Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6620 del 16/03/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 16/03/2018, (ud. 15/02/2018, dep.16/03/2018),  n. 6620

Fatto

 

Con ricorso per regolamento di competenza notificato il 28/06/2017 V.F. e C., in proprio e quali coeredi di S.M., impugnano l’ordinanza di sospensione per ritenuta pregiudizialità di separato processo pendente dinanzi alla locale corte di appello col n. 190/13 r.g. di quell’ufficio pronunziata il 04/06/2017 dal g.i. del Tribunale di Catania nella causa – iscr. al n. 2482/16 r.g. – da loro intentata nei confronti dell’Assessorato alle Attività Produttive della Regione (OMISSIS), dell’avv. G.M. e dei dott. Ga.Gi. e L.G., quest’ultimo sia in proprio che in qualità di liquidatore della Cooperativa San Francesco a r.l. con sede in (OMISSIS);

il giudizio sospeso ha ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno patito dai ricorrenti per il comportamento dell’Assessorato, prospettato come omissivo ed ultraquarantennale, non avendo quello, nonostante le istanze, segnalazioni e diffide loro e dei loro danti causa, adottato, anche per il tramite di commissari e liquidatori, gli atti necessari per consegnare gli immobili della Cooperativa cui quelli ambivano nella dedotta qualità di soci esclusi con delibera annullata, mentre il giudizio ritenuto pregiudicante ha ad oggetto l’obbligo della Cooperativa stessa di procedere al sorteggio dei beni stessi, già oggetto di rogito 29/09/1975, con conseguente loro assegnazione e condanna della Cooperativa al rilascio;

in particolare, il tribunale si è limitato a motivare prospettando “che ricorre una delle ipotesi per cui può essere disposta la sospensione del processo per pregiudizialità”;

i ricorrenti hanno chiesto a questa Corte, ricostruita l’annosa vicenda giudiziaria, per omessa motivazione, comunque escludendo la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione sia dell’art. 295, che dell’art. 337 c.p.c.;

resiste con controricorso, nella duplice qualità, il L.;

il P.G., con requisitoria scritta del 15/01/2018, ha rilevato l’inidoneità del giudizio reputato pregiudicante – e pendente in appello – a costituire un indispensabile antecedente logico-giuridico il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato per la definizione del giudizio reputato pregiudicato, pure rimarcando il difetto di identità delle parti e dei presupposti per provvedere ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ.: tanto da concludere per l’accoglimento del ricorso;

l’intimato L., quale Commissario Liquidatore della Coop.va S. Francesco a r.l. – (OMISSIS), deposita memoria ai sensi dell’ultima parte dell’art. 380 ter c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. g), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

considerato che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

deve preliminarmente rilevarsi che il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. e che la relata è munita della necessaria attestazione, autografa ed adeguatamente riferita agli atti attestati, di conformità sottoscritta in originale dal difensore dei ricorrenti: risultano così soddisfatti i requisiti imposti a pena di improcedibilità dalla vigente normativa, come interpretata da Cass. Sez. 22/12/2017, n. 30918, a mente della quale “il ricorso per cassazione è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., quando, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio p.e.c. e relative ricevute, senza attestarne la conformità, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, comma 1 bis, e successive integrazioni, ai documenti informatici da cui sono tratte”;

ciò posto, deve escludersi la fondatezza delle preliminari eccezioni del controricorrente, ad iniziare da quella sul difetto di procura speciale: infatti, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, la procura conferita per un determinato grado del giudizio di merito, ove non escluda espressamente, o comunque in modo inequivocabile, la facoltà di proporre eventualmente istanza di regolamento di competenza, abilita il difensore alla proposizione della relativa istanza, prevalendo, sulla presunzione di conferimento della procura per un determinato grado di giudizio, stabilita dall’art. 83 c.p.c., u.c., la norma speciale di cui all’art. 47, primo comma, dello stesso codice, con la conseguenza che questa può essere validamente sottoscritta dal difensore che rappresenti la parte nel giudizio di merito, finanche ove non iscritto all’albo degli avvocati abilitati al patrocinio davanti alle Magistrature Superiori (tra le ultime: Cass. 26/10/2017, n. 25509; Cass. 19/03/2012, n. 4345; tra le innumerevoli altre: Cass. 12/08/1982, n. 4571; Cass. 26/04/1999, n. 4157; Cass. ord. 07/05/2004, n. 8755); sicchè, non risultando dal testo della procura ad litem rilasciata al difensore dei V. alcuna espressa esclusione riferita alla proposizione del regolamento di competenza, quella va reputata del tutto idonea a sorreggere la rappresentanza e difesa di dette parti nel presente procedimento;

neppure rileva la lamentata mancata articolazione di motivi, visto che l’unitario motivo (v. pag. 14 del ricorso) investe sia la violazione degli artt. 295 e 337 c.p.c., che l’omessa motivazione; pertanto, può trovare applicazione anche alla fattispecie, relativa all’impugnativa di ordinanza che dispone la sospensione, il remoto, ma mai contraddetto, precedente di Cass. 22/08/1962, n. 2614, benchè relativo al regolamento di competenza come originariamente disciplinato dal codice e quindi avente ad oggetto un provvedimento sulla competenza, in base al quale l’indicazione delle ragioni di contestazione del provvedimento impugnato possono ricavarsi dal contesto dell’atto; una simile soluzione corrisponde alle esigenze di effettività di accesso al giudizio di legittimità quanto meno nel caso della sollecitazione di una pronuncia sulla conformità o meno a diritto dell’arresto del processo, situazione di per sè particolarmente deviante dalla normalità dello sviluppo di questo; pertanto, può ben dirsi qui rispettato il seguente principio di diritto: “anche il ricorso per regolamento di competenza nei confronti di un’ordinanza di sospensione deve contenere le ragioni sulle quali si fonda, deve indicare, cioè, in forma specifica, le tesi giuridiche che lo sostengono e le argomentazioni in base alle quali si ritenga di censurare la pronuncia; ma, per la peculiarità dell’oggetto di questa, è sufficiente che le ragioni di contestazione della disposta sospensione siano comunque evincibili dal contesto del ricorso, anche mediante l’indicazione della carenza di motivazione – o di valida motivazione – sui presupposti in diritto o con generico richiamo all’errata applicazione dell’art. 295 c.p.c.”;

a questo riguardo, effettivamente la motivazione della qui gravata ordinanza va qualificata come meramente apparente, visto che si limita ad affermare apoditticamente o tautologicamente che ricorre una delle ipotesi per cui può essere disposta la sospensione del giudizio per pregiudizialità, senza farsi carico di esaminare e, soprattutto e a tutela del diritto di difesa delle parti, esplicitare in qualsiasi modo – tanto meno comprensibile – le ragioni della pregiudizialità stessa in una vicenda giudiziaria assai complessa e che si dipana da oltre quarant’anni;

la mera identità di alcune delle domande nelle due cause messa in evidenza dal L. a pag. 7 del suo controricorso e precisamente quanto alla subordinata dispiegata nel giudizio pendente in appello e la principale del giudizio sospeso – non può certo bastare a fondare una pregiudizialità, visto che tale coincidenza, ove fosse sorretta dalla piena identità pure delle rispettive causae petendi, dà luogo a diversi istituti del processo civile, comunque appunto da vagliare con la dovuta attenzione e tenendo presente che solo per la litispendenza e non anche almeno allo stato attuale della giurisprudenza di questa Corte regolatrice – per la continenza vale il principio dell’irrilevanza della pendenza dei giudizi in gradi diversi (a seguito dell’innovativa decisione di Cass. Sez. U. 12/12/2013, n. 27846, seguita già da Cass. ord. 02/07/2015, n. 13621, o da Cass. ord. 31/07/2017, n. 19056);

in via dirimente, peraltro, va osservato che, quando un giudizio prospettato come idoneo a pregiudicarne un altro penda in appello, l’unica sospensione ammessa è quella disciplinata dall’art. 337 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U. 19/06/2012, n. 10027; Cass. ord. 20/01/2015, n. 798; Cass. ord. 07/07/2016, n. 13823): sicchè il provvedimento di sospensione che sia stato adottato senza espressa menzione e manifesta considerazione dei presupposti di quest’ultima norma, a prescindere da qualsiasi altro accertamento circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità, è per ciò stesso illegittimo e va senz’altro annullato;

e, ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione ai sensi del richiamato art. 337 c.p.c., è indispensabile un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità nel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e le critica che ne è stata fatta, occorrendo quindi, per la legittimità della sospensione discrezionale in parola, che il giudice del giudizio ritenuto pregiudicato motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perchè non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici (Cass. ord. 12/11/2014, n. 24046; Cass. ord. 30/07/2015, n. 16142);

nella specie, tutto questo è mancato, visto il tenore del provvedimento che si è limitato a denegare di procedere senza dar conto in alcun modo dell’esercizio della potestà giurisdizionale sul punto;

pertanto – in accoglimento del ricorso – la gravata ordinanza va cassata, disponendosi che il processo prosegua, in applicazione del presente principio di diritto: “quando un giudizio in astratto idoneo a pregiudicarne un altro penda in appello, l’unica sospensione ammessa è quella disciplinata dall’art. 337 c.p.c.; pertanto, il provvedimento di sospensione che sia stato adottato con apodittica asserzione della sussistenza di un rapporto di pregiudizialità e comunque senza espressa menzione dei presupposti di quest’ultima norma, a prescindere da ogni accertamento circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità come rilevante a questi ultimi fini, è illegittimo e va annullato”;

poichè è stata disposta la prosecuzione del giudizio, è evidente l’opportunità di rimettere la liquidazione delle spese del presente procedimento al giudice del merito, in complessiva considerazione dell’esito della lite;

infine, l’accoglimento del ricorso esclude la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

P.Q.M.

dispone che il processo prosegua; spese rimesse al giudice del merito.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2018

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