l., Sirneprhos s.r.l., Nefral s.r.l., Centro Emodialitico Meridionale s.r.l., Centro Siciliano di Nefrologia e Dialisi s.r.l., Nefrodial S.r.l., Madonie Dialisi s.r.l., Paternò Dial Center s.r.l., Catania Dial Center s.r.l., Adrano Dial Center s.r.l., Acireale Dial Center s.r.l., C.E.R. s.r.l., Catania Sud s.r.l., Ybes s.r.l. (tutte eroganti prestazioni di dialisi in regime di accreditamento) e l’ENPAM, ha rigettato sia l’appello principale proposto dalla Fondazione ENPAM che quello incidentale proposto dalle società ed ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato dovuto dalle società stesse il contributo del 2 per cento, previsto dalla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39 per le prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale dai medici liberi professionisti calcolato con riferimento alle sole prestazioni specialistiche dei medici ed odontoiatri secondo quanto calcolato dalla c.t.u. espletata per il periodo 7 ottobre 2004 31 dicembre 2008 unitamente alle sanzioni di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8 lett. a);

2. per la Corte distrettuale, per quanto in questa sede rileva, la base imponibile per il versamento del contributo era costituita dal fatturato societario conseguito per le prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale, ossia sulla somma dei ricavi relativi a tali prestazioni quali rimborsati da S.S.N. (indicati dalle società quali ” costo delle terapie”) nell’anno solare di riferimento, il cui valore, previsto da un nomenclatore tariffario, deve poi essere abbattuto secondo le previsioni dei D.P.R. n. 119 del 1988 e D.P.R. n. 120 del 1988;

3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso principale la Fondazione ENPAM, affidato a due motivi illustrati da successiva memoria;

le società San Filippo Dial Center s.r.l., Ambulatorio di Emodialisi Klotho s.r.l., C.E.B. s.r.l., DIBA s.r.l., Centro Dialisi San Giovanni s.r.l., SIRNEPRHOS s.r.l., Nefral s.r.l., Centro Emodialitico Meridionale s.r.l., Centro Siciliano di Nefrologia e Dialisi s.r.l. hanno resistito con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale basato su due motivi avverso il quale la Fondazione non ha opposto difese;

le rimanenti società non hanno svolto attività difensiva;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo, la Fondazione ENPAM denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che si ravvisa nel fatto che la sentenza impugnata ha ritenuto corretta la decisione del primo giudice in ordine ai criteri di calcolo del contributo del 2% indicati nella tabella E, ipotesi B, dell’elaborato peritale anziché riferirsi all’ipotesi A del medesimo elaborato di cui la Fondazione aveva chiesto l’accoglimento;

l’illustrazione del motivo, poi, evidenzia l’errore della relazione di consulenza tecnica quanto al contenuto del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 8 quinquies, con consequenziale violazione della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, il quale, nel prevedere che le società operanti in regime di accreditamento col servizio sanitario nazionale sono tenute a versare all’ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Medici) un contributo pari al 2% del fatturato annuo, ha inteso disporre che il contributo deve essere calcolato sulla base del fatturato prodotto dalla società attraverso l’attività dei medici operanti presso di loro in regime libero-professionale, e non invece sulla base dei compensi corrisposti ai menzionati professionisti; sottolinea, inoltre, la ricorrente principale che l’obbligo contributivo è indipendente dalla prestazione e prescinde da ogni valutazione di vantaggiosità previdenziale per gli stessi soggetti obbligati poiché è preordinato all’interesse generale, realizzando i doveri di solidarietà economica e sociale di cui all’art. 2 Cost.;

con il secondo motivo, la Fondazione denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, lett. b), trattandosi di condotta qualificabile quale evasione e non omissione contributiva, posto che le società non solo non avevano adempiuto all’obbligo di indicare i nominativi dei medici e degli odontoiatri che rendono prestazioni specialistiche nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale, previsto dalla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, ma neppure avevano versato la contribuzione richiesta;

con il motivo di ricorso incidentale, si deduce l’incostituzionalità della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39 in riferimento agli artt. 2,3,38,41 e 53 Cost. assumendo che l’opzione interpretativa seguita dalla Corte territoriale farebbe gravare il contributo su una sola delle categorie di soggetti abilitati a rendere, in condizioni di parità, prestazioni assistenziali; oltre il rilievo secondo cui l’onere, imposto al produttore del servizio anziché al fruitore, assumerebbe carattere solidaristico perché a carico di un soggetto privato estraneo alla categoria di lavoratori beneficiaria della prestazione previdenziale);

il primo motivo del ricorso principale è palesemente inammissibile giacché deduce un vizio di motivazione indicando in realtà un errore di diritto, quale sarebbe quello relativo alla corretta interpretazione ed applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39;

tale questione, posta anche con il primo motivo del ricorso incidentale in chiave di rilievo di costituzionalità, è già stata esaminata, in precedenti analoghi, da questa Corte, tra le altre, con le sentenze n. 11257 del 2016 e n. 11591 del 2016; n. 10959 del 2018; n. 2669 del 2021), alle quali si rinvia per la più ampia motivazione;

e’ stato espresso il principio di diritto secondo il quale il contributo del 20/0 previsto dalla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, dovuto dalle società di capitali, ha come base di calcolo il fatturato annuo attinente alle prestazioni specialistiche rese per il (e rimborsate dal) Servizio sanitario nazionale ed effettuate con l’apporto di medici o odontoiatri operanti con le società in forma di collaborazione autonoma libero-professionale con l’abbattimento forfettario di legge per costo dei materiali e spese generali ex D.P.R. 23 marzo 1988, n. 119 e ex D.P.R. 23 marzo 1988, n. 120, con esclusione del fatturato attinente a prestazioni specialistiche rese senza l’apporto di medici o odontoiatri;

si è osservato, infatti, che il sistema previdenziale dell’ENPAM prevede: a) un fondo di previdenza generale, al quale sono iscritti tutti i medici odontoiatri come conseguenza necessaria e automatica della loro iscrizione all’albo professionale, e b) tre Fondi speciali, cui sono iscritti i medici e gli odontoiatri che operano in rapporto di convenzione e/o accreditamento con gli istituti del servizio sanitario nazionale: essi sono b1) il Fondo speciale dei medici di medicina generale; b2) il Fondo degli specialisti ambulatoriali; b3) il Fondo degli specialisti esterni. Anche l’iscrizione ai Fondi Speciali ENPAM è automatica e consegue alla stipula delle convenzioni;

al Fondo speciale degli specialisti esterni erano iscritti, sulla base dell’originario regolamento, i medici e gli odontoiatri operanti nei propri studi professionali aventi un rapporto professionale con gli istituti del Servizio sanitario nazionale, comunque denominati, disciplinati dall’Accordo collettivo nazionale unico di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48; successivamente è stata prevista l’iscrizione anche dei medici e odontoiatri che partecipano alle associazioni fra professionisti ed alle società di persone operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale;

con la riforma introdotta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, per l’erogazione delle prestazioni specialistiche, comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, è stata prevista la possibilità per le Usl di avvalersi dei propri presidi o anche di strutture private di professionisti, con i quali intrattiene appositi rapporti fondati “sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa” (art. 8, comma 5);

il sistema che prevedeva il rapporto di convenzione è stato poi sostituito (D.Lgs. 23 dicembre 1996, n. 662) con il regime dell’accreditamento, sulla remunerazione delle prestazioni e sull’adozione di un sistema di verifica della qualità, modificato successivamente con la previsione di un accreditamento istituzionale rilasciato dalla Regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private (D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 8);

occorre aggiungere che, a norma del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8-sexies, comma 5, come introdotto dal D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 8, comma 4, la remunerazione delle attività diverse da quelle previste nel comma 2 (attività assistenziali specificamente indicate) è determinata dal Ministero della Sanità in base a tariffe predefinite (in base ai costi standard di produzione e di quote standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, preventivamente selezionate);

lo stesso decreto stabilisce i criteri generali in base ai quali le regioni adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture, secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività, verificati in sede di accreditamento delle strutture;

il sistema prevede, dunque, un’identica remunerazione della prestazione specialistica sanitaria, determinata nel nomenclatore tariffario nazionale cui si affiancano i tariffari regionali come sopra determinati, il cui scostamento rispetto a quello nazionale varia da regione a regione ed è essenzialmente dipendente dalla eliminazione di talune prestazioni, dalla loro sostituzione con altre o dal loro accorpamento, ovvero dall’uso di metodiche diverse;

sia che venga erogata dalle strutture pubbliche, sia che venga erogata da quelle private, la prestazione sanitaria ha una medesima remunerazione e ciò in considerazione dell’identità della prestazione professionale resa;

dal punto di vista previdenziale, il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-nonies (introdotto dal D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 13) ha lasciato immutato l’obbligo contributivo e le modalità di versamento della contribuzione nel fondo speciale da parte dei singoli professionisti in regime di convenzionamento, mentre con riguardo alle prestazioni specialistiche eseguite nell’ambito di un rapporto di convenzionamento con strutture sanitarie gestite da persone giuridiche private, da imprese societarie o da medici in forma associata è intervenuta la L. 23 agosto, n. 243 che così ha disposto all’art. 1, comma 39: “Le società professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e le società di capitali, operanti in regime di accreditamento col Servizio sanitario nazionale, versano, a valere in conto entrata del Fondo di previdenza a favore degli specialisti esterni dell’Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM), un contributo pari al 2 per cento del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio sanitario nazionale e delle sue strutture operative, senza diritto di rivalsa sul Servizio sanitario nazionale. Le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale”;

il successivo comma 40 prevede quanto segue: “Restano fermi i vigenti obblighi contributivi relativi agli altri rapporti di accreditamento per i quali è previsto il versamento del contributo previdenziale ad opera delle singole regioni e province autonome, quali gli specialisti accreditati ad personam per la branca a prestazione o associazioni fra professionisti o società di persone”;

le disposizioni della L. n. 243 del 2004, commi 39 e 40 sono state recepite dall’ENPAM con Delib. Consiglio di amministrazione 22 aprile 2005, n. 19, concernente modifiche al Regolamento del Fondo specialisti esterni, approvata con D.M. lavoro e delle politiche sociali 24 novembre 2005, n. 24 di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze: il Regolamento è stato così integrato con la previsione tra gli iscritti al Fondo medesimo dei medici e degli odontoiatri a) aventi rapporto professionale con gli Istituti del Servizio Sanitario Nazionale comunque denominati ed operanti nei propri studi professionali; b) che partecipano alle associazioni fra professionisti ed alle società di persone operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale; c) indicati, ai sensi della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, dalle società professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e dalle società di capitali operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale (art. 2 del Regolamento del Fondo specialisti esterni);

con la medesima Delib. n. 19 del 2005, il Regolamento è stato integrato attraverso la seguente previsione (art. 3): “La determinazione della misura dei contributi previdenziali è rimessa alle norme dell’Accordo Collettivo Nazionale Unico di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 28 nonché alle disposizioni di cui alla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, commi 39 e 40. Nell’ottica di assicurare l’equilibrio della gestione, è comunque rimessa all’ENPAM la rideterminazione della misura dei contributi già fissata dal predetto Accordo Collettivo”;

il successivo art. 4 ha stabilito che “Il contributo previdenziale dovuto ai sensi della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, è calcolato decurtando il fatturato annuo delle società attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti dei Servizio Sanitario Nazionale e delle sue strutture operative di una quota di abbattimento in ragione delle percentuali stabilite dai D.P.R. 23 marzo 1988, n. 119 e D.P.R. 23 marzo 1988, n. 120. Le relative modalità di versamento sono stabilite con delibera del Consiglio di Amministrazione”;

in tale contesto normativo, questa Corte ha già avuto modo di precisare (sentenze n. 11257 del 2016 e n. 11591 del 2016 cit.) che non può prescindersi dal tenore lessicale della norma che ancora la base di calcolo del contributo previdenziale al concetto inequivoco del fatturato annuo della società (ossia il complesso dei ricavi delle vendite o delle prestazioni di servizi nonché degli altri ricavi e proventi ordinari di un’impresa in un determinato periodo di riferimento), limitandolo però a quello prodotto esclusivamente dal corrispettivo delle prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale (e delle sue strutture) dai medici e odontoiatri in regime libero professionale con le dette società;

tali prestazioni sono remunerate in maniera predeterminata sulla base del nomenclatore tariffario nazionale o regionale;

il fatturato sulla cui base l’ENPAM pretende il contributo del 2 per cento non è l’intero fatturato della società ma solo la parte di fatturato derivante dal regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale, ossia il controvalore di tutte le prestazioni di carattere specialistico rese dai medici e dagli odontoiatri, retribuite secondo i criteri indicati dal D.Lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal D.Lgs. n. 229 del 1999;

l’Ente previdenziale si è dato carico di stabilire una quota di abbattimento della base contributiva volta a depurare il fatturato dai costi di produzione necessari per le prestazioni sanitarie specialistiche, attraverso il richiamo ai D.P.R. n. 119 del 1988 e D.P.R. n. 120 del 1988 e alle percentuali previste in tali decreti) contenuto nel Regolamento del fondo della specialistica esterna, come modificato con Delib. 22 aprile 2005, n. 19, artt. 1 e 2, approvata dai Ministeri vigilanti sulla fondazione ENPAM e assunta per dare attuazione alla L. n. 243 del 2004;

questa determinazione rientra nell’ambito dei poteri che l’ordinamento riconosce all’ente previdenziale nel D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2 laddove gli attribuisce autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nei limiti ed “in relazione (alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, comma 1) e gli impone di costituire una riserva legale preordinata ad assicurare la continuità nell’erogazione delle prestazioni ed a garantire l’equilibrio di bilancio (art. 1, comma 4, lett. c);

questa Corte, con i precedenti già richiamati, ha anche escluso asseriti elementi di incongruenza dati dal fatto che il prelievo del 2 per cento grava su un soggetto – le società accreditate – terzo rispetto a quello che beneficerà dei trattamenti assistenziali e previdenziali cui il contributo è funzionale, oltre che ogni contrasto con i principi costituzionali, di cui agli artt. 38 e 53 Cost., per gravare l’imposizione della contribuzione non già sul reddito prodotto dall’attività del professionista, bensì sul fatturato della società, che è invece il prodotto dei vari fattori produttivi (capitale, beni, professionalità) organizzati dall’imprenditore, valorizzando la previsione dell’art. 1, comma 39; in funzione di riequilibrio del sistema, in presenza delle medesime prestazioni, egualmente remunerate sulla base dei tariffari nazionali (o regionali), sia che per l’erogazione delle stesse partecipino le medesime figure professionali e si adoperino le stesse tipologie di apparecchiature e macchinari, sia che esse vengano rese nell’ambito della struttura pubblica, sia che vengano rese dal singolo medico accreditato ad personam sia, infine, che vengano rese da un’associazione di professionisti o società di persone o di capitali, che si avvalgono dell’opera dei professionisti medici o odontoiatri;

del pari, in quanto manifestamente infondato, i precedenti di questa Corte hanno già respinto anche l’ulteriore dubbio di legittimità costituzionale fondato sull’asserita duplicazione dei contributi previdenziali riferiti alla medesima attività professionale per la quale il medico già versa all’ente di previdenza il 12,50 per cento del proprio reddito: tale obbligo infatti sussiste in capo a tutti i medici e odontoiatri iscritti all’albo professionale che producano un reddito libero professionale superiore ad un certo importo e che concorrono, con la detta percentuale del 12,50 per cento, ad alimentare la quota B del fondo generale della libera professione;

non sussiste, pertanto, alcuna disparità di trattamento all’interno della stessa categoria professionale;

del pari è stata esclusa (v. Cass. n. 10959 del 2018) disparità di trattamento rispetto alle strutture pubbliche e private gestite da enti religiosi, che erogano le medesime prestazioni specialistiche e per le quali non è previsto alcun onere contributivo in favore del Fondo per la specialistica convenzionata esterna dell’ENPAM anche in considerazione della peculiarità dei rapporti esistenti tra Stato e Chiesa cattolica regolati da accordi bilaterali che disciplinano la condizione giuridica degli enti (cfr. Corte Cost., n. 235 del 1997);

l’imposizione del contributo del 2 per cento a carico delle società che si avvalgono delle prestazioni dei medici e odontoiatri in regime di libera professione – al pari di quella prevista per gli istituti del Servizio sanitario nazionale per le medesime prestazioni – risponde ad un tipo di previdenza solidaristica, caratterizzata dalla riferibilità dell’assunzione dei fini e degli oneri previdenziali, anziché alla divisione del rischio fra gli esposti, a principi di solidarietà, operanti all’interno di una categoria, con conseguente non corrispondenza fra rischio e contribuzione (cfr. Corte Cost. sent. n. 91 del 1976 e n. 133 del 1984, cit.) ed in cui i contributi vengono in considerazione quale strumento finanziario della previdenza;

l’incomparabilità dei sistemi previdenziali è principio cui la Corte Costituzionale si è costantemente attenuta; incomparabilità che deriva dalla loro complessità inerente alla varietà delle prestazioni e delle condizioni per ottenerle – conseguenza della varietà delle attività lavorative – e alle collegate diversità delle fonti di finanziamento (Corte Cost. n. 202 del 2008);

del resto più volte il Giudice delle leggi, nell’affermare la rispondenza agli artt. 2 e 38 Cost. delle forme di previdenza concernenti le professioni intellettuali, ha negato che possano qualificarsi di tipo mutualistico per essere organizzate sulla base del riferimento a date categorie professionali e alle rispettive attività tipiche, e secondo un criterio di accentuata autonomia strutturale e finanziaria sia reciproca che rispetto all’assicurazione generale obbligatoria e alle previdenze dell’impiego pubblico, trattandosi di scelte compatibili con l’idea di solidarietà, della quale rappresentano una specificazione, giustificata dal pluralismo che informa il nostro ordinamento e ammette solidarietà operanti nell’ambito di collettività minori (v. Corte Cost. n. 132 del 1984 e Corte Cost. n. 133 del 1984);

elementi interpretativi in senso contrario non possono trarsi dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 252 del 2008 la quale, nel dichiarare manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma di cui alla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, ha rilevato che il giudice rimettente non si era fatto carico di verificare la possibilità di seguire l’interpretazione fatta propria dall’ENPAM nell’applicazione della disposizione censurata per commisurare la base imponibile del contributo ai compensi corrisposti ai singoli professionisti (affermazione in linea con il principio cardine della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui la questione di legittimità costituzionale non può essere proposta al solo fine di ottenere dal Giudice delle leggi un improprio avallo ad una determinata interpretazione, ma richiede da parte del giudice remittente il dovuto approfondimento delle ragioni impeditive di ogni altra interpretazione adeguatrice: v. Corte Cost., sent. n. 77 del 2007; ordinanze n. 102 del 2012, n. 212 del 2011, n. 103 del 2011, n. 101 del 2011, nonché le ulteriori decisioni: sentenza 242 del 2008; ordinanze 297 e 448 del 2007, 114 del 2006, 211 del 2005 e 142 del 2004);

il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale si contesta la sanzionabilità della condotta in virtù di incertezze interpretative sull’an debendi o comunque si ritiene applicabile la sanzione corrispondente all’omissione contributiva è da rigettare sia perché le deroghe all’applicazione delle sanzioni, nella materia de qua, devono essere espressamente previste e, a tal fine, nessuna disposizione viene invocata, sia perché la censura non inficia la ratio decidendi incentrata sulla valorizzazione della condotta delle società in sede amministrativa in ordine alla comunicazione dei dati relativi al fatturato di ciascuna di esse, dati che tutte le società hanno omesso di fornire;

peraltro, nei passaggi motivazionali, la Corte di merito, argomentando in ordine al fatturato da prendere in considerazione, ha ben evidenziato l’obbligo di indicare i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato delle società di capitali, sicché correttamente ha valorizzato, agli effetti della norma sanzionatoria, l’omessa denuncia del fatturato non versandosi nella meno grave condotta di omesso o ritardato pagamento di contributi regolarmente denunciati;

neanche risulta apprezzabile il diverso profilo dell’incertezza normativa e della pendenza del giudizio di costituzionalità invocato per suffragare l’esenzione da sanzione o la sanzionabilità nella più lieve misura, essendo doveroso ricordare i principi elaborati da questa Corte (v., fra le tante, Cass. nn. 11591 e 13069 del 2016), secondo la quale la L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 10 pone come premessa per la riduzione delle sanzioni civili, in caso di ritardato o omesso pagamento dei contributi “derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza”, l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, condizioni queste che non risultano adempiute dalle parti ricorrenti;

la sentenza va, pertanto, cassata in parte qua con rinvio al giudice designato in dispositivo perché proceda a valutare le conseguenze sanzionatorie derivanti dagli inadempimenti contributivi per cui è causa in relazione al disposto della L. n. 388 del 2000, art. 116, lett. b), secondo quanto sopra affermato;

al giudice del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso proposto dalla Fondazione ENPAM, rigettati il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

 

 

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