Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6633 del 18/03/2010
Cassazione civile sez. trib., 18/03/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 18/03/2010), n.6633
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,
Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che
la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via Caetana
13/a, presso l’avv. Andrea Lombardi (studio legale Graziani),
rappresentata e difesa dagli avv.ti CAPARRINI Carlo e Paolo
Lombardini giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia-Romagna, sez. 5, n. 46 del 22/8/07.
udito l’avv. Riccardo Mariotti per delega dei difensori della
controricorrente.
Fatto
CONSIDERATO IN FATTO
che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:
“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha parzialmente accolto il ricorso della D. contro un avviso di irrogazione sanzioni per assunzioni irregolari.
L’intimata resiste con controricorso.
Il ricorso contiene tre motivi. Può essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) ed accolto, per manifesta fondatezza del secondo e terzo motivo, alla stregua delle considerazioni che seguono:
Con il primo motivo l’Agenzia deduce il difetto di giurisdizione del giudice tributario per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2008.
Il mezzo è inammissibile.
Diritto
PREMESSO IN DIRITTO
che l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale si arresta di fronte al giudicato, anche implicito, sulla giurisdizione, sicchè, nel caso in cui la sentenza della Corte costituzionale sia intervenuta quando il giudicato in merito alla giurisdizione si era già formato, non essendo stata impugnata sul punto (eventualmente anche sollevando questione di legittimità costituzionale) la pronunzia, è inammissibile l’eccezione di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di legittimità (SS.UU. 28545/08), deve rilevarsi che la ricorrente nulla deduce riguardo al fatto che l’appello riguardasse anche la questione di giurisdizione.
Con il secondo motivo, sotto il profilo della violazione di legge, l’Agenzia si duole del fatto che sia stato attribuito valore di prova alle sole dichiarazioni dei lavoratori circa la data di inizio dei rapporti mentre, con il terzo motivo, sempre sotto il profilo della violazione di legge, censura la sentenza impugnata per avere addossato all’ufficio l’onere della prova circa l’effettivo inizio dei rapporti.
Entrambi i motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono manifestamente fondati.
Premesso che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 144 del 2005, l’onere di provare la decorrenza del rapporto (successiva al 1 gennaio) grava sul datore di lavoro, presumendosi in difetto di prova che il rapporto decorra dal 1 gennaio, deve ritenersi che, nel processo tributario, le dichiarazioni dei terzi, acquisite nella fase amministrativa, concorrono a formare il convincimento del giudice se confortate da altri elementi di prova (Cass. 9402/07), ma non possono assurgere a mezzo esclusivo di prova”;
che la controricorrente ha presentato una memoria;
che il collegio condivide nella sostanza la proposta del relatore, pur rilevando che l’errore del giudice tributario consiste essenzialmente nel ritenere che sull’Ufficio gravi l’onere di fornire la prova della inattendibilità delle dichiarazioni dei lavoratori, riportate nel verbale;
che pertanto, accolti il secondo e terzo motivo del ricorso e dichiarato inammissibile il primo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna.
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 23 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010