Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6624 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 01/03/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 01/03/2022), n.6624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19185/2015 R.G. proposto da:

GEMELLI DIVERSI S.A.S. DI B.M. E R. & C., in persona

del legale rappresentante pro tempore, B.M., B.R.,

B.S., B.R.K.G., S.S., tutti elettivamente

domiciliati in Roma, viale delle Milizie n. 52, presso lo studio

dell’Avv. Fabrizio Grassetti, dal quale, unitamente all’Avv. Giulio

Maria Guffanti, sono rappresentati e difesi, giusta procura a

margine del ricorso introduttivo;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 208/2015 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 27 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio

2022 dal Consigliere Raffaele Rossi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. All’esito di una verifica condotta (mediante acquisizione di documenti e verbali di constatazione) nei confronti della società Gemelli Diversi s.a.s. di B.M. e Refaat & C., esercente attività di ristorazione, l’Agenzia delle Entrate determinava per l’anno d’imposta 2006, con metodo analitico – induttivo, maggiori ricavi non dichiarati (peraltro, non congrui rispetto agli studi di settore applicabili) e disconosceva costi non di competenza; per l’effetto rettificava il reddito d’impresa e recuperava a tassazione le imposte non versate, in uno a sanzioni ed accessori.

Con distinti avvisi di accertamento, successivamente notificati ed anch’essi riferiti all’annualità d’imposta 2006, l’Agenzia delle Entrate determinava a carico di B.M., B.R., B.S., B.R.K.G., S.S. un maggior reddito imponibile ai fini IRPEF, quali soci titolari di quote di partecipazione nella predetta società, imputando il maggior reddito accertato in capo a quest’ultima a ciascun socio “per trasparenza”, ovvero in proporzione alla quota di partecipazione agli utili ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5.

2. Le impugnative della società e dei soci, proposte con separati ricorsi riuniti nel corso del giudizio di prime cure, venivano accolte parzialmente dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con determinazione in minore entità dei ricavi conseguiti dalla società.

3. L’appello interposto dall’Agenzia delle Entrate veniva poi accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza in epigrafe indicata, con riforma integrale della pronuncia di prime cure e conferma degli avvisi di accertamento contestati.

4. Ricorrono per cassazione uno actu la società ed i soci, in epigrafe analiticamente indicati, sulla base di sette motivi, resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate.

5. Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva corredata da documentazione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. Con memoria illustrativa depositata in vista dell’adunanza del 27 gennaio 2022, i ricorrenti deducono di avere, in relazione ai carichi iscritti a ruolo in conseguenza degli avvisi opposti, formulato duplice istanza di definizione agevolata: dapprima ai sensi del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 6 (convertito dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225), in seguito, ai sensi dell’art. 6 del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 (convertito dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136), provvedendo al pagamento di quanto dovuto, fatti salvi residui importi ancora da versare, nei termini dilazionati, da B.S. e B.R..

Nella medesima memoria, i ricorrenti invocano l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, precisando di non avere più “interesse alla coltivazione del contenzioso” in ragione della definizione delle pendenze tributarie nei modi di legge.

7. Ritiene la Corte di non poter accogliere siffatta richiesta.

La voluminosa documentazione prodotta in uno alla memoria de qua non assevera, infatti, la formulazione, ad opera di B.S. e B.R., di un’istanza di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (ai sensi del D.L. n. 193 del 2016 ovvero di altra disposizione condonistica): per tali soggetti sono allegati unicamente estratti di ruolo, documenti sì fotografanti la attuale situazione debitoria ma che non consentono di ricostruire le evoluzioni o di inferire le (eventuali) iniziative definitorie assunte.

8. In altra prospettiva, il contenuto della memoria in esame evidenzia una sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso: la chiara ed univoca volontà manifestata dagli impugnanti (così testualmente espressa: “le parti ricorrenti non hanno più alcun interesse alla coltivazione del contenzioso essendo venuta meno la ragione del contendere”) priva di qualsivoglia riverbero pratico le statuizioni invocate nel ricorso e fa quindi venire meno ogni utilità giuridica dell’eventuale accoglimento del gravame.

Come infatti più volte chiarito da questa Corte, l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione, perché è in relazione a quest’ultimo ed alla domanda originariamente formulata, che deve essere valutato (Cass. 11/09/2018, n. 22098; Cass. 08/05/2017, n. 11204; Cass. 21/06/2016, n. 12743; Cass. 25/09/2013, n. 21951).

Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

9. Il leale contegno processuale dei ricorrenti giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado.

10. Non trova applicazione il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per essere la declaratoria d’inammissibilità determinata dalla sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso (ex multis, Cass. 20/01/2021, n. 2070; Cass. 11/09/2018, n. 22098; Cass. 03/02/2017, n. 3542).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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