Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6634 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6634 Anno 2016
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 3693-2009 proposto da:
CEPI SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO
LUCISANO, che lo rappresenta e difende giusta delega
in calce;
– ricorrente –

2015

3871

contro

COMUNE DI AIRASCA in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FARNESINA
136, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PIROCCHI,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Data pubblicazione: 06/04/2016

ANTONIO CICCIA giusta delega a margine;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 57/2007 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata il 19/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

NAPOLITANO;

udito per il controricorrente l’Avvocato PIROCCHI che
si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. LUCIO

R.G.N.

Svolgimento del processo

3693/09

La società CE.PI. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
impugnò dinanzi alla CTP di Torino avviso di liquidazione notificatole in
data 25 novembre 2005 dal Comune di Airasca per ICI dovuta per l’anno
2001, eccependo l’illegittimità dell’atto in forza di sei motivi, che possono

illegittimità della legge che aveva disposto la proroga del termine quanto alla
liquidazione del tributo, dopo che il termine era già spirato; b) carenza
d’idonea qualifica del funzionario sottoscrittore dell’ano; e) omessa

allegazione all’atto impositivo della delibera di Giunta municipale con la
quale era stata determinata l’aliquota 1C1; d) mancata applicazione del
cumulo giuridico ai fini della determinazione del calcolo delle sanzioni,
essendo stata contestata un pluralità di violazioni, pur trattandosi di atto
riferito ad una sola annualità, e) insufficiente motivazione dell’atto
impositivo; f) inesistenza giuridica della notifica dell’atto, in quanto
notificato direttamente a mezzo del servizio postale.
L’adita CTP di Torino rigettò il ricorso e la CTR del Piemonte, sull’appello
proposto dalla contribuente soccombente in primo grado, con sentenza n.
57/10/07, depositata il 19 dicembre 2007, rigettò il gravarne.
Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione la CE. Pl. S.r.l. in forza di sei
motivi.
Il Comune di Airasca resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce “violazione e mancata
applicazione del! ‘art, 1 — quater, decreto legge 30 dicembre 2004, n. 314 e

essere di seguito così riassunti: a) decadenza dal potere impositivo per

violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma l, periodo 3, decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; denunzia a sensi dell’art. 62, decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 ed art. 360, n. 3 c.p.c.”,
La ricorrente sostiene che, secondo la disciplina applicabile ratione temporis,
l’ IC1 era soggetta a termine triennale di decadenza, che veniva a scadere nella

Il D.L. 30 dicembre 20004, n. 314, aveva disposto la proroga del solo potere
di accertamento all’anno successivo, mentre la proroga dell’attività di
liquidazione era stata prevista solo in sede di conversione in legge del detto
decreto, avvenuta per opera della L. 1 marzo 2005, n. 26, con disposizione
entrata in vigore il 3 marzo 2005, sicché non poteva legittimamente ritenersi
prorogato ai fini della liquidazione un termine ormai scaduto.
L’illustrazione del motivo è conclusa da quesito di diritto del seguente tenore:
“Dica questa Corte se la proroga di un termine decadenziale debba avvenire

prima, o in limine, allo spirare del termine stesso, e non successivamente, con
la conseguenza che il terrnine, così spirato, non possa più essere
successivamente prorogato (tanto più che la norma di proroga, introdotta
soltanto in sede di conversione di un Decreto Legge, non ha stabilito una
diversa decorrenza — ad esempio 31 dicembre 2004 — tale da portare ad un
continuum temporale)”.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce “violazione e mancata
applicazione dell’art. 50, comma 2 e 3, dell’ari. 107, comma 3, decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, violazione e mancata applicazione

del! ‘ari. 11, comma 4, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; denunzia
a sensi dell’art. 62, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ed art. 360,
n. 3 c.p.c.”, rilevando come erroneamente la decisione impugnata non avesse
2

fattispecie in esame il 31.12.2004.

colto la specificità del motivo di gravame, con il quale era stata riproposta la
relativa eccezione, articolata su un duplice profilo, il primo relativo
all’assenza di apposita delibera di Giunta comunale di nomina del funzionario
Ganglio Silvana alla sottoscrizione degli atti impositivi, il secondo
riguardante l’assenza di qualifica dirigenziale nel soggetto sottoscrittore.

questa Corte se l’assenza della delibero di Giunta Comunale, con la quale
viene designato il funzionario ICI, porti all’illegittimità degli atti formati, e
sottoscritti, da questo funzionario”.

3. Con il terzo motivo la contribuente denunzia ancora, a sensi dell’art. 62 dei

D. Lgs. n. 546/1992 e 360 n. 3 c.p.c., “violazione e mancata applicazione
dell’art. 7, comma 1, periodo 2. Legge 27 luglio 2000, n. 212; violazione e
mancata applicazione del! ‘ari. li, comma 2 bis, periodo 2, decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 504”, deducendo 1′ erroneità in diritto della statuizione

resa dalla CTR, che ha escluso l’incidenza, ai fini del soddisfacimento
dell’obbligo di motivazione dell’atto impositivo, dell’omessa allegazione allo
stesso della delibera di giunta comunale che aveva fissato l’aliquota ICI,
ritenendo sufficiente la pubblicazione della stessa all’albo pretorio, che poteva
rendere conoscibile, ma non effettivamente conosciuto, l’atto da parte del
destinatario dell’avviso di liquidazione.
11 conclusivo quesito di diritto è così formulato: “Dica questa Corte se la
pubblicazione degli atti presupposti a contenuto collettivo (delibera di
determinazione dell’ICI) all’albo pretorio possa assolvere l’obbligo
motivazionale degli avvisi di liquidazione ICF.

4. Il quarto motivo, sempre in relazione all’art. 62 del D. Lgs. n. 546/1992 ed
all’art. 360, n. 3 c.p.c., è volto alla denunzia della “violazione e mancata
3

L’illustrazione del motivo è conclusa dal seguente quesito di diritto: “Dica

applicazione dell’art. 12, comma 1, comma 2 e comma 3, decreto legislativo
18 dicembre 1997, n. 472”, lamentando la ricorrente che erroneamente la
decisione impugnata non avrebbe rilevato l’illegittimità dell’atto impositivo
nella parte in cui non ha applicato, relativamente alla determinazione delle
sanzioni, il cumulo giuridico relativamente a violazioni che, pur relative allo

del tributo, l’altra del saldo.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “Dica questa Corte se
l’omesso versamento di un acconto e di un saldo, per lo stesso periodo,
costituisca fattispecie concreta sulla quale ridetenninare le sanzioni alla luce

del principio della continuazione”.
5. Con il quinto motivo la società ricorrente, denunzia, a sensi dell’art. 62 del
D. Lgs. n. 456/1992 e 360 n. 3 c.p.c., “violazione e mancata applicazione
dell’art. 11 comma 2 bis, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;

violazione e mancata applicazione dell’art. 7, comma 1, dell’art. 16, comma
2, decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”, assumendo che la violazione
denunciata con il motivo precedente si ripercuote sull’obbligo di motivazione
dell’atto impositivo, con specifico riferimento alla determinazione
dell’ammontare delle sanzioni.
Il conclusivo quesito di diritto è del seguente tenore: “Dica questa Corte se
l’Omessa rideterminazione delle sanzioni alla luce del principio della
continuazione costituisca un difetto di motivazione delle sanzioni stesse,
tenuto conto che risultano essere state irrogate sanzioni in ammontare
maggiore”.
6. Infine, con il sesto motivo, la ricorrente, sempre in relazione agli artt. 62
del D. L.gs. n. 54611992 e 360, n. 3 c.p.c., denunzia “violazione e mancata
4

stesso armo d’imposta, afferiscono l’una all’omesso versamento di un acconto

applicazione dell’art. 148 c.p.c. e dell’art. 3, camino 2, legge 20 novembre
1982, n. 890; violazione e falsa applicazione degli arti. 156 e 160 del codice
di procedura civile; violazione e falsa applicazione dell’art. 77, cornuta 1,
periodo 3, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504”, nella parte in cui la
sentenza impugnata ha ritenuto la legittimità della notifica dell’atto impositivo

ricevimento, non solo perché espressamente prevista detta forma di notifica
dalla legge, ma anche per avere l’atto raggiunto pienamente il suo scopo,
essendo stata posta la contribuente in condizione di far valere in sede di
tempestiva impugnazione le proprie ragioni volte a contestare la legittimità
dell’atto impugnato.

L’ illustrazione del motivo è conclusa dal seguente quesito di diritto:
«Dica questa Corte se la presenza di una relata di notifica “in bianco in un
alto che può, alternativamente, essere sia notificato, sia comunicato, porti a
ritenere che la scelta delle modalità di trasmissione sia esclusivamente quella
della notificazione. Conseguentemente, dica questa Corte» se «l’omessa
compilazione della relata porti all’inesistenza della notificazione e, per
l’effetto, all’inesistenza dell’atto».
7. Nel presente giudizio, avente ad oggetto la proposizione di ricorso per
cassazione notificato il 9 marzo 2009 avverso sentenza della CTR del
Piemonte depositata il 19 dicembre 2007, trova ancora applicazione il
disposto dell’art. 366 bis c.p.c., che ha richiesto, come è noto, che, per quanto
qui rileva, “nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, numeri 1), 2), 3)
e 4) l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena
d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto”.

5

direttamente a mezzo del servizio postale tramite raccomandata con avviso di

La giurisprudenza di questa Corte si è quindi portata, nell’interpretazione
della citata norma, ad equiparare, quanto all’effetto dell’inammissibilità del
motivo, all’ipotesi della mancanza della formulazione del conclusivo di diritto
quella dell’assoluta inidoneità del quesito come pur formulato.
Nella controversia in esame, nella quale tutte le censure sono state proposte in

ciascun quesito di diritto, come innanzi testualmente trascritto, si pone,
all’evidenza, come formulato in maniera del tutto generica, senza alcun
riferimento alla fattispecie concreta, risolvendosi quindi ciascun quesito nel
mero interpello alla Corte in ordine alla fondatezza delle questioni di principio
in ciascun motivo propugnate o delle censure come singolarmente prospettate.
Ne consegue, pertanto, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa
Corte (cfr., tra le molte, Cass. civ. sez. unite 5 gennaio 2007, n. 36; Cass. civ.
sez. V 7 marzo 2012, n. 3530), l’inammissibilità di ciascun motivo di ricorso.
7.1 Per completezza, con riferimento alla prima e fondamentale doglianza,
quella relativa al vizio in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata per non
avere rilevato l’eccepita decadenza dell’Amministrazione comunale dal potere
impositivo, si deve rilevare anche l’inconferenza del quesito (cfr. Cass. civ.
sez, 21 giugno 2007, n. 14385), atteso che, con riferimento all’epoca della
notifica dell’avviso di liquidazione (25 novembre 2005), essa è intervenuta
pacificamente nel vigore della disposizione di proroga, pur emanata con la
legge di conversione; sicché, in maniera del tutto pertinente e legittima la
decisione impugnata ha osservato che in sostanza con il motivo di gravame in
esame la ricorrente chiedeva disapplicarsi una disposizione di legge, ciò che è
precluso al giudice tributario adito, senza che tale rado risulti adeguatamente
censurata, avendo anzi la società ricorrente nella formulazione del motivo
6

relazione al paradigma normativo di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.,

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.RiTL 26/4/1986
N.131 TA13. ALL. B – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA

ribadito di non aver inteso prospettare alcuna questione di legittimità
costituzionale della nonna.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
8. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione in
favore del Comune controricorrente delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in C 2500,00 per compenso, oltre rimborso spese
forfettarie ed accessori, se dovuti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 dicenkfr 2015
Il Co sigliere estensore

P.Q.M.

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