Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6625 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/03/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 23/03/2011), n.6625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVORRANO 12

scala B, presso lo studio dell’avvocato GIANNARINI MARIO,

rappresentato e difeso dagli avvocati RICCA LUCIO, MEZZASALMA ALDO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA SAI S.P.A., (già S.A.I. – SOCIETA’ ASSICURATRICE

INDUSTRIALE PER AZIONI), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE,

44, presso lo studio dell’avvocato BERILLI ANTONIETTA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIANO FRANCESCO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 848/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 26/02/2006 r.g.n. 860/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato RICCA LUCIO;

udito l’Avvocato PERILLI ANTONIETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L.R.C. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Catania, pubblicata il 26 febbraio 2006, che ha rigettato l’appello contro la decisione di primo grado che aveva respinto il suo ricorso.

2. Il L.R., dipendente della SAI spa, ispettore di secondo gruppo, venne licenziato il 14 gennaio 1998 per giustificato motivo oggettivo determinato dalla chiusura della succursale di Catania ed in considerazione, come si leggeva nella lettera di licenziamento, del suo persistente rifiuto di “accettare qualsiasi ipotesi di ricollocazione tra quelle prospettate dall’azienda”.

3. Impugnò il licenziamento assumendo che egli aveva dato la disponibilità a svolgere altre mansioni, ma quale alternativa al licenziamento gli era stata offerta solo la trasformazione del suo rapporto da dipendente ad autonomo (sub-agente), mentre gli altri ispettori operanti presso le succursali di Catania avevano goduto di una diversa e più favorevole collocazione.

4. Tanto il giudice di primo grado che la Corte d’Appello hanno accertato la soppressione del posto di lavoro del ricorrente e hanno ritenuto che il datore di lavoro abbia anche provato l’indisponibilità del lavoratore all’impiego in mansioni equivalenti, rigettando la domanda.

5. Il ricorrente propone un unico motivo di impugnazione.

6. SAI si difende con controricorso.

7. Il motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, artt. 1175 e 1375 c.c, art. 2697 cod. civ. Motivazione insufficiente e contraddittoria su di un punto decisivo della controversia.

8. Il ricorso è fondato.

9. La Corte ha motivato, articolando i seguenti passaggi.

10. Non è dubitabile che la SAI abbia attuato un programma di progressiva soppressione delle succursali.

11. Ritenuta l’effettività del riassetto organizzativo, incombe al datore di lavoro l’onere di provare l’impossibilità di utilizzare il dipendente in mansioni equivalenti.

12. Risulta dagli atti che il processo riorganizzativo interessò 134 ispettori di produzione: alcuni poterono conservare il rapporto di lavoro subordinato con il passaggio al settore amministrativo o con la trasformazione in “consulente a vita”. Ad altri furono proposti mandati di agenzia. Al ricorrente fu proposto un incarico di sub- agente.

13. Ciò premesso, la Corte ha richiamato il seguente principio di diritto: “In relazione alla prova della impossibilità di ricollocazione all’interno dell’impresa con svolgimento di mansioni analoghe del lavoratore licenziato per soppressione della posizione lavorativa dallo stesso occupata, il relativo onere grava sul datore di lavoro, ma esso è da intendersi contenuto nei limiti della ragionevolezza, tenuto conto delle contrapposte deduzioni delle parti e delle circostanze di fatto e di luogo reali proprie della singola vicenda esaminata, dovendo il giudice del merito valutare sul piano concreto la incompatibilità della professionalità del lavoratore licenziato con il nuovo assetto organizzativo aziendale; lo stesso lavoratore a questi fini è tenuto a fornire elementi utili ad individuare la esistenza di realtà idonee ad una sua possibile diversa collocazione (Cass. 20 gennaio 2003, n. 777).

14. Il principio non può che essere ribadito, ma la Corte di Catania nello sviluppo della sua decisione se ne è poi discostata perchè ha ritenuto sufficiente la prova di aver proposto al lavoratore come alternativa al licenziamento un lavoro come sub-agente, peraltro in un contesto in cui agli altri dipendenti, molti dei quali in posizione analoga e con anzianità in alcuni casi minore, venivano offerti rapporti di lavoro subordinato all’interno della stessa azienda o posti di consulente a vita o, in ultima analisi, contratti di agenzia.

15. La decisione deve essere di conseguenza cassata, in base al seguente principio di diritto: “l’onere della prova, a carico del datore di lavoro, della impossibilità di ricollocare il lavoratore da licenziare in mansioni analoghe a quelle proprie della posizione lavorativa occupata, per quanto debba essere inteso con l’elasticità delineata dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenza 777 del 2003 cit.), tuttavia, in un contesto in cui agli altri dipendenti vengono offerte più valide alternative, non può essere considerato assolto con la prova di aver proposto al dipendente un’attività di natura non subordinata, ma autonoma, esterna all’azienda e priva di qualsiasi garanzia reale in termini di flusso di lavoro e di reddito, come quella di sub-agente”.

16. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, che deciderà anche in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Palermo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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