Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6630 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 10/03/2021), n.6630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22544/2014 R.G. proposto da:

V.L., rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Defilippi

con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Parma,

Vicolo dei Mulini n. 6, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Equitalia Centro s.p.a. rappresentata e difesa dall’avv. Flavio

Belelli, elettivamente domiciliata in Roma, via Benaco n. 5, presso

lo studio dell’Avv. M. Chiara Morabito Sante Ricci, per procura

speciale in calce al controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 280/18/14 depositata il 11.2.2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.12.2020

dal Consigliere Rosaria Maria Castorina.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

V.L. impugnava un atto di pignoramento presso terzi mediante il quale era stato assoggettato a pignoramento il suo stipendio presso il datore di lavoro per il pagamento di un debito tributario derivante da cartelle di pagamento non opposte.

La Commissione Tributaria Provinciale di Parma rigettava il ricorso.

La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna con sentenza n. 280/18/14 depositata il 11.2.2014, respingeva l’appello del contribuente sul presupposto che l’opposizione al pignoramento fosse stata proposta tardivamente, un anno e tre mesi dopo la notifica dell’atto di pignoramento.

Avverso la sentenza V.L. propone ricorso per Cassazione affidando il suo mezzo a due motivi, illustrati con memoria.

Equitalia Centro s.p.a. resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice tributario adito formulata da Equitalia Centro s.p.a..

Recentemente le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 7822/2020, hanno affermato che alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa (con l’avvertenza, in questo secondo caso, che, se dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assuma rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto).

Alla giurisdizione ordinaria spetta, invece, la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione), nonchè dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria, azionata in executivis, successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnare tali atti davanti alla giurisdizione tributaria).

La Corte ha altresì precisato che la tutela davanti alla giurisdizione tributaria è sempre iscrivibile nel modello di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

Nella specie, come affermato dalla CTR, il ricorrente aveva dedotto la mancata notifica della cartelle di pagamento, sicchè deve affermarsi la giurisdizione del giudice tributario.

2. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 360, n. 3, per violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 e della Dir. n. 12 del 2010 di Equitalia.

Deduce al ricorrente la CTR aveva errato nel ritenere tardiva l’impugnazione in considerazione del fatto che la cartella di pagamento non era stata emessa e notificata nei termini di decadenza previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

La censura non è fondata.

Quando la tutela concerne un atto esecutivo che si assume viziato per la mancanza o l’invalidità (sia per nullità sia per inesistenza) della notificazione della cartella o dell’intimazione oppure per vizi formali inerenti al loro profilo di contenuto forma, l’azione davanti al giudice tributario non è un’opposizione agli esecutivi secondo il modello di cui all’art. 617 c.p.c., ma un giudizio ai sensi del citato D.Lgs., art. 19, comma 3.

Ne consegue che la facoltà di impugnazione deve essere esercitata – secondo regola generale – nel rispetto del termine previsto di 60 giorni ex art. 21 cit.; sicchè l’avvenuta conoscenza dell’atto esplica effetto in ordine non soltanto alla determinazione in capo al contribuente della legittimazione ad impugnare, ma anche al termine di esercizio di tale legittimazione. Tanto più considerato che nè la tipologia, non direttamente impositiva, dell’atto impugnato, nè le modalità non notificatorie della sua conoscenza da parte del contribuente, sono in grado di mutare – mediante l’ipotetica configurazione, in realtà non prevista dall’ordinamento, di un’azione, sempre proponibile, di accertamento negativo del debito tributario la natura prettamente impugnatoria del processo di cui l’atto viene a costituire l’oggetto precipuo; con conseguente applicabilità delle modalità generali di introduzione del giudizio di impugnazione, a cominciare appunto dal termine decadenziale di proposizione (Cass. 13584/2017).

Il rigetto del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo con il quale si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e condanna V.L. al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00 oltre rimborso forfettario spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Belelli che ne ha fatto richiesta dichiarandosi antistatario.

Doppio contributo se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

 

 

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