Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6624 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. I, 18/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 18/03/2010), n.6624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.A., domiciliato in Roma, via F.Valesio 1, presso

l’avv. E. Pace, rappresentato e difeso dall’avv. Mangano W., come da

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Banco di Sicilia s.p.a., domiciliata in Roma, via XX Settembre 26,

presso l’avv. Caratozzolo E., che la rappresenta e difende, come da

procura notarile;

– controricorrente –

contro

Sicilcassa s.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 332/2004 della Corte d’appello di Messina,

depositata il 26 agosto 2004;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

Udite le conclusioni del P.M., Dott. RUSSO Rosario, che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale e l’accoglimento dell’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 25 novembre 1992 S.A. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Patti la Banco di Sicilia s.p.a. e ne chiese la condanna al risarcimento dei danni per avere pagato a persona diversa dal beneficiario un assegno bancario, dal quale era stata abrasa la clausola “non trasferibile”.

Costituitasi in giudizio, la Banco di Sicilia s.p.a. ottenne di poter chiamare in causa la Sicilcassa s.p.a., deducendone l’esclusiva responsabilità quale banca girataria del titolo alterato.

Successivamente la Sicilcassa s.p.a. fu però posta in liquidazione coatta amministrativa e il suo patrimonio fu ceduto alla stessa Banco di Sicilia s.p.a.. Sicchè i commissari liquidatori, costituitisi nel giudizio, ne eccepirono l’improcedibilità. Nondimeno il tribunale accolse la domanda dell’attore, condannando la Banco di Sicilia s.p.a. al risarcimento dei danni lamentati da S.A..

In seguito ad appello della banca soccombente, la Corte d’appello di Messina, con la sentenza ora impugnata per cassazione, ha totalmente riformato la decisione di primo grado, rigettando la domanda proposta nei confronti della Banco di Sicilia s.p.a., anche quale cessionaria dei crediti e dei debiti della Sicilcassa s.p.a., e dichiarando improcedibile la domanda proposta nei confronti della stessa Sicilcassa.

Hanno ritenuto i giudici del merito:

a) che la domanda proposta nei confronti della Banco di Sicilia s.p.a. quale banca trattarla era infondata, perchè del pagamento dell’assegno alterato era responsabile solo la banca girataria, cui incombeva l’obbligo di identificazione del presentatore;

b) che la domanda intesa all’affermazione della responsabilità della banca girataria era improcedibile nei confronti della Sicilcassa s.p.a., in quanto posta in liquidazione, e infondata nei confronti della Banco di Sicilia s.p.a., cessionaria dei suoi debiti, in quanto il credito di S.A. non risultava dallo stato passivo della liquidazione.

Ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello S. A. e propone due motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso la Banco di Sicilia s.p.a., mentre non ha spiegato difese la Sicilcassa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Occorre preliminarmente dare conto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla ricorrente, che ha rilevato come l’atto di impugnazione le sia stato notificato il 31 ottobre 2005 al domicilio eletto per il giudizio d’appello, benchè il procuratore domiciliatario fosse deceduto già dall’8 novembre 2000 e fosse decorso oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata (26 agosto 2004).

Risulta tuttavia dalla sentenza impugnata che l’appellante Banco di Sicilia s.p.a. precisò le proprie conclusioni per l’udienza di discussione del 4 dicembre 2003, dopo la morte del difensore avv. Giovanni Caratozzolo (procura notarile del 12 agosto 1998) e prima della nomina del difensore avv. Enrico Caratozzolo costituitosi nel giudizio di cassazione con procura notarile del 29 novembre 2005.

E’ presumibile pertanto che il nuovo difensore avv. Enrico Caratozzolo avesse già nel giudizio di merito sostituito il precedente difensore deceduto, con rinnovo dell’elezione di domicilio.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, comunque, “la notifica presso lo studio di un avvocato morto o cancellato dall’albo deve essere considerata nulla e non inesistente – e, come tale, sanabile – nell’ipotesi in cui un altro professionista ne continui l’attività, dovendosi in questo caso considerare lo studio dell’avvocato alla stregua di un ufficio e l’elezione di domicilio effettuata con riferimento all’organizzazione in sè; in tal caso, infatti, può ritenersi esistente un collegamento tra il destinatario della notifica e il luogo e le persone alle quali la copia dell’atto è stata consegnata” (Cass., Sez. 2, 7 gennaio 2010, n. 58, m. 610651).

Mentre è indiscusso che ai fini del decorso del termine annuale di cui all’art. 330 c.p.c., occorre escludere dal computo il periodo di sospensione feriale dei termini.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90.

Sostiene che il cessionario delle attività e passività della banca posta in liquidazione risponde dei debiti cedutigli anche se non risultanti dallo stato passivo della liquidazione. Il motivo è manifestamente infondato. Non v’è dubbio che, nel caso di cessione delle attività e passività di una banca in liquidazione, “l’azione esercitata dal creditore contro la banca cessionaria non coinvolge il cedente e si sottrae, in radice, alle norme che regolano l’esercizio del credito all’interno di detta procedura liquidatoria, che riguardano le modalità d’iniziativa del creditore e non il rapporto sostanziale cui si correla l’obbligazione fatta valere in giudizio” (Cass., sez. un., 27 novembre 2001, n. 15005, m. 550609). Sicchè correttamente i giudici del merito hanno dichiarato la domanda di S.A. improcedibile nei confronti della Sicilcassa s.p.a. ma si sono pronunciati nel merito della domanda proposta contro la Banco di Sicilia s.p.a..

Ciò non esclude tuttavia che, sul piano del diritto sostanziale, la banca cessionaria risponda solo dei debiti risultanti dallo stato passivo, come espressamente prevede il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90, comma 2 secondo l’indiscussa sua interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. 50, 30 agosto 2006, n. 18713, m. 591872, Cass., sez. 50, 2 marzo 2005, n. 4372, m. 580995).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43.

Sostiene che anche la banca trattarla è responsabile per il pagamento a persona diversa dal beneficiario di assegno non trasferibile. Il motivo è fondato.

Questa corte ha già avuto modo di chiarire che, quando prevede la responsabilità di “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso”, il R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2 si riferisce sia alla banca trattarla sia alla banca girataria, analogamente all’art. 41 stesso Decreto, “che espressamente equipara a quella del trattario la responsabilità del banchiere presso il quale sia stato posto all’incasso un assegno sbarrato” (Cass., sez. un., 26 giugno 2007, n. 14712, m. 597395).

Ciò nondimeno la banca “cui sia presentato per l’incasso un assegno bancario, ha il dovere di pagarlo se l’eventuale irregolarità (falsificazione o alterazione) dei requisiti esteriori non sia rilevabile con la normale diligenza inerente all’attività bancaria, e che coincide con la diligenza media, non essendo tenuta a predisporre un’attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici al fine di un controllo dell’autenticità delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione” (Cass., sez. 1, 19 maggio 2000, n. 6524, m. 536704). E questo principio deve ritenersi operante anche per la banca trattarla, perchè, quando il titolo le viene rimesso in sede di stanza di compensazione, ha la possibilità di rilevarne l’alterazione.

Erroneamente pertanto i giudici del merito hanno escluso in astratto la responsabilità della banca trattarla, senza alcun accertamento in ordine alla rilevabilità dell’alterazione.

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio, perchè il giudice del merito, adeguandosi al principio enunciato, compia tale accertamento di fatto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il prime motivo del ricorso, accoglie il secondo e cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

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