Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6631 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6631 Anno 2016
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 5989-2009 proposto da:
DEL FORNO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA TEVERE 46, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO
BIANCA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CARLO STRADA giusta delega in calce;
– ricorrente 2015
3740

contro

COMUNE DI PASIAN DI PRATO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 66/2008 della COMM.TRIB.REG. di
TRIESTE, depositata il 29/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 06/04/2016

udienza del 03/12/2015 dal Consigliere Dott. LUCIO
NAPOLITANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.

SERGIO DEL CORE che ha concluso per il

rigetto o inammissibilità del ricorso.

R.G.N.

Svolgimento del processo

5989/09

Il sig. Giovanni Del Forno impugnò, con separati ricorsi, dinanzi alla CTP
di Udine, due cartelle esattoriali, la prima dell’importo di € 278,86 per
conguagli TARS1..1 per l’anno 2001 e la seconda dell’importo di 789,68
per TARSU dovuta per gli anni 1998, 1999 e 2000 nei confronti del

mancata notifica in ciascun caso di previa avviso di accertamento.
Il ricorso avverso il molo suppletivo 2001 fu rigettato dalla CTP di Udine
con sentenza n. 34 del 5 aprile 2004.
Quello proposto avverso la cartella relativa alle annualità 1998, 1999 e 2000
fu invece accolto dalla CTP di Udine con sentenza n. 16 del 12 aprile 2005,
per ritenuta irregolarità della notifica del previa avviso di accertamento prot.
18247 del 20.12.2001.
Entrambe le pronunce furono impugnate dalle parti rispettivamente
soccombenti.
La CTR del Friuli — Venezia Giulia, con sentenza n. 66/1/08, depositata il
29 ottobre 2008, riuniti gli appelli, accolse il ricorso dell’Ufficio sulla
pronuncia ad esso sfavorevole e rigettò viceversa l’appello del contribuente
avverso la sentenza che lo aveva visto soccombente, confermando, pertanto,
in entrambi i casi, la legittimità delle cartelle impugnate dal contribuente.
Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione il contribuente in forza di sei
motivi (erroneamente rubricati come sette), con gli ultimi tre dei quali
eccepisce per la prima volta in sede di legittimità il difetto di valida procura
in capo al difensore del Comune, che avrebbe comportato, in entrambi i
giudizi, l’invalida costituzione dell’ente in primo grado c l’inammissibilità

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Comune di Pasian di Prato, lamentando, per quanto qui ancora rileva, la

dell’appello proposto avverso la sentenza che aveva visto soccombente l’Ente
dinanzi alla CTP di Udine.
Il Comune di Pasian di Prato non ha svolto difese.
Motivi della decisione
I. Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione o falsa applicazione di

139, 148 e 160 c.p.c.”, relativamente alla statuizione con la quale la CTR ha
ritenuto valida la notifica dell’avviso di accertamento prot. 18247 del
20.12.2001.
Ciò sebbene dalla relata di notifica non emergesse il luogo dell’avvenuta
notificazione, effettuata a mani di persona diversa del destinatario, la sig.ra
Diva Bassi, qualificatasi al messo notificatore come madre convivente del
contribuente, e quantunque il ricorrente avesse contestato sia che la notifica
fosse avvenuta presso il proprio domicilio, sia la qualità della Bassi come
soggetto convivente con il figlio.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce “violazione o falsa applicazione
di norme di diritto, ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione degli
articoli 2697, 2699, 2725, 2729 c.c. e 116 c.p.c.”, in ragione del fatto che la
notificazione di detto avviso di accertamento fosse stata ritenuta valida dalla
sentenza impugnata sulla base di una doppia presunzione, sia quanto al luogo
dell’avvenuta notifica, sia con riferimento alla qualità della Bassi di familiare
convivente, oggetto di specifica contestazione da parte del contribuente ed
anzi di prova contraria in forza dell’esibita certificazione anagrafica.
3. Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per
“violazione o falsa applicazione di nonne di diritto, ex art. 360 cammei 1, n. 5
c.p.c. per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti
2

nonne di diritto, ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione degli articoli

controversi decisivi per il giudizio” evidenziando che la sentenza impugnata

ha svolto una serie di considerazioni — quanto all’individuazione dello stato
dei luoghi attinente alla prossimità delle abitazioni della Bassi e del Del Forno
– che lasciano intendere che la notificazione dell’avviso di accertamento sia
avvenuta non presso il domicilio del contribuente, come pure invece accertato

dalla CTR in forza della succitata presunzione.
4. Con il quarto motivo (erroneamente indicato come quinto) il ricorrente
deduce “violazione o falsa applicazione di nonne di diritto, ex art. 360,
comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione degli art. 1, 11, 12, D. Lgs. 546/1992 e 83,
182 e 345 c.p.c.”.

Con detto motivo il ricorrente solleva per la prima volta in sede di legittimità
la questione relativa all’invalidità della costituzione del Comune in ciascun
giudizio di primo grado, ove, in virtù di deleghe, da parte del Sindaco, non
redatte nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata,
erano stati delegati allo svolgimento delle difese da parte dell’Ente
rispettivamente il dott. Cudicio e la dott.ssa Miori, rivestenti la qualifica di
segretario comunale, che non li legittimava come difensori abilitati
all’assistenza tecnica, né quali soggetti aventi capacità di stare in giudizio ai
sensi dell’art. 11 del D.Lgs. n. 546/1992.
5. Analoga censura è svolta dal ricorrente con il quinto motivo (erroneamente
rubricato come sesto), con il quale la sentenza impugnata è censurata per non
avere rilevato d’ufficio l’inammissibilità dell’appello proposto dal Comune
avverso la sentenza di primo grado della CTP di Udine che aveva visto l’Ente
soccombente, in quanto proposto dall’avv. Dante Cudicio, perché sprovvisto,
in virtù delle considerazioni già esposte riguardo al motivo precedente, di

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valida procura ad litem, mancando la sottoscrizione dell’atto d’appello da
parte del Sindaco.
6. Con il sesto motivo (erroneamente indicato come settimo) il ricorrente
deduce ancora “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.
360, cornma 1, n. 3 c.p.c. per violazione degli art. 1, 11, 12, 61 D. Lgs.

d’ufficio l’inammissibilità dell’appello proposto dal Comune col ministero
dell’avv. Cudicio in quanto privo di valida procura ad litem, essendo stata
rilasciata dal Sindaco all’avv. Cudicio mera delega, non nella forme dell’atto
pubblico o di scrittura privata autenticata.
7. Devono essere previamente esaminati i motivi attinenti al denunciato
difetto di procura (quarto, quinto e sesto motivo), che possono essere
esaminati congiuntamente, stante la loro intima connessione.
Dallo stesso tenore del ricorso risulta che la relativa denuncia è stata
formulata dal contribuente per la prima volta in sede di legittimità.
Anche a prescindere dalla formalmente erronea enunciazione dei motivi di
ricorso, riportati sotto il paradigma dell’art. 360 1 0 comma n. 3 c.p.c. in luogo
dell’art. 360 JO comma, n. 4 c.p.c., i motivi devono ritenersi carenti riguardo
al requisito dell’autosufficienza.
7.1. Posto che le questioni relative alla nullità della procura alle liti e al difetto
di ius postulandi in capo al difensore possono essere rilevate d’ufficio per la
prima volta nel giudizio di legittimità, a condizione che la relativa prova
risulti dagli atti e dai documenti ritualmente acquisiti nelle fasi di merito (cfr.
Cass. civ. scz. 111 17 marzo 2009, n. 6439), affinché la Corte possa essere
messa in condizione di verificare la sussistenza di quello che è tipico error in
procedendo e quindi procedere all’esame del fascicolo quale giudice del fatto,
4

546/1992 e 83 e 350 c.p.c.”, non avendo la sentenza impugnata rilevato

è necessario che la parte specifichi la sede in cui nel fascicolo d’ufficio siano
rinvenibili quegli atti processuali sui quali si fonda il motivo di ricorso,
derivandone, in mancanza, l’inammissibilità per t’omessa osservanza del
disposto di cui all’art. 366 1° comma, n. 6 c.p.c. (cfr., tra le molte, Cass. civ.
sez. VI — III ord. 24 ottobre 2014, n. 22607), ciò che, appunto, è dato

7.2. Ciò premesso, va altresì dato atto che quanto esposto dal ricorrente
certamente non integra il vizio denunciato per quanto attiene ai separati
giudizi di primo grado, nei quali la delega si assume conferita al dott. Cudicio
e alla dott.ssa Miori, entrambi indicati dal ricorrente come aventi qualifica di
segretario comunale, atteso che in tema di contenzioso tributario gli enti locali
sono esentati dall’obbligo della difesa tecnica, per espressa previsione dell’art.
12 del D. Lgs. n. 546/1992, sicché è legittimo l’esercizio delle funzioni di
assistenza processuale da parte di funzionari comunali a ciò delegati dal
Sindaco o dal dirigente del servizio tributi (cfr. Cass. civ. sez. V 8 ottobre
2004, n. 20042; Cass. civ. sez. V 12 dicembre 2003, n. 19080).
7.3. Relativamente alla proposizione dell’atto di appello avverso la sentenza
che aveva visto il Comune in primo grado soccombente, i motivi quinto e
sesto, erroneamente indicati rispettivamente come sesto e settimo, sono invece
carenti quanto alla sommaria esposizione dei fatti, non chiarendo il
contribuente se l’avv. Dante Cudicio, che da solo avrebbe sottoscritto il
ricorso in appello, in assenza di valida procura ad litem, sia la medesima
persona, indicata come il segretario comunale dott. Cudicio delegata dal
Sindaco nel giudizio di primo grado che aveva visto l’Amministrazione
soccombente, ovvero sia diverso professionista, nel qual caso soltanto la
procura avrebbe dovuto essere conferita nella forme di cui all’art. 83 c.p.c.
5

riscontrare nella fattispecie in esame.

(cfr., in proposito Cass. civ. sez. V 18 giugno 2010, n. 14827).
Ne deriva l’inammissibilità, in relazione ai diversi profili come sopra
esaminati, delle censure in esame per carenza di autosufficienza dei rispettivi
motivi di ricorso.
8. 11 primo e secondo motivo possono essere anch’essi congiuntamente

Essi sono infondati, non sussistendo le denunciate violazioni di norme di
diritto.
Di là — infatti — da qualche ridondanza nella motivazione, che non inficia, in
considerazione anche di quanto si avrà modo di esporre di qui a breve
nell’esame del terzo motivo di ricorso, la legittimità della decisione
impugnata, essa si è attenuta ai principi più volte espressi in materia da questa
Corte ed ai quali va attribuita, in questa sede, ulteriore continuità.
Il giudice tributario di secondo grado, nel riconoscere la validità dell’avviso di
accertamento prot. 18247 del 20.12.2001, ha, infatti, correttamente ritenuto la
validità della notifica del suddetto atto impositivo al contribuente, ricevuta
dalla di lui madre sig.ra Diva Bossi e ciò in forza di duplice considerazione: a)
l’irrilevanza, nella fattispecie in esame, della sussistenza del requisito della
convivenza, contestato dal contribuente in forza di certificazione anagrafica
prodotta; b) la presunzione, in assenza di esplicita indicazione, nella relata di
notifica da parte del messo notificatore, del luogo di consegna dell’atto, che
essa sia avvenuta presso il domicilio del contribuente.
Entrambe le affermazioni sono conformi ai principi di diritto più volte
affermati in materia da questa Corte.
8.1. La notificazione a persona di famiglia, ai sensi dell’art. 139 2° comma
c.p.c. non richiede, infatti, l’ulteriore requisito della convivenza del familiare
6

esaminati, essendo tra loro strettamente connessi.

con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma,
risultando all’uopo sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di
affinità che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà
l’atto al destinatario stesso, spettando a quest’ultimo, che assume di non avere
ricevuto l’atto, l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della

certificazioni anagrafiche del familiare medesimo (trattasi di giurisprudenza
consolidata; tra le tante cfr. Cass. civ. sez. VI — L. ord. 15 ottobre 2010, n.
21362; Cass. civ. sez. V 30 ottobre 2006, n. 21362).
8.2. Quanto al secondo principio, anch’esso è conforme all’indirizzo espresso
in materia da questa Corte, secondo il quale “poiché la relazione di
notificazione si riferisce, di nonna, all’atto notificato così come strutturato, in
assenza d’indicazioni difformi deve presumersi che la notificazione sia stata
effettuata nel luogo in esso indicato” (nella fattispecie in esame, cioè, al
domicilio fiscale del contribuente) sicché l’omessa indicazione del detto luogo
nella relata, ove emendabile col riferimento alle risultanze dell’atto, non
comporta nullità della notificazione, ma mera irregolarità formale, non
essendo la nullità prevista dall’art. 160 c.p.c.”(cfr. Cass. civ. sez_ III 3 marzo
2010, n. 5079; Cass. civ. sez. V 17 febbraio 2005, n. 3230, specificamente
resa in tema di notificazione di avviso di accertamento tributario, cui si
applica, salvo espresse eccezioni, non ricorrenti nella fattispecie, ai sensi
dell’art. 60 D.P.R. n. 600/1973, la disciplina sulle notificazioni quale prevista
dal codice di procedura civile; si veda ancora Cass. civ. sez. I 9 aprile 1996, n.
3263).
9. La ratio decidendi della decisione impugnata, che ha affermato che “la
consegna dell’atto è stata eseguita, con presunzione iuris tantum, a mani
7

presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole

della Bassi nella casa di abitazione del Del Forno”, non avendo quest’ultimo
“fornito convincente prova contraria, nulla dimostrando, al riguardo, il
certificato anagrafico attestante la circostanza che la madre aveva propria
abitazione al civico 15 della .stessa Via di Sotto di Pasian di Prato”, non è

invero contraddetta dal prosieguo della motivazione resa dal giudice di

Essa appare come un quid pluris da intendersi meramente rafforzativo della
succitata presunzione, come si rileva dall’espressione “tenuto anche conto

dello stato dei luoghi, riferito alle due distinte abitazioni aventi in comune il
cortile interno ad accesso unico”, legata alla statuizione di cui sopra.

9.1. D’altro canto, come si rileva dall’epigrafe del terzo motivo, recante
“violazione o falsa applicazione di nonne di diritto, ex art. 360 comma 1, n. 5
c.p.c. per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti
controversi decisivi per il giudizio”, la censura risulta formulata in maniera

del tutto inammissibile, promiscuamente legando la censura dei vizio
motivazionale, inquadrabile nel paradigma di cui all’art. 360 1° comma, n. 5
c.p.c., al vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui al n.
3 del medesimo art. 360 e.p.e.
9.2. Se poi si ha anche riferimento all’applicabilità, al presente giudizio,
ratione temporis, dell’art. 366 bis c.p.c., nessun dubbio può residuare in punto

d’inammissibilità del motivo, avuto riguardo alla modalità di formulazione
del c.d. momento di sintesi che si pone, per una pagina intera di ricorso (tra la
n. 20 e la n. 21), in realtà come una sorta di esposizione parallela del motivo,
piuttosto che compendiarlo nel c.d. quesito di fatto, omologo ai quesito di
diritto.
11 ricorso va pertanto rigettato.
8

merito, che il ricorrente censura nell’ambito del terzo motivo.

10. Nulla va statuito in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità,
non avendo svolto difese il Comune intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 dicembre 2015

ir.

Il Co – igliere estensore

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