Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6627 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 01/03/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 01/03/2022), n.6627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29744/2017 R.G. proposto da:

L.G., rappresentato e difeso, in forza di delega in calce

al ricorso, dall’avv. Giorgio Pagliani ed elettivamente domiciliato

presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

la quale è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1623/06/2017 della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia-Romagna, depositata il 22 maggio 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 gennaio 2022 dal consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. A seguito di verifiche fiscali nei confronti di nove associazioni dilettantistiche collegate all’associazione sportiva dilettantistica Pallamano Secchia, nel corso delle quali era stato accertato che le stesse, che avevano avuto cura di non realizzare introiti superiori al limite di Euro 250.000,00, avevano usufruito, in assenza dei relativi presupposti, delle agevolazioni previste dalla L. n. 398 del 1991, l’Agenzia delle entrate emetteva, in relazione all’anno d’imposta 2003, avviso di accertamento nei confronti di D.A., P.F., G.M. e L.G., ai sensi dell’art. 38 c.c., in ragione della loro qualità di amministratori o comunque di soggetti che avevano agito in nome e per conto delle associazioni satelliti, recuperando a tassazione maggiori imposte a titolo di IRES, IRAP e I.V.A..

L’atto impositivo veniva impugnato dai contribuenti, che eccepivano sia violazioni formali che di merito, e la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, ritenendo che l’Ufficio finanziario non avesse fornito prova che i contribuenti, nel periodo oggetto di accertamento, avessero svolto attività in nome e per conto delle associazioni, accoglieva il ricorso.

2. La sentenza di primo grado, impugnata dall’Agenzia delle entrate, veniva riformata dalla Commissione tributaria regionale che dichiarava la legittimità dell’avviso di accertamento nei confronti di tutti i contribuenti.

In particolare, i giudici regionali, respinte le eccezioni di decadenza dai termini di accertamento e di nullità dell’avviso di accertamento per eccessiva durata della verifica svolta, ritenevano che non fosse ravvisabile una duplicazione dell’I.V.A. e che mancasse la prova che le Associazioni sportive dilettantistiche avessero sostenuto costi da poter portare in detrazione. Facendo poi riferimento al processo verbale di accertamento redatto dalla Guardia di finanza, osservavano, per quanto ancora in questa sede di interesse, che, a prescindere dalle cariche formali rivestite, L.G. aveva svolto attività negoziale per due delle società satelliti (Pallamano Val di Secchia e Rubiera Handball) e curato le dichiarazioni fiscali per la ADS Pallamano Val di Secchia, precisando che questi elementi, connessi alle cariche rivestite all’interno delle società e allo stretto collegamento funzionale esistente tra le stesse, consentivano di ritenere sussistenti le condizioni di applicabilità dell’art. 38 c.c., con conseguente responsabilità solidale e personale del contribuente per le obbligazioni assunte dalle associazioni sportive dilettantistiche.

3. Contro la suddetta decisione d’appello L.G. ha proposto ricorso per cassazione, con sette motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 in relazione al D.Lgs. n. 466 del 1997 e successive modificazioni, art. 25 e censura la decisione impugnata laddove ha ritenuto applicabile il cd. raddoppio dei termini per l’accertamento anche con riferimento all’IRAP, pur trattandosi di imposta non prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, al quale la normativa che ammette il raddoppio fa riferimento.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. La stessa parte ricorrente, nell’illustrare lo svolgimento del processo, ha evidenziato di avere eccepito, in primo grado, l’illegittimità dell’atto impugnato per decadenza dell’Ufficio finanziario dal diritto di procedere all’accertamento, stante l’inapplicabilità del cd. raddoppio dei termini di cui all’art. 43, comma 3, citato, come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, perché entrato in vigore in data successiva a quella di commissione delle contestate violazioni (2003 e 2004).

La doglianza formulata con il ricorso introduttivo non conteneva, dunque, alcuna specifica contestazione riferita all’IRAP, essendo stata in quella sede eccepita soltanto la insussistenza dei presupposti per l’operatività della norma, sicché il mezzo in esame è inammissibile perché volto ad introdurre un motivo nuovo, come eccepito in controricorso dall’Agenzia delle entrate.

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la decisione gravata per violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto di attribuirgli la responsabilità per tutte le violazioni addebitabili alla ASD Pallamano Secchia. Sottolinea, sul punto, che, alla luce del principio enunciato da questa Corte, secondo cui la responsabilità ex art. 38 c.c. non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’Associazione, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra questa e i terzi, non poteva essergli attribuita alcuna responsabilità poiché non aveva rivestito alcuna carica nell’ambito dell’ente, non aveva svolto e, comunque, non era stato dimostrato che avesse svolto attività negoziale in nome e per conto della ASD Pallamano Secchia, né in nome e per conto delle ASD minori. Soggiunge il ricorrente che, mentre l’Ufficio gli aveva contestato di essere stato “Presidente/legale rappresentante della ASD Pallamano Virtus Secchia nonché il soggetto che ne curava gli adempimenti fiscali e ne presentava le dichiarazioni”, la Commissione tributaria regionale gli aveva addebitato di avere “…curato le dichiarazioni fiscali per la ASD Pallamano Val di Secchia…”.

Evidenzia, altresì, che gli unici elementi di prova forniti dall’Ufficio, con il solo richiamo al processo verbale di constatazione allegato all’avviso di accertamento, erano state le dichiarazioni di due clienti sponsor (Cevia Multiline e Exita s.r.l.), che avevano riferito di avere avuto contatti con lui e di avere sponsorizzato per poche migliaia di Euro due ASD minori, la ASD Rubira Handball e la ASD Pallamano Val di Secchia, ma non la ASD “madre”, della quale era stato ritenuto solidalmente responsabile; non risultava, tuttavia, provata la stipula di contratti con tali sponsor, né la percezione di somme di denaro a qualsiasi titolo dai medesimi sponsor. Il che escluderebbe, ad avviso del contribuente, la sussistenza dei presupposti a cui l’art. 38 c.c. subordina la responsabilità solidale della persona fisica e quella dell’Ente.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Questa Corte ha precisato che la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi. Si e’, altresì, chiarito che tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia ex lege, assimilabili alla fideiussione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 3, 24/10/2008, n. 25748, Cass., sez. 3, 29/12/2011, n. 29733).

Si è spiegato che la ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente, con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell’agente nell’attività dell’ente (Cass., sez. 5, 12/03/2007, n. 5746; Cass., sez. 5, 10/09/2009, n. 19486).

Ne deriva, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (Cass., sez. 3, 14/12/2007, n. 26290, Cass., sez. 3, 24/10/2008, n. 25748; Cass., sez. 3, 25/08/2014, n. 18188; Cass., sez. 6-L, 4/04/2017, n. 8752).

2.3. Il principio suesposto è stato, poi, ritenuto da questa Suprema Corte applicabile anche ai debiti di natura tributaria (v. Cass., sez. 5, 17/06/2008, n. 16344; Cass., sez. 5, 10/09/2009, n. 19486), pur senza trascurare, tuttavia, una caratteristica fondamentale che connota siffatte obbligazioni. Si è rilevato, in proposito, che il principio in questione non esclude, peraltro, che per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma ex lege al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato, fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza, implicito nel riferimento all’aver “agito in nome e per conto dell’associazione”, contenuto nell’art. 38 c.c., vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura (Cass., sez. 5, 12/03/2007, n. 5746; Cass., sez. 6-5, 19/06/2015, n. 12473; Cass., sez. 5, 15/10/2018, n. 25650; Cass., sez. 6-5, 29/01/2018, n. 2169; Cass., sez. 6-5, 24/02/2020, n. 4747).

Si è anzi affermato che, in ragione del principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dell’obbligazione tributaria, nell’ipotesi di avvicendamento nella carica sociale di un’associazione non riconosciuta, anche per evitare strumentalizzazioni elusive, il rappresentante legale subentrante non può andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l’associazione soltanto per la mancata ingerenza nella pregressa gestione dell’ente, in quanto è obbligato a redigere ed a presentare la dichiarazione dei redditi e ad operare, ove necessario, le rettifiche della stessa: ne deriva che, per l’accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta con quest’ultima, occorre tenere conto non solo della partecipazione di tale soggetto all’attività dell’ente, ma anche del corretto adempimento degli obblighi tributari incombenti sul medesimo (Cass., sez. 6-5, 23/02/2018, n. 4478; Cass., sez. 6-5, 28/09/2018, n. 22861). E che è consequenziale a tale principio di diritto che gli adempimenti relativi alla presentazione della dichiarazione possano afferire ad annualità d’imposta che almeno in parte non siano comprese nel periodo in cui il rappresentante abbia partecipato alla gestione dell’ente, perché non ancora a ciò preposto, o addirittura all’intera annualità, come in ipotesi di formazione e presentazione di dichiarazione integrativa (Cass., sez. 5, 9/02/2021, n. 3093).

2.4. Da quanto appena detto, come sottolineato da questa Sezione (Cass., sez. 5, 9/02/2021, n. 3093), discende un’ulteriore considerazione, incidente sulla prova e sul riparto del suo onere. Se infatti con riguardo alle obbligazioni in generale si è affermato il principio secondo cui chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività di chi agisce in nome e nell’interesse dell’associazione, deve invece affermarsi che nelle obbligazioni ex lege – in cui l’attenzione si sposta dalla concreta attività espletata dall’associato ai fini dell’insorgenza della specifica obbligazione alla verifica della partecipazione e gestione dell’ente da parte del soggetto – tale onere probatorio va diversamente ripartito. Infatti, grava su colui che invoca in giudizio la responsabilità dell’agente l’onere della prova degli elementi da cui desumere la sua qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell’attività dell’associazione, grava invece sul chiamato a rispondere delle obbligazioni ex lege dare prova della sua estraneità alla gestione dell’ente.

2.5. La decisione si pone in linea con gli arresti giurisprudenziali sopra richiamati e si sottrae al vizio denunciato, poiché la C.T.R., all’esito della valutazione degli elementi di prova offerti in giudizio, ha rilevato, a prescindere dalle cariche formali rivestite dal L. all’interno delle nove associazioni sportive dilettantistiche, lo stretto collegamento funzionale tra le associazioni “satelliti” e l’associazione “madre” e il diretto compimento, da parte dell’odierno ricorrente, di attività negoziale in favore di due delle associazioni satelliti e la presentazione di dichiarazioni per la ASD Pallamano Val di Secchia, in tal modo riconoscendo che l’attività dallo stesso espletata denota che egli ha partecipato anche all’attività di gestione della ASD “madre”, che si avvaleva delle associazioni minori, ad essa direttamente collegate, al fine di sottrarre a tassazione parte dei ricavi conseguiti e di beneficiare – proprio tramite lo schermo delle associazioni satellite – del regime fiscale agevolato previsto dalla L. n. 398 del 1991.

3. Con il terzo motivo, deducendo la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 il ricorrente contesta alla C.T.R. di avere erroneamente ritenuto che il destinatario dell’avviso di accertamento fosse stato reso edotto dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che lo avevano determinato e che a tal fine fosse sufficiente l’allegazione del processo verbale di constatazione su cui risultava fondato. Precisa che i giudici di merito hanno del tutto omesso la valutazione del fatto che all’ASD Pallamano Secchia, destinataria della notifica, erano stati attribuiti i ricavi di altre ASD definite “satelliti” delle quali, però, l’ASD “madre” nulla conosceva. In ogni caso, né l’Agenzia delle entrate, né i giudici di merito avevano valutato la concreta situazione del ricorrente, cosicché non poteva che ritenersi il difetto di motivazione dell’atto impositivo.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. I giudici di appello, benché non si siano espressamente pronunciati sulla presunta carenza di motivazione dell’atto impositivo, affrontando le questioni di merito hanno, seppure implicitamente, ritenuto del tutto congrua la motivazione.

In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass., sez. 5, 4/04/2013, n. 8312; Cass., sez. 5, 28/06/2017, n. 16147). Il ricorrente non ha assolto tale onere.

4. Con il quarto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 7 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 76 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere i giudici di appello ritenuto legittima la rettifica con un unico atto di due diverse dichiarazioni (I.V.A. e IRES/IRAP) riferite a due periodi di imposta diversi (1.1 – 31.12.2003 per l’I.V.A. e 1.7.2003 – 30.6.2004 per IRES e IRAP). Precisa il ricorrente che, ai fini dell’I.V.A. 2003, alla ASD madre era stato addebitato, tra l’altro, il mancato versamento di I.V.A. relativa al fatturato realizzato dalle ASD satelliti anche nel 2004; se anche il fatturato 2004 delle ASD satelliti fosse stato davvero riferibile alla ASD madre, la relativa I.V.A. avrebbe dovuto essere ripartita tra diversi esercizi (2003 e 2004) e non essere solo imputata al 2003.

4.1. Il motivo è infondato.

4.2. Come è stato ben evidenziato dalla controricorrente, la riferibilità dell’accertamento a due dichiarazioni tributarie diverse deriva dal fatto che, per i soggetti passivi Ires con esercizio non coincidente con l’anno solare, quale la Associazione sportiva dilettantistica, la normativa in materia di IVA non consente di presentare la dichiarazione unificata con altre dichiarazioni (ossia quella dei redditi e dell’Irap), dovendo la dichiarazione IVA essere presentata in via autonoma. L’esistenza di due dichiarazioni, quella per l’Iva e quella dei redditi e Irap, costituisce dunque diretta conseguenza della presenza di un esercizio sociale con coincidente con l’anno solare e legittima, pertanto, la rettifica, con un unico atto, riferita a due diverse dichiarazioni.

5. Con il quinto motivo il contribuente censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, nella parte in cui i giudici di appello non hanno annullato il recupero concernente l’I.V.A..

Sostiene che, nel caso in esame, non è stata dimostrata l’interposizione fittizia dell’attività delle ASD “minori” rispetto a quella della ASD madre, alla quale non potevano pertanto essere attribuite tutte le operazioni attive svolte dalle ASD satelliti, senza duplicare la pretesa impositiva.

5.1. Anche il quinto motivo va respinto.

5.2. I giudici di appello, con motivazione esaustiva e del tutto condivisibile, hanno escluso la duplicazione dell’I.V.A., sottolineando, da una parte, che le associazioni satelliti hanno fatturato, per conto dell’associazione madre, gli introiti realizzati mediante sponsorizzazioni pubblicitarie rese da quest’ultima, emettendo in tal modo fatture per operazioni inesistenti, e, dall’altro, che l’associazione madre, pur avendo effettivamente reso delle prestazioni di servizi, ne ha omesso la relativa fatturazione.

5.3. Così motivando la C.T.R. ha fatto corretta applicazione della normativa in materia di I.V.A..

Sul punto, è bene rammentare che, ai sensi dell’art. 21, p. 1, lett. c), della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (sesta direttiva), l’I.V.A. è dovuta da “chiunque indichi l’imposta sul valore aggiunto in una fattura o in una altro documento che ne fa le veci”. Tale disposizione è stata ribadita dall’art. 203 della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia della UE, il soggetto che indica l’I.V.A. in una fattura ne è debitore indipendentemente dall’obbligo di versarla in ragione di un’operazione effettivamente imponibile (CGUE 18 giugno 2009, in causa C-566/07, Stadeco, punto 26 e giurisprudenza citata; CGUE 31 gennaio 2013, in causa C-643/11, Stroy trans EOOD, punti 29 e 42). E ciò al fine di eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale conseguente al diritto di detrazione, sicché gli Stati membri possono concedere la rettifica delle imposte indebitamente fatturate, ma unicamente nel caso in cui chi ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede (CGUE 13 dicembre 1989, in causa C-342/87, Genius Holding, punto 18; CGUE 11 aprile 2013, in causa C-138/12, Rusedespred, punto 25 e giurisprudenza ivi citata) o, comunque, anche in assenza di buona fede, di avere completamente eliminato in tempo utile il rischio di perdita di gettito fiscale (CGUE 6 novembre 2003, in cause C-78/02 e riunite, Karageorgou e altri, punto 50; CGUE 8 maggio 2019, in causa C712/17, ENSA s.r.l.; CGUE 2 luglio 2020, in causa C-835/2018, SC Terracult s.r.l., punto 28; Cass., sez. 5, 12/10/2021, n. 27637).

5.4. Sul piano del diritto interno, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 1, stabilisce che per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili. Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, prevede che se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relativi sono indicate in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.

La giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 6-5, 18/04/2019, n. 10974; Cass., sez. 5, 26/09/2018, n. 22963; Cass., sez. 5, 27/05/2015, n. 10939; Cass., sez. 5, 13/10/2011, n. 21110), recependo l’orientamento della Corte di giustizia, ha affermato che il fatto stesso dell’emissione di una fattura per operazioni inesistenti implichi l’obbligo di pagamento della relativa I.V.A., fatti salvi l’esistenza della buona fede (che, ovviamente, non può mai sussistere in caso di operazioni oggettivamente inesistenti: cfr. Cass., sez. 6-5, 14/09/2016, n. 18118) ovvero l’obbligo di eliminare il pericolo di perdita di gettito per l’Erario.

5.5. Non si sottrae alla declaratoria di inammissibilità l’ulteriore profilo di doglianza fatto valere con il mezzo in esame, là dove si assume che “non è stata dimostrata la interposizione fittizia dell’attività delle ASD minori rispetto a quella della ASD madre…”, considerato che con tale contestazione il contribuente, sotto l’apparente deduzione della violazione di un vizio di legge, muove critiche all’accertamento di fatto svolto dai giudici di merito e tende a contrapporre alla ricostruzione fattuale della vicenda operata dai giudici regionali una diversa ricostruzione a sé più favorevole.

6. Con il sesto motivo il contribuente, in subordine rispetto al precedente motivo, censura la decisione gravata per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 55, 56, 81 e ss. e art. 53 Cost., per non avere i giudici di appello riconosciuto la deducibilità in capo all’ASD “madre” dei costi imputabili alle ASD “minori” per il conseguimento del fatturato attribuito alla madre.

La doglianza è inammissibile, posto che la C.T.R. ha affermato che non vi era prova che le associazioni satelliti avessero sostenuto costi, aggiungendo, peraltro, che non essendo le stesse iscritte alla FIGH, “non avevano la possibilità di tesserare alcun atleta e di quindi di partecipare a qualsiasi campionato federale”. L’apprezzamento di fatto, non scrutinabile in questa sede, non risulta scalfito dalle argomentazioni difensive del ricorrente che si è limitato a ribadire che deve consentirsi la deducibilità dei costi, senza tuttavia neppure dedurre di avere documentato presunti costi sostenuti.

7. Con il settimo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, e art. 12 lamentando che i giudici di secondo grado, non avendo individuato gli autori delle violazioni contestate, non avrebbero potuto confermare le sanzioni irrogate. Aggiunge che non risulta applicato il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 che invece avrebbe dovuto operare proprio in ragione del fatto che l’Agenzia delle entrate aveva ritenuto che le violazioni contestate alla ASD “madre” ed alle altre ASD “satelliti”, nonché ai presunti gestori, facessero parte di un unico disegno evasivo.

7.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza laddove si lamenta la mancata applicazione del richiamato art. 12, in difetto di trascrizione in ricorso quanto meno di stralcio dell’avviso di accertamento, al fine di consentire a questa Corte di individuare le sanzioni in concreto irrogate.

7.2. Infondata risulta, inoltre, l’ulteriore contestazione fatta valere con il mezzo in esame, dovendosi ribadire che il principio di personalizzazione della sanzione introdotto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, di cui si denuncia la violazione, va letto in combinato disposto con l’art. 11 del medesimo D.Lgs., che prevede la solidarietà tra l’associazione e gli autori delle violazioni contestate. Nel caso in esame, la C.T.R. ha individuato l’odierno ricorrente quale autore delle violazioni e responsabile ex art. 38 c.c., cosicché non può porsi in dubbio che egli debba anche rispondere, in solido con l’associazione, di tutte le obbligazioni facenti capo a quest’ultima, ivi comprese quelle relative alle sanzioni.

8. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA