Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6628 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/03/2011, (ud. 01/03/2011, dep. 23/03/2011), n.6628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

TRENITALIA S.p.A., in persona del suo procuratore speciale, Avv.

A.G. in virtù dei poteri conferitigli

dall’Amministratore Delegato della Società con procura notaio

Castellini, 11 luglio 2000, rep. 59992, elettivamente domiciliato in

Roma, Viale Umberto Tupini n. 113, presso lo studio dell’Avv. Corbo

Nicola, che la rappresenta e difende per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Agri n. 1,

presso lo studio dell’Avv. Nappi Pasquale, che rappresenta e difende

per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 2015/06 della Corte di Appello di

Lecce del 7.11.2006/20.11.2006 nella causa iscritta al n. 2695 R.G.

dell’anno 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

1.03.2011 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Nicola Corbo per la ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, depositato l’8.03.2004, R.A. esponeva:

– di essere dipendente della S.p.A. TRENITALIA CARGO con la qualifica di “tecnico di manovra e condotta” presso rimpianto di Brindisi;

– di avere diritto, in virtù dell’articolazione in turni rotativi del proprio orario di lavoro (mattina – 1 turno – dalle ore 6 alle ore 14 fino al 31.05.2001 e successivamente dalle ore 6 alle 13;

pomeriggio- 2 turno- dalle ore 14 alle 22 fino al 31.05.2001 e successivamente dalle ore 13 alle 21; notte: 3 turno- dalle ore 22 alle 6,00), alla fruizione di “tickets restaurant”, anche in assenza di mensa aziendale nella località di servizio e della distanza chilometrica tra questa e la residenza in Brindisi;

– che tale diritto non era stato riconosciuto da parte della datrice di lavoro.

Ciò premesso, conveniva in giudizio la società anzidetta: a) per sentir riconoscere il diritto a fruire del pasto aziendale nella misura prevista dall’art. 27 del CCNL del 6.02.1998 e dell’art. 19 del contratto aziendale del Gruppo F.S. del – 16.04.2003 in ragione dei turni di lavoro espletati; b) per sentir condannare la convenuta al risarcimento dei danno derivato dalla mancata corresponsione dei buoni pasto dal 1.11.1999 e alla corresponsione di Euro 2697,00 (pari al controvalore di buoni pasto n. 435), oltre accessori. La convenuta nel costituirsi contestava le domande del ricorrente.

All’esito il Tribunale di Brindisi con sentenza n. 1316 del 20.04.2005 dichiarò il diritto del ricorrente alla fruizione dal per il periodo 1.01.1999/31.05.2001 di un buono pasto limitatamente ai giorni in cui aveva prestato servizio nel primo turno (ore 6/14) e, per il periodo successivo e fino al 31.01.2004, di altro buono pasto nei giorni di prestazione del servizio nel secondo turno di pomeriggio; condannò pertanto la società al pagamento di 435 buoni pasto (ovvero il corrispondente in denaro pari ad Euro 2.697,00).

Tale decisione, a seguito di appello proposto da Trenitalia S.p.A., è stata confermata dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 2105 del 2006.

La Corte ha ritenuto che per il periodo 1.0.1999/31.05.2001, quando il R. aveva prestato servizio dei turno di mattina (ore 6/14), che terminava in concomitanza della fine della fascia oraria stabilita per il pranzo (ore 12/14), si trovasse oggettivamente in condizione di essere impossibilitato a consumare il pasto nelle fascia oraria prevista.

La stessa Corte ha seguito analogo ragionamento per il periodo successivo e fino al 31.01.2004, quando il R. aveva espletato il turno pomeridiano (ore 14/22 o 13/21), che terminava in concomitanza della fine della fascia oraria stabilita per il pranzo (ore 19/21).

Contro l’anzidetta sentenza ricorre per cassazione la Trenitalia S.p.A. con due motivi. Il lavoratore resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato rispettive memorie ex art. 378 c.p.c..

Il difensore della parte ricorrente ha depositato, ex art. 379 c.p.c., osservazioni scritte alle conclusioni del P.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. (in relazione all’art. 27, comma 1, lett. c) CCNL Ferrovie 1996/1999 e all’art. 19, comma 1, lett. c) del contratto aziendale del Gruppo FS del 16.04.2003), di ogni altra norma e principio in materia di interpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune e dei contratti in genere, nonchè vizio di motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5).

In particolare la ricorrente afferma che, con riferimento all’ipotesi di svolgimento da parte del dipendente del primo e secondo turno (mattino e pomeriggio), l’impugnata sentenza non ha fatto corretta applicazione delle richiamate norme contrattuali, con il ritenere che, ai fini del riconoscimento del diritto del dipendente al buono pasto, fosse sufficiente che il turno lavorativo ricomprendesse una delle fasce orarie concordate per il pasto (in questo senso è formulato – a pag. 13 del ricorso- il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.).

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. (in relazione all’art. 27, comma 1, lett. c) CCNL Ferrovie 1996/1999 e all’art. 19, comma 1, lett. c) del contratto aziendale del Gruppo FS del 16.04.2003), di ogni altra norma e principio in materia di interpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune e dei contratti in genere, nonchè vizio di motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5).

Con l’esposta censura la ricorrente ribadisce i rilievi contenuti nel primo motivo, ma sotto il diverso profilo visuale, secondo cui, ai fini dell’attribuzione dei buoni pasto, i giudici di merito avrebbero dovuto verificare il requisito della distanza casa – luogo del lavoro superiore a 20 Km e la possibilità da parte del dipendente di poter consumare presso la propria abitazione, non bastando che il turno lavorativo fosse compreso interamente in una delle fasce orarie concordate per il pasto.

2. Le censure esposte, che possono essere esaminate congiuntamente per la loro intima connessione, non colgono nel segno e non scalfiscono le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata, costituendo esse una diversa interpretazione delle disposizioni contrattuali collettive operata dal giudice di appello, senza alcuna spiegazione delle ragioni di illogicità o vizi di lettura in violazione delle regole ermeneutiche dettate dal codice civile, pacificamente riservate all’esclusiva competenza del giudice del merito.

Invero il giudice di appello, come già detto, ribadendo quanto statuito dal primo giudice, ha interpretato l’art. 27 lett. C) lett. C) n. 2, con riferimento all’ipotesi di svolgimento del servizio nel primo turno (mattino) o nel secondo turno (pomeriggio) nel senso che il riferimento della norma pattizia ai tempi di percorrenza, assume rilevanza solo quando il lavoro non sia ancora iniziato o sia terminato, non potendo il dipendente – nell’ipotesi di coincidenza dell’orario del turno con il termine dell’orario di mensa – consumare il pasto presso la propria abitazione nelle fasce orarie concordate.

Orbene, a fronte dell’interpretazione così formulata dal giudice di appello e in presenza della non contestazione delle circostanze di fatto, la società ricorrente si è limitata, come già in precedenza evidenziato, a prospettare una interpretazione dell’art. 27 del contratto in termini diversi, e più appaganti per essa, che consiste in una semplice critica della decisione di appello senza una specifica impugnativa ai sensi dell’art. 360 c.p.c..

In questa situazione va ribadito che tale difforme lettura della disposizione contrattuale non è consentita in sede di legittimità, non essendo emerse violazioni dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed essendo la motivazione coerente sul piano formale della motivazione ed equilibrata nei vari elementi che ne compongono la struttura argomentativa (in tal senso il consolidato orientamento di questa Corte ritiene non idonea ad integrare valido motivo del ricorso per cassazione una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice di merito che si risolva nella contrapposizione di una diversa interpretazione ritenuta corretta dalla parte: ex plurimis Cass. n. 15496 del 21 aprile 2009; Cass. n. 2738 dell’8 febbraio 2007; Cass. n. 13067 del 2005; Cass. n. 5359 del 2004; Cass. n. 16099 del 2003; Cass. n. 8994 del 2001; Cass. n. 545 del 1999).

La difesa della ricorrente, in sede di note di udienza ex art. 379 c.p.c., ha osservato che non è convincente il precedente giurisprudenziale- richiamato dal PM- di cui alla sentenza n. 14941 del 2009, giacchè la norma collettiva detta regole diverse, con riferimento ai buoni pasto, tra personale di “scorta” e “turnista fisso”, e soltanto per il primo prevede l’attribuzione di detto beneficio quando il turno comprenda la fascia per il pasto.

Orbene la critica, relativa al richiamo al precedente giurisprudenziale, si traduce in una censura suppletiva alla sentenza impugnata, come tale non ammissibile in questa sede di legittimità, non rientrando oltre tutto il profilo in questione nella ratio decidendi della decisione in discussione e non risultando che abbia formato oggetto di specifici rilievi in sede di atto di appello.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione a favore dell’Avv. Pasquale Nappi antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 31,00, oltre Euro 1500/00 per onorari ed oltre IVA, CAP e spese generali, con distrazione a favore dell’Avv. Pasquale Nappi antistatario.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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