Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6626 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. I, 18/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 18/03/2010), n.6626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19558-2009 proposto da:

F.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA G. CARDUCCI 4, presso l’avvocato MORBIDELLI GIUSEPPE,

che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso l’avvocato

MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GIANDOMENICO FALCON, ARTURO GIULIANO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

PRESIDENTE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, PROVINCIA AUTONOMA DI

TRENTO, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI

CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE

D’APPELLO DI TRENTO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 195/2009 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 11/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato G. MORBIDELLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, gli Avvocati G. FALCON e E.

COGLITORE, per delega, che hanno chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.M., con ricorso D.Lgs. n. 67 del 2000, ex art. 70 depositato il 6/3/2009, si rivolgeva al Tribunale di Trento per sentir accertare e dichiarare l’ineleggibilità di F.M. alla carica di Consigliere Provinciale della Provincia Autonoma di Trento (PAT). A sostegno del ricorso esponeva che, nel corso della seduta del 4/2/2009, il Consiglio Provinciale aveva deliberato la surroga del Consigliere dimissionario D.S. con il F. che aveva prestato il giuramento di rito.

Secondo il ricorrente l’ineleggibilità del F. derivava dal fatto che il medesimo, al momento della presentazione della candidatura per le elezioni provinciali, rivestiva la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione ed era rappresentante del Consorzio Elettrico di Storo (CEDIS), esercente attività di produzione e distribuzione di energia elettrica mediante lo sfruttamento, in regime di concessione, rilasciata dalla PAT, di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico, carica ancora ricoperta.

Secondo il ricorrente l’ineleggibilità trovava giuridico fondamento nella L.P. 5 marzo 2003, n. 2, art. 66, comma 1, lett. a e, ad ulteriore sostegno, faceva rilevare che il ricorrente, candidato nella lista civica D., aveva ottenuto parecchi consensi nella zona di operatività del CEDIS, per cui c’era anche la prova che il servizio pubblico espletato aveva avuto un peso nella sua elezione a consigliere provinciale.

In esito alla discussione orale, il Tribunale accoglieva le conclusioni del ricorrente, dichiarando il F. ineleggibile.

Contro la sentenza proponeva ricorso in appello il F., deducendo, a sostegno del gravame la violazione del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82 da parte del Tribunale, perchè il PM, pur avendo dichiarato di intervenire, non aveva, poi, partecipato alla discussione in udienza. Inoltre il Tribunale aveva ritenuto inammissibile la costituzione del F. e si era limitato a sentirlo in udienza.

In secondo luogo, il ricorrente eccepiva l’illegittimità costituzionale della L.P., art. 16 sotto diversi profili. Nel merito, lamentava l’illogicità e la contraddittorietà della sentenza per mancanza di un formale provvedimento concessorio a favore del CEDIS, nonchè l’illegittimità della motivazione per travisamento dei fatti sulla qualità del Cedis.

Infine assumeva che la motivazione era illogica e carente in ordine ai reali effetti avuti dalla carica sulle votazioni.

Si costituiva il S. il quale replicava ai motivi di impugnazione, sostenendo, in particolare, la regolarità del giudizio di primo grado sotto gli aspetti processuali, la manifesta infondatezza della eccepita incostituzionalità della norma provinciale posta a fondamento della dichiarata ineleggibilità del F. a consigliere provinciale e la mancanza di elementi, giuridicamente validi, per riformare nel merito la decisione impugnata.

La Corte d’appello di Trento, con sentenza n. 195/09 ha rigettato il gravame.

Avverso detta decisione ricorre per cassazione il F. sulla base di due motivi, illustrati con memoria,cui resiste con controricorso il S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce, sotto il profilo della violazione di legge e della omessa e contraddittoria motivazione, che la sentenza della Corte d’Appello è errata nella parte in cui ha ritenuto che la causa di ineleggibilità di cui alla L.P. n. 2 del 2003, art. 16, comma 1, lett. a) ricorra anche nei confronti dei legali rappresentanti, amministratori delegati, consiglieri delegati e direttore generale di società che erogano in via di mero fatto un servizio pubblico in assenza di un formale provvedimento di concessione da parte della regione o della provincia.

Con il secondo motivo deduce che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che l’art. 16, comma 1, lett. a della citata Legge Provinciale prevedesse una ipotesi di ineleggibilità anzichè di incompatibilità.

In relazione ad entrambi i motivi il ricorrente solleva poi la questione di costituzionalità dell’art. 16, comma 1 in relazione agli artt. 3 e 51 Cost..

Va innanzi tutto esaminata l’eccezione dì inammissibilità del ricorso per tardi vita.

L’eccezione è infondata.

La sentenza impugnata è stata notificata il 24.8.09 ed il ricorso per cassazione è stato presentato per la notifica il 12.9.09, entro il termine di 20 giorni previsto dal D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82 ter.

Infondata a tale proposito è la tesi del controricorrente, secondo cui era necessario il previo deposito del ricorso presso la Cancelleria della Corte di Cassazione per la fissazione del decreto e della successiva notifica. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, chiarito che le disposizioni di cui al D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82, comma 3, e art. 82-bis, comma 2, secondo le quali, in riferimento al giudizio di primo e secondo grado, il ricorso va notificato alle controparti, unitamente al decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, dopo il suo deposito presso la cancelleria del giudice adito, non si applicano al giudizio di cassazione, nel quale la comunicazione di tale decreto deve essere effettuata dalla cancelleria a norma dell’art. 377 cod. proc. civ., atteso che, in riferimento a tale giudizio, l’art. 82-ter dello stesso Decreto prevede solo la fissazione dell’udienza in calce al ricorso già notificato. (Cass. 16052/09).

Venendo all’esame del primo motivo di ricorso, lo stesso è inammissibile. La sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza della causa di ineleggibilità del ricorrente in base ad una duplice “ratio decidendi”,la prima delle quali si fonda sull’assunto che, ancorchè alla società Cedis non fosse stata rilasciata dalla Provincia di Trento la concessione per la distribuzione di energia elettrica, la stessa doveva comunque considerarsi concessionaria ex lege in virtù di quanto disposto dal D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 9 che prevede che, in ogni caso, le imprese che già esercitavano il servizio possono continuare a svolgerlo fino al 2030 anche in assenza di provvedimento concessorio.

La seconda ratio decidendi consiste nell’affermare che, in ogni caso, la Cedis rientrava nella previsione di cui alla L.P. n. 2 del 2003, art. 16, lett. A in quanto impresa erogatrice di servizio pubblico.

Il primo motivo di ricorso, tutto incentrato a contestare l’assunto seconde cui rientravano nella previsione della L.P. n. 2 del 2003, cit. art. 16, i rappresentanti, amministratori, consiglieri etc. di società che esercitavano un servizio pubblico a prescindere da un atto formale di concessione, censura unicamente tale seconda ratio decidendi e non già la prima che è,invece ,quella fondamentale su cui poggia la decisione, risultando la seconda formulata esclusivamente ad abundantiam e per ulteriore completezza.

Discende da ciò la carenza di interesse alla proposizione del motivo in esame in quanto, anche se dovesse in via di ipotesi essere accolto, la decisione impugnata rimarrebbe comunque utilmente supportata dalla prima ratio decidendi, con la conseguenza che nessun risultato utile potrebbe comunque conseguire il ricorrente.

Discende da ciò che il fatto che la Cedis sia concessionaria ex lege del servizio pubblico di erogazione di energia elettrica è ormai coperto da giudicato.

Il secondo motivo, con cui il ricorrente sostiene che, nel caso di specie, si sarebbe trattato di una ipotesi di incompatibilità anzichè di ineleggibilità, è infondato.

Invero, come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, la tesi del ricorrente appare del tutto inconsistente in base alla semplice constatazione che la L.P. n. 2 del 2003, art 16, comma 1, lett. a), espressamente prevede che non è eleggibile “il legale rappresentante, l’amministratore delegato, il consigliere delegato o il direttore generale di società o imprese concessionarie o erogatrici di pubblico servizio per conto della Regione o della provincia di Trento”.

A fronte di tale inequivoco dettato normativo, che prevede una espressa ipotesi di ineleggibilità, non è dato vedere come possa invece ritenersi trattarsi di una ipotesi di incompatibilità.

Nessuna operazione interpretativa potrebbe avallare siffatta conclusione.

Non può, infatti, ritenersi che il legislatore abbia errato nella attribuzione del nomen iuris, sia perchè la L.P. n. 2 del 2003, art 16 contiene, oltre a quella in esame, tutte le altre cause di ineleggibilità, e sia perchè la citata L.P. n. 2 del 2003, art. 17, comma 4, che disciplina invece le ipotesi di incompatibilità, prevede tra esse il caso di chi rivesta la carica di legale rappresentante, amministratore, dirigente etc. “di enti, istituti, associazioni o società legati alla regione o alle province autonome di Trento o di Bolzano da un contratto di opera o di somministrazione o che gestisca servizi di qualunque genere per conto dei medesimi enti”.

Il che dimostra che il legislatore provinciale ha ben tenuto in considerazione la distinzione tra ineleggibilità ed incompatibilità, riservando la prima ai rappresentanti, amministratori ,etc. di imprese, consorzi, società etc. legate da un rapporto di concessione con la Provincia o che comunque erogano un servizio pubblico, e prevedendo la seconda per i rappresentanti, amministratori etc. di quelle società che, al di fuori di rapporti di concessione o di prestazioni di pubblici servizi, hanno invece semplici rapporti contrattuali di opera o somministrazione ovvero di gestione di servizi con l’ente locale.

Resta da esaminare la questione di legittimità costituzionale proposta in relazione al profilo dedotto nel motivo in esame. La stessa risulta manifestamente infondata.

La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto che l’ineleggibilità costituisca una grave deroga al diritto di elettorato passivo, costituzionalmente tutelato (art. 51 Cost.) che deve essere giustificata da condizioni personali tassative tra cui, ad esempio, rientra la titolarità di ufficio o di una carica suscettibile di provocare una indebita influenza distorsiva sulle libere scelte degli elettori, lesiva della par condicio, in virtù di una captatio benevolentiae, o di un timore reverenziale in essi ingenerato ovvero una condanna penale per determinati reati cui la legge ne ricolleghi la perdita. (v. da ultimo Cass. 19757/09).

Ponendo l’art. 51 Cost. come regola l’eleggibilità, e solo come eccezione l’ineleggibilità la Corte Costituzionale ha più volte affermato che le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere rigorosamente informate alla soddisfazione di effettive esigenze di pubblico interesse (Corte costituzionale, 13 febbraio 2008, n. 25;Corte costituzionale, 03 ottobre 2003, n. 306; Corte costituzionale, 02 febbraio 1990, n. 53).

Al contrario, invece, l’incompatibilità ha come proprio fondamento giustificativo un conflitto di interessi, pur se potenziale, o quanto meno l’inopportunità dell’esercizio contemporaneo della carica elettiva e di altra, privata o pubblica, ricoperta dal candidato.

Essendo essa meno grave, non produce l’invalidità dell’elezione, a differenza della causa di ineleggibilità, ma è sanabile mediante il successivo abbandono del munus concorrente entro il termine di legge.

(Cass. 19757/09).

Nel caso di specie appare corrispondere al principio di ragionevolezza il fatto che l’amministratore o i presidente del consiglio di amministrazione di una società concessionaria di un servizio pubblico , normalmente indirizzato verso una vasta generalità di cittadini, possa attraverso iniziative assunte ad hoc, captare la benevolenza degli elettori, in tal modo alterando a proprio vantaggio l’esito elettorale.

Ovviamente non è detto che ciò necessariamente accada o che qualunque situazione di esercizio di pubblico servizio possa mettere chi lo gestisca in condizioni di ingraziarsi i favori degli utenti, ma il carattere generale ed astratto della norma non consente, d’altra parte, di entrare nel dettaglio di situazioni particolari.

La ragionevolezza della disposizione in esame risulta, inoltre, proprio dal confronto con la già citata disposizione di cui alla L.P. n. 2 del 2003, art 17, comma 4 con la quale – come detto – si è prevista l’incompatibilità alla carica di consigliere provinciale per il rappresentante, amministratore, dirigente etc. di enti, istituti,associazioni o società legati alla Regione o alle Province autonome di Trento o di Bolzano da un contratto di opera o di somministrazione o che gestiscano servizi di qualunque genere per conto dei medesimi enti. E’ infatti, del tutto evidente che le ipotesi previste da tale disposizione riguardano casi in cui l’impresa è legata esclusivamente da un rapporto contrattuale con l’ente locale per la fornitura di beni e servizi allo stesso e non concernono, invece, servizi prestati alla cittadinanza, come nel caso dell’esercizio di pubblici servizi il cui destinatario non è l’ente locale ma la generalità degli utenti.

Da ciò discende che nelle ipotesi in questione può porsi solo un problema di compatibilità tra la carica di consigliere provinciale e l’incarico ricoperto presso una società che fornisce beni e servizi alla provincia in ragione di un possibile conflitto di interessi , mentre nella fattispecie per cui è causa lo svolgere il pubblico servizio nei confronti di una generalità di utenti potrebbe determinare un vantaggio in fase elettorale, con alterazione della regolarità della competizione,che giustifica l’ineleggibilità alla carica.

E’ appena il caso di aggiungere che il provvedimento di questa Corte – citato nella memoria dal ricorrente – che ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di costituzionalità della L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art 42, comma 1, lett. r) non appare riferibile al caso in esame prescrivendo la norma in questione proprio una condizione di ineleggibilità in relazione ai rappresentanti e direttori di una struttura sanitaria privata che intrattenga rapporti con la USL della Valle d’Aosta. In tal caso la questione di costituzionalità appare effettivamente non manifestamente infondata, alla luce di quanto dianzi esposto, poichè la norma in questione si riferisce a titolari o rappresentanti o dirigenti di imprese che intrattengono rapporti negoziali esclusivamente con l’ente pubblico senza alcun riferimento alla erogazione di servizi ai cittadini. Il ricorso va pertanto respinto.

Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3.000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

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